Questa settimana anche la Federal Reserve, la banca centrale più importante al mondo, ha avviato il percorso di riduzione dei tassi ufficiali abbassandoli di 50 punti base e pareggiando la Bce che ha iniziato prima, ma ha osato di meno (due tagli da 25 punti base).

La questione fondamentale per la politica monetaria futura sarà l’arrivo o meno di un forte rallentamento economico/di una recessione. Se guardiamo infatti alla storia vediamo che in assenza di recessione, cioè quando la Fed raggiunge il suo obiettivo di soft landing o atterraggio morbido dell’economia, la stessa taglia i tassi in media di soli 75 punti base totali (così è successo nel 1995 e poi nel 1998). Quando invece la crescita economica rallenta molto, ultimi casi da segnalare sono il 1984, il 1989, il 2001 e il 2008, la Fed agisce con grande forza per ridare stimolo all’economia (taglio medio dei tassi di ben 575 punti base). Il grafico vi mostra bene tutto ciò.



Oggi le attese di tagli totali stimate dal mercato oscillano fra i 200 e i 300 punti base a seconda dell’orizzonte temporale che si considera, quindi molto tendenti a una situazione recessiva, magari anche accompagnata da forti turbolenze sui mercati finanziari come accaduto nel periodo 2001-2002 (scoppio della bolla internet) e 2007-2008 (epidemia mondiale da mutui subprime americani).



Non c’è dubbio che il compito della Fed e delle altre banche centrali siano diventato più arduo nel tempo per una serie di fattori: previsioni macroeconomiche molto difficili e volatili (pensate alla stima del GDP Now della Fed di Atlanta che diverge sovente dalle stime fatte con metodi tradizionali), canali di trasmissione della politica monetaria sull’economia cambiati e meno diretti rispetto al passato (minor peso del sistema bancario nella concessione del credito), effetti distorsivi dovuti alle mega aziende americane (l’aumento dei tassi ha beneficiato i colossi dell’infotech privi di debito e cash rich che hanno potuto far rendere la loro liquidità molto di più).



Una delle poche modalità di azione rimaste alle banche centrali è quella di dichiararsi data dependent e cioè di non dichiarare più di tanto le azioni future previste, lasciandole “libere” e da decidere in futuro in base ai dati macroeconomici e non che avranno a disposizione in futuro.

Attendiamoci quindi meno dialettica e condivisione di percorsi futuri dei tassi da parte dei banchieri centrali mondiali, con la buona pace dei mercati finanziari e di tutti noi addetti ai lavori.

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