Lunedì il Presidente della compagnia petrolifera della Libia ha dichiarato che Eni potrebbe decidere di investire 8 miliardi di dollari per sviluppare un campo petrolifero nel Mediterraneo che conterrebbe più gas di Zohr, che, ricordiamolo, scovato da Eni, è la maggiore scoperta di gas mai fatta nella storia nel Mediterraneo e ha reso l’Egitto, che fino alla sua scoperta era alle prese con una grave crisi energetica, non solo indipendente ma anche esportatore.



Non sappiamo se la notizia che ha dato il presidente di “NOC” sia vera; quello che sappiamo è che la Libia è, ancora oggi e nonostante il crollo della produzione degli ultimi anni, un Paese chiave per l’Eni con riserve di gas e petrolio tali da poter rimpiazzare una parte consistente delle forniture russe.



Nella stessa giornata in cui il Presidente della compagna libica dava questa strana notizia si apprendeva che l’Algeria si appresta a firmare un contratto di fornitura di armi per almeno 12 miliardi di dollari; il fortunato fornitore è la Russia. L’Algeria dopo le sanzioni che l’Europa ha deciso di attuare contro Mosca si candida a essere il principale fornitore di gas italiano e a rimpiazzare la maggior parte delle forniture perse a causa delle sanzioni. Il contratto di fornitura di armi segnala una collaborazione politica che trascende i rapporti economici soprattutto in una fase, come quella attuale, in cui la guerra lambisce le coste del Mediterraneo e in cui la Russia diventa il nemico numero uno dell’Occidente e della Nato. Come minimo bisognerebbe chiedersi quanto affidabile sia nel lungo termine il rapporto con l’Algeria su cui nessuno ha osato sollevare dubbi in una narrazione in cui “andrà tutto bene” e “possiamo fare a meno dei cattivi senza problemi”. Senza il gas algerino l’Italia piomberebbe in una crisi energetica che farebbe sembrare quella attuale un’era di abbondanza sfrenata.



Torniamo alla Libia. L’Italia, dopo la guerra del 2011, è stata lentamente soppiantata dalla Turchia. È stata una guerra voluta fortemente da Francia e Inghilterra contro gli interessi italiani. Il nostro Paese ha avuto diversi appuntamenti per rientrare in partita, ma li ha mancati tutti con una miopia e una disattenzione in cui si fa fatica a trovare la buona fede. Quello che conta è che in Libia e in tutto il Mediterraneo orientale è la Turchia a dettare legge. Pensiamo all’episodio emblematico della cacciata della Saipem 12000, il fiore all’occhiello della flotta di Saipem, dalle acque di Cipro per mano di navi da guerra turche nel febbraio del 2018. Le enormi risorse di idrocarburi della Libia e, più in generale, del Mediterraneo orientale non sono liberamente accessibili; non esiste un mercato, come nei sogni dell’Unione europea, in cui chiunque può fare qualunque cosa secondo valutazioni meramente economiche. Le risorse energetiche, alimentari o idriche sono al centro della politica e della geopolitica e non dell’economia e riguardano, ne sono prova i recenti conflitti, anche gli eserciti.

Tutta la politica energetica europea, l’intero piano per soppiantare i russi, che rimangono cattivi, presuppone che il Mediterraneo rimanga un mare aperto agli interessi europei e italiani altrimenti l’Europa si troverebbe nella posizione impossibile di dover estendere le proprie forniture di migliaia di chilometri oltre il Mediterraneo e nell’Africa subsahariana con una serie di incognite politiche e finanziarie infinite.

Adesso più che mai non esiste un’industria italiana o europea senza una politica italiana e europea con tutti gli annessi e connessi militari che i nostri concorrenti, pensiamo alla Turchia, non esitano a impiegare. Se l’Europa non è in grado di occuparsi di queste “faccende” o smetterà di esistere come la conosciamo, oppure verrà sostituita da chi può e vuole occuparsene, sia a livello di Stati nazionali continentali, sia di soggetti extraeuropei.

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