Si straparla continuamente di un mondo veloce e interconnesso, e sarà anche vero, se si resta nell’impalpabile sfera digitale, telematica, social. Ricordate i sette gradi di separazione che insistevano tra chiunque di noi e un chiunque dall’altra faccia della terra? Oggi quelle distanze si sono ridotte a due o tre passaggi, proprio in virtù della pervasività delle comunicazioni.
Il discorso cambia se ci si sprofonda nella realtà quotidiana, non quella aumentata a forza di chip, ma quella diminuita del nostro vivere concreto. Qui la velocità dei collegamenti è invece sempre più a rischio. Qui capita che, per la perfidia della mitica legge di Murphy (se qualcosa può andare storto, lo farà), quasi contemporaneamente una gigantesca frana, venuta giù a Freney, alta val di Susa, abbia costretto a chiusura il tunnel del Frejus, vietato ai mezzi pesanti, e alla sospensione dei relativi collegamenti ferroviari, proprio mentre si avvicina la data prevista per la chiusura del traforo del Monte Bianco, lunedì prossimo, per un cantiere da mezzo miliardo di euro, in azione per tre mesi all’anno, fino al 2041. Ma per gli scettici del Murphy pensiero, va aggiunta anche la temporanea chiusura del Gottardo, 57 chilometri di tunnel ferroviario tra Italia e Svizzera, a causa di un incidente. E come non ricordare l’imposto contingentamento dei mezzi pesanti al Brennero? Una certa angoscia d’assedio sarebbe comprensibile…
Passaggio a nord-ovest
Lo stop del Bianco (inaugurato nel ’65, percorso ogni giorno da oltre 5mila mezzi) sembra comunque essere scongiurato, vista l’entente cordiale raggiunta tra il ministro alle Infrastrutture Salvini e il suo omologo francese Clément Beaune: entrambi condividono che è meglio soprassedere alla chiusura, tanto invocata anche dal presidente della Regione Val d’Aosta, Renzo Testolin, almeno fino a quando il Frejus e l’autostrada della Maurienne in Francia non saranno riaperti al traffico dei mezzi pesanti. Anche perché con la chiusura del Bianco avrebbe dovuto essere proprio il Frejus ad assorbire almeno il 90% di quel flusso (gli altri itinerari, il Col des Montets e il Col du Petit Saint Bernard, sono spesso chiusi in inverno per le forti nevicate). Per quanto riguarda la linea ferroviaria danneggiata dalla frana, però, i tempi saranno più lunghi: per Sncf Réseaux il traffico tra Saint-Michel-de-Maurienne e Modane sarà bloccato per diverse settimane.
Riassumendo, il passaggio a nord ovest è compromesso, mentre i lavori per la Tav Torino-Lione procedono a rilento grazie ai no-Tav e ai tentennamenti da parte francese, e mentre si continua a discutere sulla seconda canna necessaria sul Bianco, un’ipotesi più cara all’Italia che alla Francia, vista anche la bilancia commerciale in gioco. L’Italia nel primo quadrimestre del 2023 ha esportato in Francia merci per 21.618 milioni di euro, ed ha importato per 15.776 milioni.
Traffico e commercio
Più che altro, in Oltralpe, è il traffico a preoccupare. Il sindaco di Chamonix, Éric Fournier, a nome di tutti i sindaci del versante francese interessato, ha chiesto per il Bianco una sospensione addirittura di un anno, perché “altri percorsi sono pericolosi e non percorribili e il valico di Ventimiglia da solo non può assorbire i flussi”. Flussi solitamente imponenti: Filiera Italia ricorda che l’arco alpino italiano ogni anno vede il transito di circa 170 milioni di tonnellate di merci, che equivalgono al 60% del nostro import-export. Tanto che secondo la territoriale piemontese di Confindustria il blocco del Bianco per tre mesi all’anno per 18 anni potrebbe arrivare a costare oltre 9 punti di Pil.
Gli effetti economici di questo improvviso isolamento a nord-ovest saranno quantificabili nel tempo. Oggi però anche sul nostro versante il traffico è l’impronta più eclatante: sull’autostrada Torino-Aosta-Bianco si formano chilometri di Tir in coda: 8-10 ore di attesa, un incubo. E non si riesce a fare previsioni sul post chiusura del traforo.
Ospitalità
Ovviamente in allarme rosso anche l’industria dell’ospitalità valdostana e piemontese. “Siamo sempre meno padroni del nostro territorio. Ci si è adattati a rendite di posizione, a vivere sugli allori, ma oggi non basta più. Adesso stiamo per affrontare la chiusura per tre mesi del traforo del Bianco, tre mesi all’anno per 18 anni, necessari anche per eliminare l’amianto riscontrato durante i lavori sull’impalcato stradale. Una chiusura che ovviamente creerà non poche difficoltà, sia sul nostro che sul versante francese” dice Marco Albarello, nato ad Aosta, allenatore di sci nordico, ex fondista italiano e dt della nazionale della stessa disciplina. “Il Piemonte ha bisogno di moderne infrastrutture per passaggi a nord-ovest più intelligenti e smart. Senza reti, l’isolamento è un forte rischio che non vogliamo correre. Le montagne sono vettori di unione, con la Francia in primis, ma affinché le Alpi siano cerniera e non barriera, servono infrastrutture, investimenti” sostiene l’Uncem (Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani).
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