Nell’ultima Financial Stability Review la Bce ha evidenziato il rischio che sui mercati possa riemergere la preoccupazione sulla sostenibilità del debito sovrano di alcuni Paesi dell’Eurozona. Massimo D’Antoni, professore di scienza delle finanze all’Università di Siena, non è sicuro «che sia appropriato parlare di monito. Potrei sbagliarmi, ma il rapporto mi pare che si sia limitato a fotografare la situazione incerta in cui ci troviamo, senza toni allarmistici. Posso sbagliarmi, ma non credo che aggiunga molto alla percezione dei mercati e, anzi, alcune affermazioni mi fanno pensare al fatto che la Bce sia pronta a mostrare un atteggiamento più “morbido”. Un segnale che potrebbe essere apprezzato dai mercati finanziari. Mi riferisco in particolare all’accenno al fatto che – cito testualmente – la bilancia del rischio si è spostata dalle preoccupazioni per il permanere di un livello di inflazione elevato ai timori per la bassa crescita».



Nei giorni scorsi il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha auspicato non solo una nuova riduzione dei tassi da parte della Bce, ma anche che l’Eurotower fornisca maggiori indicazioni sull’evoluzione della propria politica monetaria. Cosa ne pensa?

Questo mi pare coerente con quanto ho appena detto: ci sono alcuni segnali che potrebbero indicare una politica monetaria più accomodante, che spinga anche per un abbassamento dei tassi. Sarebbe un modo per aiutare l’economia e per dare respiro ai Governi sul fronte della finanza pubblica.



Visto il suo livello di debito pubblico, l’Italia è sicuramente tra i Paesi più a rischio. Eppure la sua politica fiscale appare, anche guardando in prospettiva ai prossimi anni, prudente. Cosa dovrebbe fare d’altro per essere più al sicuro?

La nostra politica appare decisamente prudente. Il Governo ha recentemente approvato il suo Piano strutturale di bilancio, che vincolerà le scelte di spesa perlomeno fino alla fine della legislatura. Il profilo di crescita della spesa è persino più contenuto di quello che sarebbe stato consentito dai parametri fissati dalle nuove regole europee. Via XX settembre ha voluto dare il segnale di un’assunzione di responsabilità rispetto ai conti pubblici, che semmai corre il rischio di inaugurare una nuova stagione di austerità, non certo quello di mandare ai mercati il segnale di una finanza pubblica fuori controllo. Se l’obiettivo era rassicurare gli investitori sull’intenzione di controllare il bilancio pubblico non era proprio possibile fare di più. Ripeto, semmai il rischio è dato dal venire a mancare di molte azioni di sostegno all’economia. La principale misura di rilancio sulla quale il Governo sembra voler contare è il taglio del cuneo fiscale, quindi il rilancio dei consumi delle famiglie. Vedremo se sarà sufficiente, visto anche il contesto internazionale ed europeo.



Nella Financial Stability Review si parla, in effetti, di una crescita più debole delle attese. Cosa può fare l’Europa per “cambiare marcia” su questo fronte, vista anche la difficoltà della Germania, sua principale economia?

Restando al tema delle politiche di bilancio, il ritorno del Patto di stabilità rischia a mio avviso di produrre una politica fiscale complessivamente restrittiva a livello continentale. Posso capire il consolidamento fiscale dell’Italia, che ha uno dei debiti più elevati, ma desta preoccupazione il fatto che Paesi come la Germania, con le difficoltà cui lei accennava, perseguano anch’essi politiche di contenimento della spesa. Siamo al solito riflesso condizionato per cui si risponde a qualsiasi difficoltà contenendo la spesa e quindi la domanda. Una strategia che magari funzionava quando il contenimento della domanda e quindi dell’inflazione significava recupero di competitività e rilancio dell’esportazione. Ma ora? Nella situazione internazionale in cui ci troviamo, con il rischio di protezionismo americano, il confronto coi cinesi, la crisi irrisolta con la Russia e l’instabilità in Medio Oriente, ha ancora senso? Non sarebbe il momento di rilanciare la domanda interna dell’Unione con ogni mezzo? Eppure, non sembra che i Governi, anche quelli che avrebbero lo spazio fiscale per farlo, da questo orecchio ci sentano.

Cosa potrebbero fare invece la Bce o l’Ue per cercare di evitare questi rischi sulla sostenibilità del debito sovrano?

Vorrei premettere che almeno in questa occasione non mi pare che i rischi maggiori vengano dall’Italia. Volendo cercare il punto debole, andrei a guardare innanzitutto la situazione francese, che ha nella sua posizione finanziaria sull’estero una situazione molto più squilibrata. Detto questo, come sappiamo, la Bce sul fronte del sostegno ai debiti sovrani può fare molto. È vero che non può risolvere una situazione di reale insostenibilità del debito, ma non siamo in un caso del genere. La Bce invece è certamente in grado di prevenire il verificarsi di spirali di sfiducia che, se mal gestite, potrebbero determinare situazioni simili alla crisi dei debiti sovrani del 2010. Confido che non si ripetano gli errori di quegli anni.

(Lorenzo Torrisi)

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