La diagnosi di “disforia di genere” era considerata una condizione rara fino a qualche anno fa. Poi, in particolare nell’ultimo decennio, è esploso il fenomeno, che si manifesta soprattutto in soggetti in età pre-adolescenziale. Un articolo del The Economist mette in luce i dati correlandoli anche ai crescenti dubbi della comunità scientifica e medica sull’intervento farmacologico che molti di questi ragazzi subiscono con effetti spesso irreversibili. Da un’indagine dell’agenzia Reuters è emerso che solo nel 2021 i numeri sono triplicati rispetto al 2017 e sono stati diagnosticati almeno 42.000 casi di “disforia sessuale che necessita di un trattamento ormonale per facilitare la transizione di genere“.



La diagnosi si basa soprattutto sull’analisi psicologica dei pazienti che rivelano “un intenso disagio” rispetto al proprio corpo sessuato. Non riconoscendosi durante la pubertà, ricorrono a cure farmacologiche ed interventi chirurgici che bloccano lo sviluppo. Come ad esempio il caso di Prisha Mosley, una ragazzina, che dopo aver dichiarato ai genitori di riconoscersi in un ragazzo ha fatto ricorso alla somministrazione di testosterone già dall’età di 17 anni. O anche Chloe Cole, ragazza con lo stesso disturbo alla quale è stata praticata la terapia ormonale che si è conclusa con una doppia mastectomia a 16 anni. Ora però come fa notare il settimanale, sono sempre di più gli specialisti, soprattutto psichiatri e pediatri che rivelano di avere forti dubbi sull’efficacia di queste cure, soprattutto ne evidenziano i rischi.



Transizione di genere, cure ormonali e bloccanti della pubertà sotto accusa

La transizione di genere e i diritti di chi soffre della sindrome da disforia, sono attualmente in primo piano soprattutto in America, dove si sta combattendo una vera e propria guerra culturale per portare il fenomeno all’attenzione dell’opinione pubblica. Ma il trattamento per questo disturbo è stato più volte messo sotto accusa da medici e ricercatori. Attualmente come rivela il settimanale The Economist, c’è molta facilità di somministrazione su richiesta di ormoni sessuali, anche in piani di cure “off-label” cioè non specificatamente approvati per tali scopi. Il risultato è spesso un cambiamento irreversibile, nel migliore dei casi, ma nei peggiori anche gravi disturbi fisici derivati dal blocco del processo di pubertà.



La stessa cura che viene data come “castrazione chimica” in alcuni stati per condannare i pedofili e stupratori è somministrata a ragazzini di 13 anni nel tentativo prima di bloccare il processo naturale dell’adolescenza e poi portare lo sviluppo inverso con dosi massiccie di ormoni femminili per i maschi e di testosterone per le femmine. Ora sono molti gli studi, anche in Europa, che si chiedono quanto siano benefici gli effetti a lungo termine di queste terapie. In Svezia si è giunti alla conclusione che l’avvio della terapia ormonale nella transizione di genere non migliora la salute mentale. E in Olanda i ricercatori hanno affermato che anche se la cura viene data per avere un tempo utile per pensare a quello che realmente si vuole, “non si può escludere la possibilità che l’avvio di bloccanti della pubertà di per sé renda gli adolescenti più propensi a continuare la transizione medica“.