La disforia di genere e i cambi di “sesso” sono una questione molto seria e il dibattito cultural-mediatico spesso “banalizza” la vicenda in un mero scontro di “diritti” senza cogliere il dramma profondo in questione: la storia raccontata oggi a “La Verità” da Valentina Beoni, 29enne, elimina il tono “superficiale” e va dritta al punto. Nata femmina, a 21 anni decide di diventare trans, alla fine si pente e torna alla sua identità “originaria”: in un periodo di martellamento pubblico su identità, gender e “libertà di scelta” fuori dalla binarietà uomo-donna, quanto raccontato da Valentina, divenuta Valentino e tornata Valentino sconquassa non poco.



«Ero in prigione, che tragico errore», racconta la giovane al quotidiano dopo l’intervento a “Fuori dal coro” da Mario Giordano. «Ho sempre desiderato essere più mascolina. Mi sono identificata con il sesso maschile da quando ero piccola, e poi perché sono sempre stata attratta dalle ragazze. Non accettavo la mia omosessualità, e quindi ho deciso di fare questo percorso», spiega Valentina, residente nella provincia di Milano. A partire dai 18 anni comincia il percorso per la transizione di genere ma appena entrata si accorge di essere capitata in un tunnel da cui sembra difficile uscirvi: «Il fatto che la cura ormonale non sarebbe più finita, mi faceva sentire veramente a disagio, in prigione. Infatti c’è stato un periodo in cui non uscivo di casa, non avevo amici».



IL PENTIMENTO DEL CAMBIO DI SESSO

Così all’età di 27 anni Valentino decide di voler tornare ad essere quello che era, ovvero Valentina: ha messo di prendere gli ormoni anche se il caos della pandemia ha finora impedito a lei di sottoporsi ai trattamenti dei “detransitioners”, i trans pentiti. Il ciclo è tornato e pure un inizio di rotondità, ma per il reintegro pieno occorrerà ancora tempo: «Oggi capisco che bisogna pensarci bene prima di fare questa cosa, perché è un percorso da cui difficilmente si torna indietro; soprattutto perché certe cose ti rimangono, per esempio nel mio caso la voce bassa», spiega ancora la ragazza. A “Fuori dal coro” le è poi stato chiesto il punto forse più delicato dell’intera vicenda, ovvero cosa ad oggi le fa maggiore rabbia e delusione di tutto questo lungo e drammatico travaglio personale: «il percorso è troppo breve. Ho fatto poche sedute (con gli psicanalisti, ndr) e quindi non ho avuto neanche il tempo di capire». Un’accusa molto pesante che torna spesso negli ultimi anni nei tanti casi anche all’estero di trans pentiti della loro scelta, spesso fatta da giovanissimi (in alcuni casi anche minorenni): «la “prigione” di Valentina è purtroppo assai comune. Riguarda un gran numero di baby trans che, semplicemente, andavano seguiti e non assecondati», scrive Giuliano Guzzo su “La Verità” riferendosi al caso di Valentina come ai tanti emersi sempre di più nella letteratura scientifica in materia.

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