Ho letto con interesse l’intervista a Gianandrea Gaiani sulle prospettive della guerra in Ucraina. Essendo tornato di recente dagli Stati Uniti, concordo con l’impressione che gli americani vogliano al più presto disimpegnarsi con un “affare” sempre più costoso e senza prospettive di vittoria. È chiaro che la situazione è bloccata dall’occupazione di alcuni territori dell’Ucraina, a cominciare dalla Crimea, ma anche dal timore della Russia che l’Ucraina, entrando nella NATO, divenga una specie di testa di ponte dell’Occidente.



Quanto alla questione dei territori, la Crimea, con una popolazione a maggioranza filo-russa, mi pare che molto difficilmente possa essere reintegrata nello Stato ucraino. Là, in compenso, si potrebbero pretendere serie garanzie per la minoranza ucraina e anche per quelle tatare, di cui si parla molto meno. Per quanto riguarda i territori semi-occupati dell’Est, per ora non vedo altra soluzione che un provvisorio stato di neutralità garantito dall’ONU o da forze internazionali.



Venendo poi alle prospettive di una collocazione pacifica e autorevole dell’Ucraina sul piano internazionale, anche se la cosa potrebbe sembrare a prima vista inconcepibile, perché l’Ucraina non potrebbe entrare simultaneamente nella NATO e nella CSTO (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva), come avevamo proposto su queste pagine fin dallo scoppio della guerra? Sono due alleanze di per sé difensive che in linea di principio garantiscono la libertà di un Paese da eventuali interventi ostili interni. È vero che il Trattato CSTO di per sé prevede che non si aderisca ad altre alleanze militari, ma la questione è già stata superata nell’ottobre 2007 con l’Accordo per la cooperazione di Shangai (SCO) di cui fanno parte Cina, Russia e i Paesi dell’Asia Centrale).



Del resto, proprio in occasione della guerra in Ucraina, i Paesi dell’Asia Centrale hanno dimostrato di interpretare la CSTO realmente come un’alleanza difensiva, smarcandosi chiaramente dalla Russia, sia con l’ospitare giovani russi in fuga dalla mobilitazione militare, sia permettendo ad organizzazioni umanitarie indipendenti del proprio Paese di mandare aiuti, non militari, all’Ucraina.

A volte anche quello che può sembrare pazzesco si può rivelare più ragionevole di ciò che produce una ragione impazzita.

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