Mercoledì scorso la Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse di 25 punti base, come da attese, ma la Banca centrale Usa prevede ora due soli interventi di riduzione del costo del denaro nel 2025, quando a settembre se ne ipotizzavano quattro. Come ricorda Domenico Lombardi, professore di politiche economiche e governance dell’Eurozona alla Luiss, di cui dirige il Policy Observatory, «le attese erano di un taglio sostenuto del costo del denaro nel corso del 2025 che prevedeva almeno quattro riduzioni a fronte di una definitiva stabilizzazione del quadro inflativo sul target di medio periodo del Fed pari al 2%. Tuttavia, proprio a rappresentare il cambio di linea, la decisione dell’altro giorno di diminuire i tassi di intervento è stata presa con un voto contrario e numerosi componenti del Fomc che hanno espresso riserve, pur votando a favore del taglio».
Sono fondati i timori della Fed sull’inflazione?
Gli ultimi dati mostrano una persistenza dell’inflazione di fondo e un aumento dell’inflazione attesa per il 2025, anche a seguito delle politiche che la nuova Amministrazione Trump metterà in atto.
In questo senso cosa potrebbe accadere da gennaio dopo l’insediamento di Trump?
La politica fiscale rimarrà espansiva e la deregolamentazione della nuova Amministrazione fornirà un ulteriore impulso alla crescita. Allo stesso tempo, l’impatto di una politica commerciale internazionale più restrittiva con l’elevazione di dazi e barriere di vario tipo e il giro di vite sull’immigrazione contribuiranno all’aumento dell’inflazione, seppur sia ancora incerto l’impatto netto e la sua distribuzione nel tempo. In tale contesto, si giustifica una maggiore prudenza delle Autorità monetarie.
Intanto in Europa lunedì scorso Christine Lagarde è tornata a parlare della possibilità di nuovi tagli di tassi. Pensa che anche la Bce deluderà le aspettative che si sono create tra gli operatori economici?
Le condizioni dell’economia europea sono strutturalmente diverse da quelle prevalenti negli Stati Uniti. Tanto per cominciare, l’economia europea continua a registrare una bassa crescita con la sua principale economia, quella tedesca, stagnante da due anni circa. Sul fronte dei prezzi, le aspettative inflazionistiche sono ben ancorate e i prezzi segnano una dinamica compatibile con il target della Bce.
La discesa dei tassi della Bce potrebbe essere rallentata dal fatto che la Fed sembra essere orientata a due soli tagli nel 2025?
La postura della Fed crea certamente un condizionamento culturale a cui i falchi nel Consiglio direttivo della Bce si potranno aggrappare. Tuttavia, l’attesa è di un ampliamento del decoupling tra Stati Uniti ed Eurozona sul fronte della crescita, con Francia e Germania che presentano maggiori rischi sul piano politico ed economico, e l’Italia che esporta, invece, stabilità politica e macro-fiscale.
<I rendimenti più alti dei titoli di stato Usa potrebbero rendere meno appetibili quelli europei, provocando qualche problema ai Paesi più indebitati, tra cui l’Italia, che già risentono del livello dei tassi della Bce?
Nella misura in cui l’Italia continui a offrire agli investitori stabilità politica e una postura macro-fiscale prudente non dovrebbe avere problemi nel rifinanziamento del debito a meno di fenomeni di contagio che si dovessero originare altrove nell’Eurozona, per esempio in Francia, il cui spread rispetto ai titoli di Stato tedeschi segna da diversi mesi un progressivo incremento.
(Lorenzo Torrisi)
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