Le notizie che provengono dalla Polonia via Bruxelles sono sempre più inquietanti. Il commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, ha viaggiato in Polonia, per, si dice in un comunicato, “incontri sul tema spinoso dello stato di diritto”. Nel mentre a Bruxelles – nelle stanze della Commissione – gli sherpa del commissario al Bilancio, Johannes Hahn, sono al lavoro su due lettere da inviare a Budapest e Varsavia, per, si dice, sempre in fonti ufficiali, “acquisire informazioni sulla situazione nei due Paesi sul rule of law”.
Il tutto suona come un’anticipazione, “un passaggio informale”, ossia un’anticamera dell’attivazione del meccanismo che lega l’erogazione dei fondi del budget Ue al rispetto dello stato di diritto. Scatterà in tal modo la procedura della condizionalità sul rule of law e, per ottenerla, occorrerà attendere la decisione della Corte Ue sul ricorso di Polonia e Ungheria contro tale strumento.
Insomma, la Polonia continua a essere un punto di divisione nella storia europea, anche dopo il crollo dell’Urss. Il Governo conservatore polacco odierno è forse il punto più alto di rivendicazione di una distintività nazionalistica polacca in funzione anti-russa. Il Tribunale costituzionale di Varsavia che ha emesso una sentenza, su una mozione presentata dal premier Mateusz Morawiecki, in cui si ribadisce la prevalenza della Costituzione nazionale sulle norme dell’Ue relative appunto allo stato di diritto, ben chiarisce la questione. È la stessa che si è presentata in Germania con la decisione – del 21 aprile 2021 – della Corte costituzionale tedesca di Karlsruhe in relazione al Recovery Fund, per via del ricorso presentato da esponenti dell’AfD per bloccare in via immediata e preventiva l’autorizzazione alla Commissione Ue di raccogliere fondi sul mercato per conto dell’Unione. Ricorso giudicato ammissibile il 26 marzo, così da impedire al presidente della Repubblica Steinmeier di ratificare una legge già approvata dal Bundestag e che autorizzava il Recovery in attesa di un pronunciamento della Corte.
È noto che la questione è di fatto ancora irrisolta, ma tutto è stato fatto passare sotto silenzio, invece di operare nell’unico modo che sarebbe stato saggio, cioè cogliendo l’occasione di procedere alla riforma dei Trattati, rafforzando i poteri del Parlamento europeo e potenziando il bilancio Ue con risorse proprie proporzionate non solo all’emergenza, ma, soprattutto, alla necessità di fuoriuscire dalla deflazione secolare. Invece, le divisioni nazionali si approfondiscono nell’Ue per volontà di un ceto sociale ormai indipendente dallo stesso Parlamento europeo e dalle stesse borghesie nazionali europee. Le stesse che, di fatto, hanno proceduto, negli anni, a selezionarlo e a rafforzarlo, questo ceto di pseudogiuristi e di “poliziotti politici delle norme”, scelti con tabelle a doppia entrata (appartenenza partitica e nazionalità), conferendo a questa sorta di vera e propria “burocrazia celeste” poteri sempre più forti e pervasivi, più ostativi che costruttivi.
Nel caso polacco la questione solleva problemi più complessi che mai, perché non si riduce al campo degli interessi economici e del ruolo decisionale delle forme del potere in economia. Nel caso polacco è in gioco il ruolo della stessa Ue nelle relazioni internazionali, perché la Polonia odierna è l’alleato più fedele degli Usa. Gli Usa che hanno scelto e mai dismesso, dal periodo dell’avvento dell’unipolarismo – da Clinton in poi – sino a Biden e oltre, il confronto e la lotta egemonica contro la Russia, piuttosto che la cooperazione con essa, cooperazione che sarebbe preziosa proprio oggi che il conflitto con la Cina è alle porte in tutte le sue dimensioni, anche militari e speriamo solo convenzionali.
Eppure è proprio di una visione non nazionalistica e stupidamente autocentrata sul dominio terrestre intra-europeo di cui si ha bisogno. Ma una “burocrazia celeste” non è mai consapevole delle poste in gioco in politica estera. E la “burocrazia celeste” di oggi è la Commissione europea. Il grande capolavoro di Etienne Balazs (La burocrazia celeste, appunto) dimostrò e dimostra come in Cina la presenza dominante dei “mandarini”, i funzionari-letterati, costituitisi in classe burocratica onnipotente e dispotica nell’impero, fece sì che il ceto borghese non riuscisse mai a rivendicare l’indipendenza economica e culturale rispetto a tale potentissimo potere. Di qui il ritardo con cui la Cina è giunta alla modernità rispetto all’Occidente e di qui il suo ritirarsi dal potere talassocratico dopo il Quattrocento, dopo aver raggiunto e dominato parte dell’Africa.
Lo stesso discorso va fatto ormai anche per le borghesie europee. Esse hanno rinunciato forse definitivamente a esercitare un potere di comando diretto sui mercati e a influenzare i destini del mondo. Ma questo ha conseguenze gravissime sul destino stesso dell’Europa, che così non riesce a esercitare un ruolo significativo nella storia mondiale. Il ruolo della Russia è sempre stato decisivo per la storia europea. Ed è rispetto alla Russia che l’Europa deve dar segni di relazionarsi in forme autonome rispetto agli Usa. E il modo con cui si può farlo è stabilire relazioni con essa in forme diverse da quelle statunitensi, non conflittuali e che consentano di aiutarla a superare un’ostinata ostilità nei confronti di una Russia senza di cui l’Europa – non l’Ue – non può esistere come potenza mondiale.
Noi italiani lo sappiamo più che mai: senza la guerra di Crimea il conte Camillo Benso di Cavour non avrebbe potuto dar vita alle manovre diplomatiche che portarono all’annessione al Regno del Piemonte e della Sardegna degli antichi Stati italiani. La situazione storica attuale dell’Europa ricorda molto quella di quegli anni della seconda metà dell’Ottocento. Con la differenza che il ruolo delle aristocrazie e quello dei movimenti democratici e costituzionali, di contro, hanno cessato di operare e dar vita a nuovi equilibri di potere in una proiezione mondiale del capitalismo europeo, aprendo un’era di inusitato benessere e libertà. Tutto il contrario di quanto oggi il dominio della “burocrazia celeste” dell’Ue sta preparando, mentre l’aggressività cinese incombe sul mondo.
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