C’è attesa per il nuovo dato sull’inflazione europea, che verrà vagliato con attenzione anche dalla Banca centrale europea, il cui Consiglio direttivo tornerà a riunirsi il 15 giugno per decidere se alzare nuovamente i tassi di interesse. Nelle scorse settimane le dichiarazioni degli esponenti dell’Eurotower hanno fatto immaginare che ci possa essere spazio ancora per un paio di ritocchi all’insù di un quarto di punto ciascuno per poi interrompere il ciclo di rialzi e valutarne gli effetti.
Come ricorda Nicola Rossi, Professore di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata e membro del cda dell’Istituto Bruno Leoni, «già noti economisti in passato hanno detto chiaramente che una volta innescata la salita dell’inflazione farla scendere è difficile e richiede tempo. Non illudiamoci, quindi, che il processo sia rapido, perché più passa il tempo, più il fenomeno inflazionistico mette per così dire radici, si traduce nei comportamenti di tutti».
Sembra che la Bce possa, però, presto interrompere il ciclo di rialzi.
Nelle parole della Presidente dell’Eurotower non ho ravvisato la volontà di attenuare la determinazione nel contrastare l’inflazione: al contrario, mi sembra che sia stato ribadito con chiarezza che la Bce vuol riportare il fenomeno a dimensioni tali da non creare i problemi che sta oggi determinando. Se questo poi implichi aumenti ulteriori dei tassi lo vedremo, personalmente penso di sì. Di quale entità credo dipenda dalle informazioni che di volta in volta la Bce avrà a sua disposizione.
Il compito di combattere l’inflazione va lasciato solo alla politica monetaria?
Quale altro strumento è immaginabile?
La politica fiscale potrebbe avere un ruolo?
Allo stato attuale le regole fiscali europee sono sospese, tanto che avremo un disavanzo ancora superiore al 3% del Pil. Le nuove regole che si sta immaginando di introdurre, a mio modo di vedere in maniera molto imprudente, implicheranno percorsi di aggiustamento del debito, non ci vedo chissà quali ulteriori elementi. Soprattutto mi pare di intuire che non si voglia, giustamente, attribuire alla politica fiscale il compito di contrastare l’inflazione.
Perché parla di imprudenza nell’introduzione delle nuove regole fiscali?
Perché non sono regole più flessibili, ma più discrezionali. E penso che la discrezionalità abbia già fatto parecchi danni.
Servirebbero allora regole più chiare?
Non solo più chiare, ma possibilmente meno equivoche, che assegnino meno potere discrezionale a un organo non eletto dai cittadini qual è la Commissione.
Al momento, però, la proposta che c’è sul tavolo per la riforma del Patto di stabilità e crescita è proprio quella della Commissione…
Sono già state avanzate proposte di modifica da parte di alcuni Paesi, in particolare la Germania, vedremo quale sarà l’esito finale. Da parte italiana c’è qualche entusiasmo rispetto allo schema di Bruxelles, perché sembra piacere l’idea di un negoziato. Io credo, però, occorra stare attentissimi, perché la discrezionalità è qualcosa di cui dobbiamo dubitare e diffidare.
Perché lascia troppo spazio alla politica, intesa come ricerca di una trattativa?
Esattamente di questo parlavo.
La scorsa settimana la Commissione europea, come pure l’Ufficio parlamentare di bilancio, hanno manifestato alcune perplessità sulla riforma fiscale, in particolare sulla flat tax. Cosa ne pensa?
Mi pare di capire che siano preoccupazioni che riguardano la progressività e le coperture. Per quanto riguarda le prime, credo non ci voglia molto a dimostrare che un sistema ad aliquota unica, accompagnato da una no tax area, genera un sistema progressivo. Dopodiché si può desiderare un sistema più o meno progressivo, ma questo è un altro discorso. Aggiungo che il dettato costituzionale parla di progressività per il sistema tributario, non per la sola imposta personale, quindi andrebbe fatta una valutazione a livello dell’intero sistema.
E riguardo le preoccupazioni sulle coperture?
Premesso che la delega fiscale non contiene particolari dettagli in merito, e quindi credo che bisognerà attendere dopo l’estate per saperne di più su come il Governo intende procedere, va detto che il tema delle coperture non può essere valutato lasciando inalterati l’ammontare e la struttura della spesa pubblica. Il sistema ad aliquota unica pressoché inevitabilmente implica una riflessione sull’entità della spesa, sulla sua struttura e sul suo finanziamento. La questione delle coperture va, quindi, affrontata in questo modo e non limitandosi semplicemente, in maniera contabile, a segnalare che se la spesa rimane invariata potrebbe determinarsi un problema di coperture.
Quindi, bisogna osservare la spesa pubblica nel suo complesso, non focalizzarsi solamente sulle tax expenditures.
Esatto, perché si possono modificare le modalità di finanziamento di alcune voci di spesa, si può intervenire per eliminare alcuni programmi di spesa che possono risultare superflui ovvero incapaci di produrre alcun risultato in termini di efficienza e di equità.
La flat tax può essere introdotta gradualmente?
Già oggi il sistema ha molte componenti ad aliquota unica, pensiamo ai redditi da attività finanziaria o alla cedolare secca sulle locazioni. Il vero passaggio a un sistema ad aliquota unica lo avremo, però, quando saranno interessati anche i redditi di pensionati e lavoratori. Si potrà, in questo senso, agire gradualmente, per esempio, passando inizialmente a tre aliquote d’imposta personale, poi riducendole a due e poi passando a un’unica aliquota con, naturalmente, una fascia esente. Quindi, la gradualità è certamente possibile. Non si può, però, considerare flat tax, né un passaggio verso di essa, la cosiddetta flat tax incrementale.
Perché?
Perché è semplicemente una modalità con cui alla fine vengono applicate aliquote differenziate più ridotte sugli incrementi di reddito. E questo con il termine flat tax non c’entra proprio nulla. Paradossalmente, la cosiddetta flat tax incrementale aumenta il numero delle aliquote.
Fino a quale soglia di reddito andrebbe posta la no tax area?
È impossibile definirlo a priori, bisogna capire qual è l’aliquota unica che si ha in mente e il grado di progressività che si ritiene desiderabile. Solo dopo è possibile fissare la soglia. I sistemi fiscali sono architetture complesse, in cui tanti elementi vanno definiti e devono trovare una loro armonia. In questo senso c’è da dire che il sistema fiscale attuale tutto è tranne che armonico.
(Lorenzo Torrisi)
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