Da quando la Lagarde ha annunciato il taglio dei tassi di un misero 0,25%, i mercati non hanno fatto altro che scendere. Hanno capito che tira una brutta aria e che dalla Bce non verranno aiuti. L’economia è in crisi strutturale, ma ormai anche la finanza è entrata in sofferenza e la Bce, qualsiasi cosa faccia, sbaglia e provoca danni.



Questo è il vicolo cieco delle Banche centrali, su cui tante volte mi sono soffermato e che ho preannunciato, quasi fossi un novello Cassandra. Ma non c’era nulla di particolare da prevedere, non bisognava avere particolari doti di preveggenza per capire cosa sarebbe successo nel nascondere i problemi come la polvere, sotto il proverbiale tappeto. Quando si nascondono i problemi, questi tipicamente si ripresentano e lo fanno nel momento peggiore. Il problema principe di questi ultimi 25 anni è stato ed è l’eccesso di liquidità messo in mano alla speculazione finanziaria, che ha distorto i mercati finanziari.



Questo è stato il “rimedio” rispetto alla mancanza di liquidità nell’economia reale: farla arrivare, ma facendola passare per la speculazione finanziaria e facendola pagare al “prezzo di mercato”, cioè quanto faceva comodo al sistema finanziario, senza preoccuparsi se tale prezzo era “sostenibile” per il mercato stesso.

Quando si parla di “sostenibilità finanziaria” e non si spiega, è perché la spiegazione è semplice: i conti non tornano e il libero mercato non funziona. Non perché sia malvagio, non perché gli speculatori sono cattivi e pensano solo ai loro interessi; il libero mercato non funziona perché la matematica è semplice e nota: se il costo degli interessi (per lo Stato, che paga quelli più bassi, tutti gli altri pagano di più) supera la crescita (del Pil, del fatturato, è lo stesso perché l’importante è il concetto) allora i conti non potranno mai tornare e l’economia di quel Paese, di quell’area geografica (l’Europa) o di quell’azienda non potrà mai essere in un equilibrio che permetta la crescita. E se non si cresce, si affonda.



Faccio un esempio molto semplice: immaginate che io sia un operaio, che con uno stipendio da 1.100 euro al mese riesce a malapena a pagare tutte le spese mensili e non riesce a mettere nulla da parte. Mi rendo conto che così non posso andare avanti (prima o poi gli imprevisti accadono) e quindi sono alla ricerca di un lavoro migliore. Finalmente lo trovo come corriere; però ho bisogno di comprarmi un furgone. Trovo la possibilità di acquistare un furgone a rate, al costo di 350 euro al mese. Il nuovo stipendio sarà di 1.400 euro al mese; quindi, a conti fatti, rispetto alla situazione attuale, col nuovo lavoro perderò 50 euro al mese, a causa non solo del costo del furgone, ma a quella parte (che pago insieme al costo del furgone) che si chiama “costo del denaro”.

Ora i fantastici professoroni ed economisti sostenitori dell’euro ci vengono a dire che “non ne abbiamo approfittato quando il costo del denaro era basso”. Ma il cuore del problema non è il costo del denaro basso: il cuore del problema è la differenza tra costo del denaro e crescita. Ora, nessuno Stato può in qualche modo “decidere” la crescita, perché vi sono mille fattori che la influenzano, tra cui la crisi internazionale, l’inflazione, le eventuali sanzioni, ecc.

Al contrario, la Banca centrale decide arbitrariamente il “costo del denaro”, cioè il tasso di interesse che lei applica alle banche e che quest’ultime riversano alla loro clientela con una maggiorazione. E se una Banca centrale, come la Bce, mantiene costantemente per tanti anni il costo del denaro a un valore sempre maggiore della crescita del Pil, ecco che la frittata è fatta: i conti non potranno mai tornare.

Voglio ribadire che è completamente inutile pagare poco il costo del denaro, se questo è scarso nell’economia reale e quindi la propria attività non può crescere; molto meglio pagare il denaro di più, pagare degli interessi più alti ma dove i prestatori, a causa di una moneta nazionale, sono anche consumatori dello stesso mercato, e quindi prima o poi quel denaro lo spenderanno, facendo crescere l’economia. Se invece gli interessi sul denaro preso a prestito finiscono all’estero (questo è successo con l’euro), quei soldi, usciti dalle nostre tasche, verranno spesi all’estero e non provocheranno alcuna crescita per noi.

Purtroppo questo “estero” definito qui sopra non è un Paese: questo “estero” sono i mercati finanziari, che in questi anni sono cresciuti in maniera esplosiva, esagerata, aumentando la ricchezza di chi specula, facendo pagare il costo al resto della popolazione.

Di fronte all’inevitabile inflazione (questo porta prima o poi la crescita della liquidità in modo incontrollabile), le Banche centrali hanno risposto con l’alzata dei tassi, proteggendo i grandi capitali e facendo quindi pagare l’inflazione a tutti noi. Ora però l’economia inizia a soffrire troppo e l’inflazione continua a essere fuori controllo perché quella che abbiamo avuto e paghiamo tuttora non ha colmato il divario con l’enorme massa di liquidità messa in circolazione.

Ecco il vicolo cieco delle Banche centrali: se alzano i tassi, danneggiano l’economia (già depauperata dall’inflazione passata, dalla pandemia, dalle sanzioni, dal costo dell’energia), ma se abbassano i tassi fanno risalire l’inflazione, danneggiando i grandi capitali e i mercati finanziari e infine le banche stesse.

Il taglio dello 0,25% deciso ora dalla Bce è sostanzialmente nulla e mostra nient’altro che la paralisi della Bce.

Nel frattempo, in Europa, non avendo niente di meglio da fare, hanno aperto una procedura di infrazione contro l’Italia e contro altri sei Paesi per deficit eccessivo (praticamente, Biancaneve dopo aver mangiato la mela avvelenata, si è svegliata dal sonno…). E cosa possono chiedere? Tagli per spendere meno e ripagare il debito? Vogliono riapplicare la ricetta Monti, dimostratasi tanto fallimentare nel suo Governo e in quelli successivi? Una ricetta i cui due massimi sostenitori (Draghi e l’economista Giavazzi) hanno recentemente rinnegato?

C’è un pensiero che mi ha sempre colpito: per l’uscita dall’Europa è definita una precisa procedura (l’art. 50, attuato nel 2016 dalla Gran Bretagna), ma una procedura per l’uscita dall’euro non c’è, l’uscita dall’euro semplicemente non è prevista. Ci hanno invitato ad abitare nel nuovo condominio Europa, noi insieme a tedeschi, francesi, spagnoli, ecc. Ma non è prevista l’uscita da questo condominio. A casa mia, quando non puoi uscire, il luogo dove abiti si chiama “prigione”. E gli abitanti del condominio della scala A, in realtà sono i detenuti del braccio A.

E prima usciamo da questa prigione, prima torneremo a essere liberi e torneremo a crescere.

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