Stasera la Federal Reserve comunicherà le proprie decisioni su tassi e politica monetaria; domani toccherà alla Bank of England e alla Bce. Nelle ultime settimane il quadro economico in cui si muovono le banche centrali è cambiato. Fino a dicembre l’economia cresceva, il mercato del lavoro era in miglioramento e l’inflazione rimaneva ai massimi. In questo quadro la decisione di alzare i tassi non aveva controindicazioni di breve periodo. Le banche centrali non erano nella scomoda posizione di dover bilanciare i rischi per la crescita con quelli dell’aumento dei prezzi e la decisione di alzare i tassi diventava “scontata”; il quadro di crescita creava un contesto in grado di assorbire l’incremento dei tassi.
Oggi il quadro è cambiato. Negli Stati Uniti si registrano segnali di rallentamento che emergono in particolare in alcuni settori come l’immobiliare e il credito al consumo. Per quanto il mercato del lavoro rimanga ancora positivo con il principale datore di lavoro americano, Walmart, che decide di alzare i salari orari, e la spesa per in consumi tenga, l’effetto dei rialzi degli ultimi mesi e la riduzione del potere d’acquisto cominciano a rendersi visibili.
Allo stesso modo l’inflazione, anche solo per un effetto base, è in calo rispetto ai massimi dell’autunno 2022. Riflette il calo del prezzo del gas e del petrolio, la debolezza di alcuni settori come l’elettronica. Le banche centrali in questo quadro potrebbero adottare un approccio meno aggressivo nel rialzo dei tassi in attesa di avere più chiarezza sull’evoluzione del quadro economico e dell’inflazione. In alternativa potrebbero decidere di “tenere la linea” per contenere l’inflazione e assicurarsi che non ci sia una seconda fase di rialzi dei prezzi che già cova sotto la cenere. In molti settori le imprese non hanno ancora trasferito sui prezzi tutto l’incremento dei costi, le revisioni al rialzo dei salari, in un mercato del lavoro che rimane stretto, continuano, gli interventi dei Governi hanno messo un tappo in alcuni settori che non può tenere nel lungo periodo.
La “nuova fase” è il contenimento dell’incremento dei prezzi in un quadro di possibile rallentamento economico e il bilanciamento delle esigenze della crescita con quelle della riduzione dell’inflazione. Per assicurarsi che i prezzi scendano bisogna correre dei rischi sulla crescita; viceversa la prospettiva è che l’inflazione riparta in grande stile magari in un clima di euforia finanziaria scomodo per la politica e per i rischi finanziari.
La banca centrale americana, come le altre, spiega da mesi di essere “dipendente dai dati”. I dati nelle ultime settimane sono cambiati o hanno cominciato a cambiare. Nell’equazione è entrata una variabile, il rallentamento economico, che per quanto iniziale è già visibile. Comincia un capitolo nuovo, più difficile da leggere e soprattutto più rischioso. Gli appuntamenti di stasera e di domani, e poi a seguire quelli dei primi mesi dell’anno, daranno indicazioni importanti.
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