Domani l’Italia affronterà il suo primo importante appuntamento dell’anno: la stima preliminare del Pil relativo allo scorso trimestre. Si tratta di un’importante valutazione che, dopo la variazione percentuale negativa di fine 2022, potrebbe accantonare il rischio di incappare nella temuta recessione tecnica.
Chi scrive è certo che questo pericolo possa essere archiviato poiché guardando ai numeri e alle loro stesse plausibili proiezioni, le attuali risultanze vedono una crescita tra lo 0,2% (evento più probabile) e lo 0,3% (evento meno probabile): il tutto in funzione dei singoli arrotondamenti decimali di volta in volta utilizzati. Prescindendo dai calcoli e dalla loro natura previsionale, l’odierna vigilia si contraddistingue per alcune incognite che, solo in queste ultime giornate, hanno visto mutare la fiducia nei confronti del nostro Paese: un cambio inaspettato (e non richiesto) perché oggetto di due importanti considerazioni. Entrambe negative.
La prima è arrivata dalla banca d’affari statunitense Goldman Sachs che, attraverso i propri analisti, ha indicato come sia opportuno preferire i titoli di Stato spagnoli a quelli italiani poiché questi ultimi subirebbero una maggior pressione con un incremento dello spread fino a 235 punti entro la fine dell’anno. Non solo, anche la forza dei prossimi rialzi dei tassi di interesse da parte della Bce avrà un impatto sul nostro debito e, pertanto, il consiglio operativo è complessivamente orientato a un deciso sell sul Bel Paese. A non lesinare alcuna critica sul futuro incerto della penisola italiana è giunto anche il monito dell’agenzia di rating Moody’s che, sempre a causa dell’elevato debito e a una crescita debole, potrebbe aggiornare il suo giudizio portandolo al livello “spazzatura” (rif. “junk bond”) dall’attuale “investment grade”. Uno scenario che, gettando uno sguardo all’agenda, vede una scadenza già tra qualche settimana: il prossimo 19 maggio.
Non abbiamo intenzione di confutare queste avvisaglie, ma, sommariamente, ci limitiamo a osservare la reazione da parte del mercato in queste ultime ore a entrambe le notizie ovvero: nulla di rilevante. Anzi, correttamente, dobbiamo invece affermare l’esatto contrario ovvero come le quotazioni del Btp decennale (rif. future) abbiano registrato un incremento rispetto alle quotazioni che hanno preceduto i due annunci.
Sulla base di questa oggettiva (finora) certezza il pericolo sembra poter essere scampato nel breve termine o, almeno, qualora ci fosse, posticipato a data da definire. Di certo, fino a oggi, “il rifiuto” da parte del mercato a queste inaspettate considerazioni è oggettivo e, salvo colpi di coda dell’ultima ora, l’intonazione di fondo non sembra cambiare in un contesto di sentiment stabile.
La stima di domani sul Pil trimestrale domestico rappresenterà sicuramente una prima (sperata) smentita a queste “valutazioni” che, diffuse solo pochi giorni prima rispetto a questa importante rilevazione economica, assumono connotati con logica speculativa rispetto a una vera e propria raccomandazione. L’esito, comunque, arriverà tra poche ore, ma, lo ripetiamo, guardando al mercato i timori appaiono circoscritti. Al nulla.
Ad avvalorare ulteriormente questa mansueta indole del mercato, nella giornata di ieri è giunto l’esito dell’asta relativa ai Bot con scadenza semestrale ed annuale: per entrambi i rendimenti non hanno visto un rialzo eccessivo, bensì un allineamento alla recente parte breve della curva con valori prossimi al 3,33-3,43% e un rapporto di copertura coerente con la più tradizionale media storica per tale tipologia di strumenti finanziari monetari (rif. area 1,5/1,6).
Confidando che lo scenario da noi prospettato trovi un riscontro negli ormai imminenti fatti delle prossime ore riteniamo corretto, al pari dei palesati dubbi sulle sorti del nostro Paese, estendere l’analisi oltre i confini italiani e, senza andare molto lontano, soffermare l’attenzione sul medesimo dato trimestrale relativo al Pil: quello della vicina Germania. Come l’Italia, l’ex locomotiva d’Europa, ha concluso lo scorso anno in pesante flessione con un dato negativo (-0,4%) peggiore rispetto alle stime (-0,2%). Guardando all’insieme delle rilevazioni dei primi tre mesi dell’anno e al sempre veritiero mercato, senza alcun intento di profezia, potremmo sostenere come le fondamenta dell’economia tedesca abbiano vacillato in questi iniziali novanta giorni del 2023.
Suscita stupore la lettura di un dato sul Pil del I trimestre 2023 della Germania in territorio negativo? Suscita stupore apprendere di una variazione percentuale (negativa) tra lo 0,10 e lo 0,20? Suscita stupore constatare che la storica potenza economica del Vecchio continente possa arenarsi in una recessione tecnica? Forse, questa volta, lo stupore sarà immediatamente surclassato dai fatti. Fatti inconsueti. Fatti che potrebbero identificare un nuovo binomio Italia-Germania, ma, a parti invertite. Un fatto storico racchiuso in soli e pochi decimali.
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