TRANS (PER LA LEGGE) SCOPRE DI ESSERE INCINTA DI 5 MESI DURANTE L’ULTIMA FASE DI TRANSIZIONE
Nata donna, mentre è in fase di transizione di genere scopre di essere rimasta incinta e di essere soprattutto al quinto mese di gravidanza, ormai fuori tempo massimo la possibilità per legge di poter abortire. Il caso di Marco – nome di fantasia scelto da “La Repubblica” per raccontare la storia del trans originario di Roma – ha davvero dell’incredibile e pone davanti un possibile tema tutt’altro che superficiale per il futuro delle transizioni di genere anche nel nostro Paese.
Stava per passare all’ultima fase del lungo percorso per attribuirgli nuovo genere, ovvero l’istererctomia (l’asportazione dell’utero) quando i medici sotto choc scoprono che Marco (già divenuto “maschio” per la legge italiana nei mesi scorsi) era in realtà in dolce attesa da ormai 5 mesi: le terapie ormonali erano già cominciate da mesi, dopo la mastectomia, con la crescita della barba e l’aspetto fisico sempre più simile ad un uomo. Solo che ora quel trans per il Tribunale di Roma è sia padre che madre del bimbo che nascerà: l’ingarbugliato caso in arrivo dalla Capitale, spiegano gli esperti, è raro ma non così impossibile. Secondo quanto riporta “La Repubblica”, prima dei controlli per l’intervento il giovane non si era ancora reso conto di aspettare un bambino: «In questi ultimi mesi non ha condotto una vita particolare né subito violenza. La gravidanza, – spiega ancora il quotidiano romano – sarebbe soltanto il frutto di un rapporto volontario con un uomo».
“IL BAMBINO AVRÀ PAPÀ E MAMMA NELLA STESSA PERSONA”: COSA DICE L’ESPERTA IN DISFORIA DI GENERE
Resta ora da capire cosa sceglierà di fare il trans incinta al quinto mese, se rimanere a Roma e farsi aiutare da alcune strutture disponibili già ora in quanto specializzate sia in interventi di transizione che nella ginecologia “d’emergenza”, o se andare all’estero e provare altre strade che forse potrebbero anche includere l’aborto. Dal punto di vista medico, e non solo, quel bambino si trova ora al centro di un caso con davvero pochissimi precedenti: «Ci troviamo di fronte a una nuova frontiera e non sarà facile comprenderla. Ma la transgenitorialità già esiste, in particolare negli Stati Uniti, dove i figli di maschi transgender sono ormai un discreto numero», spiega a “Rep” Matilde Vigneri, psichiatra e psicoanalista, oggi consulente dell’ambulatorio di Disforia di Genere dell’università di Palermo.
I medici di Roma hanno già spiegato che non vi è alcun motivo per un aborto terapeutico in quanto la salute della madre/padre non è in discussione e nemmeno quella del piccolo in grembo: «Se la gravidanza di Marco andrà avanti – aggiunge – per la legge Marco si ritroverà ad essere madre biologica e padre legale, madre perché partorirà un figlio, padre perché all’anagrafe ha ormai un’identità maschile», sottolinea ancora la psichiatra sull’incredibile caso della Capitale. Certo, sarà uno choc non da poco anche per quel piccolo nascere in una condizione così particolare: «La situazione di Marco costringerà però l’Italia, ben oltre i paletti politici e giuridici, a confrontarsi e anche con questa nuova forma di maternità», si dice convinta la consulente Vigneri ai colleghi di “Rep”.
Sentito da Adnkronos Salute, Andrea Lenzi, docente di endocrinologia, sottolinea che per il primo caso in Italia di trans incinta occorre innanzitutto «massima delicatezza nei confronti di una persona che sta vivendo un dramma indicibile». La disforia di genere già diagnosticata da tempo aveva dato il via al percorso di transizione tanto che ora già Marco sui documenti all’anagrafe risultava uomo: «Purtroppo è chiaro che la persona in questione – continua il docente all’Adnkronos – sia in gravissima difficoltà. Una disforia di genere è una condizione che già di per sé porta ad un’intensa e persistente sofferenza, causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal proprio sesso. In questo quadro, vicino a diventare maschio, essere in gravidanza, è una cosa di una complessità infinita». Si è di fronte, conclude Lenzi, a complessità «psicologiche che vanno tenute ben presenti, anche semplicemente nel parlare di un fatto medico. Ci vuole sensibilità, delicatezza e rispetto. La complessità di questo caso – psicologica, fisica, ormonale – richiede silenzio».