Ancora in crescita il traffico aereo che viaggia spedito verso i livelli pre-Covid. Nonostante le compagnie aeree siano ancora fortemente indebitate, tornano ora a far profitto. Le compagnie low cost escono rafforzate dalla crisi a scapito dei vettori legacy. Secondo lo studio della società di consulenza AlixPartners, in Europa le compagnie a basso costo hanno incrementato la loro quota di mercato dal 48% pre Covid al 54%. La crescita è arrivata a scapito delle compagnie nazionali che ora rappresentano una quota del 46% mentre nel 2019 erano al 52%.



Su tutte è in grande crescita Ryanair, che esce dalla crisi con una quota del mercato europeo salita al 19% nel 2023 dal 13% pre-Covid. Bene anche Vueling e Wizz Air mentre resta stabile easyJet. Tra i vettori legacy, se si esclude Turkish Airlines che sale al 7% di quota di mercato dal 5% pre Covid, le altre sono in negativo. Lufthansa passa dal 10% al 9% mentre IAG dal 7% al 5%. Air France-KLM scende dal 6% al 5.



Così le compagnie tradizionali hanno perso punti

“Tra il 2019 e il 2023 i vettori tradizionali europei hanno perso 6 punti percentuali di quota di mercato a favore delle compagnie aeree low-cost nel traffico intra-europeo” spiega Michele Mauri, partner e managing director di AlixPartners, al Sole 24 Ore. “Ryanair che è prevista aumentare la sua quota in Europa dal 13% al 19%, è di fatto la compagnia che sta guidando questa crescita, mentre le altre low-cost mostrano andamenti più stabili”, continua l’esperto. Le compagnie tradizionali potranno recuperare però terreno con la ripresa del traffico aereo internazionale, che vedrà di conseguenza la riapertura dei voli in Cina e in generale di quelli a lungo raggio.



Il settore aereo per la prima volta dopo il Covid torna in utile e dovrebbe chiudere il 2023 con profitti netti stimanti in 9,8 miliardi di dollari: la perdita era di 3,6 miliardi del 2022 e di 137,7 miliardi del 2020. Restano, come sottolinea Il Sole 24 Ore, le incertezze legate ad un rallentamento economico globale e all’inflazione che potrebbero ridurre il reddito disponibile delle famiglie e di conseguenza la domanda di viaggi.