Ogni giorno ha la sua pena, si dice, ma forse Mario Draghi non si aspettava che ogni giorno nascondesse in sé molte pene. In molti casi il capo del Governo italiano ha fatto ricorso alla sottile arte del rinvio, ma ci sono scelte che bisogna affrontare di petto, mentre incombe un’angosciosa prospettiva, cioè la quarta ondata del Covid-19 alla quale oggi, nonostante i vaccini, sarà più difficile far fronte.
Il motivo questa volta non è sanitario, ma politico-sociale. Il clima che si sta creando, di diffusa incertezza e crescente insofferenza verso un nuovo ciclo di restrizioni, renderà più difficile gestire il colpo di coda della pandemia. E avrà un impatto negativo su una ripresa economica che si è rivelata più forte del previsto.
Alcuni appuntamenti sono delle vere cartine di tornasole. Prendiamo la riforma della concorrenza. Il Consiglio dei ministri ha varato un provvedimento che contiene molte novità importanti a favore dei consumatori (sull’assicurazione auto, la telefonia, i termini per creare un’impresa), ma ha rinviato le questioni più spinose, cioè le concessioni balneari e quelle per il commercio ambulante, sulle quali punta i piedi la Lega mentre fuori dal Governo Fratelli d’Italia soffia sul fuoco. Intanto la Commissione europea prepara una proceduta d’infrazione. Sono anni che diversi Governi italiani rinviano e più volte l’Ue aveva avuto assicurazione che si sarebbe intervenuti con urgenza. Invece nella Legge di bilancio per il 2019 le licenze vengono prorogate fino al 2033.
Kick the can down the road, dai un calcio alla lattina lungo la strada dicono gli americani quando si vuole rimandare un problema al momento irrisolvibile. Ma più passa il tempo più l’ostacolo si fa insormontabile. La Confindustria chiede di cancellare la norma del decreto sulla mobilità che modifica i trasporti eccezionali (come acciaio, travi di calcestruzzo, blocchi di pietra) imponendo di distribuire su più camion quello che oggi viene caricato su un solo tir. È una questione di sicurezza per l’ambiente e per la circolazione stradale, dice il Governo, è una difficoltà in più per l’industria, sostiene l’associazione degli imprenditori. Tamburi di guerra si levano anche dai tassisti allarmati dall’aumento della concorrenza nella concessione delle licenze, mentre si torna ad agitare lo spettro Uber. Sono problemi in apparenza marginali, si tratta di piccole categorie e di interessi particolari, ma mettendo tanti granelli possono diventare una montagna.
Ben più complessa e gravida di conseguenza la riforma fiscale, un’altra lattina calciata lungo il cammino. Il Governo ha messo a disposizione 8 miliardi di euro per ridurre il prossimo anno le tasse che gravano sul lavoro, ma non ha ancora indicato come. Ci sarà un intervento sulle aliquote per i redditi che vanno dai 28 ai 55 mila euro, di quanto e con quali aliquote resta però incerto. Mentre è stato di nuovo rinviato il decreto attuativo dell’Assegno unico per i figli che deve sostituire le erogazioni oggi in vigore.
Non si tratta di uno slittamento, precisano fonti del Governo, ma è una scelta legata all’esigenza di permettere la presentazione dell’Isee, cioè la base sulla quale verrà calcolato l’assegno che andrà dai 50 euro per i redditi più alti fino ai 180 euro per i più bassi, che dal terzo figlio in poi potranno arrivare fino a circa 250-260 euro per ogni figlio, con una maggiorazione se entrambi i coniugi lavorano. Circa la metà delle famiglie italiane dovrebbe avere diritto all’importo massimo dell’assegno unico universale per i figli che scatta da marzo a marzo di ogni anno (le domande verranno presentate a gennaio e i due mesi di buco verranno coperti con misure temporanee) e rappresenta una novità importante nell’approccio allo stato sociale sul piano qualitativo (la centralità del sostegno alle famiglie) e quantitativo: si tratta di un esborso superiore ai 20 miliardi l’anno, compensati solo in parte assorbendo le erogazioni attuali. La spesa pubblica in questo campo aumenta del 50%.
L’intero sistema assistenziale viene messo alla prova, a cominciare dall’efficienza della Pubblica amministrazione che rappresenta un impegno fondamentale, dal chiaro significato strategico, all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza. La spesa di protezione sociale per la funzione famiglia/figli in Italia è inferiore a quella di tutti i Paesi dell’Unione europea. Dietro l’Italia ci sono soltanto Malta e Paesi Bassi (1,1% del Pil nel 2018, contro il 2,2% della media Ue, il 2,4% della Francia e il 3,3% della Germania). La ministra della Famiglia Elena Bonetti giura di mettercela tutta ed è convinta che la prova sarà superata, si rende ben conto di quanto sia delicata sul terreno economico-sociale e quanto sensibile anche come prova del nove per la riforma del welfare. Se ne dovrebbe occupare in settimana il Consiglio dei ministri. Il Governo è chiamato a dar prova di efficacia e determinazione, due caratteristiche distintive nella primavera scorsa e durante la luna di miele, che si stanno via via appannando.
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