I messaggi, ben “pilotati” dai cosiddetti “grandi media” italiani e dalle televisioni, sono sempre più rassicuranti sul futuro dell’economia italiana. Certamente la ripresa sarà per quest’anno di oltre il 6%, forse 6,2, forse 6,4. Qualche settimana fa, qualcuno si spingeva a ipotizzare un “oltre il 7%”. Negli anni successivi, secondo le stime dei “grandi esperti”, purtroppo quelli che in venti anni non ne hanno azzeccato una, parlano di un 2022 con un +4%, e un successivo 2023 dove si prevede un +3%.
Insomma ritornare alla situazione pre-Covid sarebbe ormai per l’Italia un “gioco da ragazzi” e possiamo dire che in questa risalita siamo i più bravi dell’Europa, meglio della Germania, e di molti altri Paesi.
Non si può certo nascondere questo dato positivo, ma occorrerebbe ricordare che la situazione dell’economia italiana nel 2019 veniva definita come “stagnante” e ripeteva da vent’anni una crescita del Pil talmente limitata da definirsi non-crescita.
Non è un caso che, anche se non ci si basa sulla teoria marxiana, l’economia ha la sua importanza e determina contraccolpi importanti, a secondo del suo andamento.
Sarà stato solo un caso se in Italia c’è stata l’esplosione del Movimento 5 Stelle e della Lega, con un primo governo tra questi due movimenti? È solo un caso se negli ultimi dieci anni i partiti e l’intero Parlamento hanno conosciuto una frammentazione che non si era mai verificata nella storia d’ Italia? In più, la sfiducia verso la politica e le istituzioni è arrivata al punto che nelle ultime elezioni amministrative è andato alle urne meno di un italiano su due
È paradossale come in Italia ci si sia già dimenticati che a Milano, Torino e Roma hanno partecipato al voto circa il 48% degli aventi diritto. E pare che non faccia nessun effetto che ci sia una maggioranza parlamentare mostruosa per la sua ampiezza, ma talmente divisa al suo interno, pur sotto la guida di Mario Draghi, che quasi nessun candidato al Quirinale, nella corsa che partirà dopo il 3 febbraio quando Sergio Mattarella finirà il suo mandato, può vantare una maggioranza sulla carta.
Un altro “piccolo particolare” del disastro epidemico che ci ha investito in questi due anni: un milione di poveri in più che non sembra proprio un dettaglio da affrontare nella ripresa.
Ma più in generale, quello che occorre ribadire è che l’Italia non ha bisogno solo di una ripresa, dopo la riapertura delle fabbriche e del ritorno alla produzione e ai consumi, ma di un autentico programma di sviluppo che la faccia ritornare una nazione che può giocare le sue carte, in Europa e nel mondo, con un ruolo importante sul piano economico e sociale. Si possono anche superare i contrasti sulla manovra di bilancio, sulla gestione del Pnrr, ma deve emergere con una certa chiarezza agli italiani qual è il progetto di sviluppo per questo Paese. La fiducia, la voglia di ritornare a fare figli, il desiderio di formazione per nuovi lavori che ancora non si vedono, nasce da una chiarezza che al momento è abbastanza in chiaroscuro.
E, accompagnati a questi fatti, ce ne sono altri che non sembrano molto favorevoli. C’è il sempiterno problema della dislocazione delle aziende, che deriva da una confusione di carattere fiscale in tutta Europa, che non favorisce affatto l’Italia. È l’Unione Europea che deve uniformare una fiscalità continentale e non favorire un dumping che crea spostamenti di aziende da una parte all’altra dell’Europa.
Poi ci sono i progetti industriali che interessano gli italiani. Proprio ieri è arrivata una notizia che non può piacere molto, perché la vendita delle quote della Oto Melara, controllata da Leonardo, a un probabile consorzio franco-tedesco, ha già messo in allarme anche i sindacati. La Oto Melara faceva parte del gruppo Finmeccanica, cioè dell’Iri, prima che venisse smantellata e svenduta con il programma delle privatizzazioni. La Oto Melara è un’azienda che produce cannoni, che opera più ampiamente nel campo della difesa e vende a tedeschi e francesi per la costituzione della cosiddetta difesa europea in gestazione. Per quale ragione escludere l’Italia e, poi, chi al momento lavora alla Oto Melara dove va a finire? Questa ad esempio è una notizia che non farà piacere a chi spera in un programma industriale italiano.
C’è poi la sensazione che la stessa ripresa italiana sia un pochino “drogata”, in modo tale da tranquillizzare gli italiani. Ma non può sfuggire che l’aumento dei prezzi è un dato di fatto, così come la borsa della spesa. È difficile non comprendere che si avvertono segni di inflazione e segni più marcati di una bolla immobiliare basata sulla speculazione, cioè che è più conveniente investire nelle case piuttosto che nei titoli di borsa oppure in obbligazioni di vario tipo.
Per comprendere che tipo di bolla immobiliare ci troviamo di fronte, vale la penna di parlare di Milano, dove nel quartiere “Isola”, non proprio tra i più centrali, un bilocale costa anche 8mila euro al metro quadrato.
A tutto questo si devono aggiungere le incognite che vengono dalle materie prime, in vertiginoso aumento e con un periodo di tempo lunghissimo tra ordini e consegne, che mette in evidente crisi le filiere industriali.
Infine l’incertezza sulla situazione energetica che riguarda il gioco geopolitico fatto dalla Russia contro Europa e Italia sulle forniture di gas, che è aumentato già a dismisura nel giro di pochi mesi.
Se uno guarda i fatti che stanno accadendo sulla pelle dei migranti al confine tra Polonia e Bielorussia, non può non comprendere che le forniture di gas possono subire anche un’interruzione o un rincaro a seconda della situazione di contrasto durissimo tra Europa e Paesi dell’Est, con la Russia che dirige e gioca le sue carte.
Il quadro complessivo tra aspetti di carattere nazionale, anche se contrassegnato da elementi di ripresa, e aspetti di carattere internazionale dovrebbe invitare alla prudenza. La lotta sinora ben condotta nei confronti della pandemia ha cancellato solo in parte la sfiducia degli italiani verso le istituzioni. Un contraccolpo economico nel clima di leggera speranza che si è creato potrebbe intensificare l’atmosfera di nervosismo e di contestazione che ancora si coglie nel Paese, con una sequenza di manifestazioni che ormai fanno spesso di tutta un erba un fascio: no vax, no green pass, estremismo di destra mescolato anche a quello di sinistra, disagio per trovare lavoro e oggettiva fatica nel recuperare il terreno perduto in questi anni di pandemia acuta.
Forse è meglio non “drogare” alcuna ripresa e precisare con puntualità la verità che ci aspetta. Gli italiani sembrano spesso più maturi della loro classe dirigente, che ancora non si comprende bene quali assetti futuri ci riserverà tra Quirinale, Palazzo Chigi e scelte politiche, economiche e sociali ben precise.
Nonostante i miglioramenti, si vive sempre nell’epoca dell’incertezza.
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