È evidente, analizzando i dati correnti inserendo anche la discontinuità della rivoluzione tecnologica, che per l’economia italiana sia necessario trasferire più risparmio su investimenti produttivi. Parte di questa priorità riguarda la facilitazione della quotazione di aziende medio/piccole per ingrandirle o comunque capitalizzarle. C’è una tendenza in avvio. Ma una parte maggiore riguarda il flusso di capitale trasferibile a investimenti sulle imprese via fondi chiusi di investimento. Qui la tendenza non appare sufficientemente crescente per le fonti italiane di capitale, mentre aumenta l’attività di (grandi) fondi chiusi non italiani e con capitale globale sul mercato italiano.
La quantità complessiva di investimenti appare inferiore alla stima del fabbisogno di capitalizzazione delle piccole/medie imprese italiane compatibili con i requisiti di investimento da parte del capitale privato ed eventualmente quotabili: i dati disponibili a chi scrive indicano un numero di circa 4.000, ma è probabile sia maggiore. Nei dati recenti, inoltre, è osservabile una crescente disponibilità delle proprietà famigliari ad aprire l’equity, anche cedendo la maggioranza, sia per motivi di indisponibilità dei parenti più giovani a continuare l’attività d’impresa, sia per la consapevolezza di dover ingrandire l’azienda per sostenere sia la concorrenza, sia l’innovazione tecnologica dei prodotti e dei processi produttivi.
Infatti, tale percezione sta incrementando il numero di attori finanziari italiani che offrono investimenti di capitale privato. Ma resta un’insufficienza nel trasferimento del capitale di risparmio italiano (il terzo per volume nel pianeta) verso investimenti produttivi nell’economia italiana dove prevale la piccola/media impresa.
La valutazione degli interessi mostra la possibilità di armonizzazione tra quello sistemico e privato. Il primo è di incrementare la crescita del Pil via maggiore competitività e scala delle aziende italiane. Il secondo è di aumentare le rendite per i portafogli privati grazie al potenziale delle aziende italiane se ben gestite e capitalizzate. Quindi, per aumentare il flusso di risparmio verso fondi chiusi di investimento o simili sembra razionale proporre due misure per i risparmiatori classificati come “retail”.
Prima: inserire nell’educazione finanziaria una spiegazione precisa di come funzioni un fondo chiuso di investimento, enfatizzando la sua natura regolata e leggibile, caratteristica non sufficientemente nota. Seconda: creare un mercato secondario per lo scambio di quote dei fondi chiusi nel caso di necessità imprevista di liquidità. Il rischio di sconto sullo scambio? Può essere minimizzato proprio dall’esistenza di un tale mercato secondario trasparente in Italia.
E per il venture capital? Rimbomba la frase di Mario Draghi: nascono in Italia start up eccezionali, ma poi devono migrare all’estero, o chiudono, per gap di capitale residente. Anche per questo settore va trovata una soluzione rapida.
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