Atroce episodio di cronaca che porta con sé echi di tragedie drammaticamente simili. Un uomo, Alberto Accastello, 40 anni, operaio della Cereal Ceretto, ormai certo della fine del matrimonio, intorno alle 4 della notte scorsa ha sparato mentre dormivano nel letto alla moglie Barbara Gargano, 38 anni, e ai suoi due figli, un bambino e una bambina di due anni. Poi ha rivolto l’arma contro sé stesso e si è ucciso. Mentre il bimbo è morto quasi subito, la bambina lotta ancora tra la vita e la morte.
Il principale di Accastello, intervistato dai giornalisti, dopo aver dato qualche informazione di circostanza ha detto di preferire non entrare nel merito: “c’è un confine personale, nel quale non mi addentro”.
E chi ha il dovere di commentare notizie come questa, per qualche secondo prova un po’ d’invidia per chi può esimersi dal riflettere su simili tragedie. Mi torna alla mente Mario Bressi, il suicida-omicida che, anche lui a causa di una crisi matrimoniale, aveva ucciso a giugno scorso i figli gemelli. Anche Bressi, come Accastello, aveva compiuto il suo scempio di notte. Viene da dire che certi delitti li puoi fare, li puoi compiere, solo di notte. Hai bisogno di non essere visto da chi stai per uccidere. Hai bisogno che non si difendano, che siano nel sonno, cioè nel loro momento di maggior debolezza, nella fase dell’innocenza più grande. Ma hai anche bisogno di non vedere te stesso mentre compi quella follia. Perché non sai più chi sei e ti sei già perso, ma non sei in grado di dirtelo.
Il principale di Accastello dice che l’operaio era come un figlio, che era una persona splendida, il dipendente che tutti i datori di lavoro vorrebbero avere. Era depresso, chiede il giornalista? E chi non lo è in questo tempo di Covid, pare dire con l’espressione del volto. “Lo sono stato anch’io”, mormora.
Infatti, in casi come questo, ciò che sconcerta maggiormente è la più assoluta normalità di chi compie l’omicidio-suicidio. Spaventa che scopriamo essere mostri uomini che sono come noi. Scopriamo che non bisogna essere sanguinari e violenti per essere in grado di uccidere moglie e figli.
Cosa avrà pensato Accastello quando, quest’estate, avrà saputo di Bressi? Il suo matrimonio era in crisi ed è probabile lo fosse già qualche mese fa. Quando aveva saputo di un papà che aveva ucciso i figli e poi si era suicidato perché il matrimonio stava andando in pezzi, si era scandalizzato? Aveva pensato “che cosa orrenda”? Si era chiesto “com’è possibile compiere un gesto del genere”? O invece aveva pensato: “una cosa del genere in certi casi, la capisco”? E se avesse pensato: potrei anche io compiere lo stesso gesto di Bressi?
Sono ipotesi, certo, ma una cosa è certa: che siamo salvati fino a quando sappiamo inorridire di ciò che è orrendo. Quando ciò che è tragico e terribile non ci sembra più così inspiegabile e delirante, vuol dire che qualcosa dentro di noi sta cominciando a cedere. E, se ci accade, non teniamocelo dentro. Parliamone con qualcuno. Un medico, un prete, un amico. Qualcuno che ci possa aiutare. Perché vuol dire che non stiamo bene e potremmo anche noi, prima o poi, compiere dei gesti così orrendi.