Si sono concluse le indagini sulla tragedia del Natisone che lo scorso maggio ha cagionato la morte dei tre ventenni – Patrizia Cormos, Bianca Doros e Cristian Molnar – improvvisamente travolti dalla piena del fiume udinese mentre si trovavano in una piccola gita fuori porta: ad aprire l’inchiesta – ovviamente – fu la stessa Procura di Udine che fin da subito volle vederci chiaro sulla catena di eventi che ha portato alla dispersione e all’annegamento delle tre vittime del Natisone; prendendo in esame soprattutto la posizione di coloro che ricevettero la telefonata da uno dei tre ragazzi e lanciarono l’allarme ai soccorritori.
Partendo dal principio, è bene ricordare che la tragedia del Natisone risale allo scorso 31 maggio quando dal greto del fiume Patrizia Cormos telefonò alla Sala operativa regionale Fvg per lanciare l’allarme: erano le ore 13:29 e i primi soccorritori arrivarono sul luogo solamente alle 14:10 senza poter far altro che constatare che i ragazzi proprio in quel momento vennero trascinati dalla corrente annegando tragicamente; mentre per recuperare i tre corpi ci vollero diversi giorni di incessanti ricerche.
L’inchiesta sulla tragedia del Natisone: cos’è successo nei 41 minuti dalla telefonata all’arrivo dei soccorsi
Proprio attorno a qui 41 interminabili minuti si è concentrata l’inchiesta della Procura di Udine sulla tragedia del Natisone, prendendo in esame la posizione di tre operatori dei Vigli del fuoco e di un infermiere della Sala operativa sanitaria Fvg partendo dal presupposto che in quell’enorme lasso di tempo i soccorsi sarebbero potuti tranquillamente arrivare assicurando la salvezza ai tre giovani immortalati in quell’ultimo abbraccio che ricorderemo tutti perfettamente.
Secondo le indagini, i quattro indagati avrebbero commesso almeno due tragici errori: il primo sarebbe stato quello di aver dimenticato di “visualizzare immediatamente le coordinate geografiche” dalle quali arrivò la telefonata della vittima del Natisone, mentre il secondo (collegato al primo) sarebbe stato quello di avvertire l’elicottero sbagliato – venne, infatti, inviato da Venezia il mezzo ‘Drago’, mentre ‘Doppia India’ si trovava ad appena 6 minuti di volo di distanza -; ritenendo dunque la morte delle tre vittime cagionata da “condotte colpose concorrenti, per imperizia, negligenza e imprudenza” da parte dei quattro indagati.