Il cambiamento è già in atto. Ma non è solo quello che ci fa fare in modo diverso le stesse cose di sempre. Non spediamo più una lettera o un telegramma, ma facciamo una mail o un Whatsapp. Non sfogliamo più libri o enciclopedie, ma puntiamo direttamente su Google. Non cerchiamo una cabina telefonica, ma usiamo il nostro piccolo, ma efficacissimo smartphone.
C’è un cambiamento più profondo che sta interessando i grandi sistemi economici con conseguenze dirette sulla nostra vita quotidiana. Non è un caso se la maggiore società commerciale del mondo, Amazon, non possieda nemmeno un negozio (tranne un paio sperimentali negli Stati Uniti senza cassieri e controlli). E così la maggiore società di trasporto persone, Uber, non possiede nemmeno un’automobile. E la più grande società di informazione, Facebook, non ha alle sue dipendenze nemmeno un giornalista. Possiamo continuare con la maggiore società alberghiera, AirBnB, che non possiede nemmeno una camera. In Italia un recente sondaggio ha giudicato N26 come la migliore banca anche se è tutta online e non ha né sportelli, né filiali.
Stiamo vivendo la quarta rivoluzione industriale, una rivoluzione che coinvolge ovviamente non solo gli aspetti legati all’informatica, ma anche tutto quello che riguarda più o meno profondamente l’intero sistema economico. Cambiano i modi di produzione, cambiano le competenze, cambiano le esigenze operative, per esempio, con la necessità di proteggere l’ambiente e lottare contro i cambiamenti climatici.
Superare il “vecchio”, con sapienza e cultura, può rivelarsi una grande opportunità. Lo dimostra un grande esperto dei temi dell’innovazione come Roberto Siagri nel libro “La servitizzazione” (Ed. Guerini e associati, pagg. 184, € 19,50) che ha come significativo sottotitolo: “Dal prodotto al servizio, per un futuro sostenibile senza limiti alla crescita”.
La tesi, confortata da esempi chiari e completi, è quasi provocatoria se si pensa che da cinquant’anni, dalla pubblicazione nel 1972 del rapporto del Club di Roma intitolato proprio “I limiti dello sviluppo”, la crescita economica è messa sotto accusa. Da una parte si punta il dito contro l’uso intensivo delle risorse naturali, soprattutto delle fonti non rinnovabili come i combustibili fossili, dall’altra si elogia la decrescita, anche demografica, come soluzione ai problemi.
E invece la tecnologia, con la transizione digitale, può essere la chiave di volta per un processo che ottenga insieme una migliore qualità della vita, un più concreto rispetto dell’ambiente, una risposta ai bisogni essenziali delle persone. L’esempio dell’auto a guida autonoma è insieme avveniristico e significativo. Già ora modi nuovi dell’uso dell’automobile, con il car sharing nelle grandi città, si affiancano a modi nuovi nel lavoro, con lo smart working. Già ora l’intelligenza artificiale aiuta la ricerca medica, come ha dimostrato il rapido sviluppo dei vaccini, già ora l’Internet delle cose e l’automazione dei processi hanno migliorato in maniera sostanziale l’impegno nella produzione. “Le macchine – sottolinea Siagri – lasceranno all’umano le componenti più creative e relazionali. Le tecnologie sono infatti indispensabili per riportare l’uomo al centro in quanto portatore di creatività”.
Le opportunità sono molte, moltiplicate da una conoscenza sempre più estesa grazie all’interconnessione globale. Ma sono opportunità da cogliere – conclude Siagri – “da una nuova generazione di imprenditori che abbia grande fiducia nelle possibilità del digitale”.
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