L’ipotesi di includere nucleare e gas nella tassonomia green, l’elenco delle attività classificate dall’Unione europea come sostenibili dal punto di vista ambientale, delinea solo l’ultimo paradosso che si aggiunge ad altri aspetti contraddittori che la transizione energetica sta mettendo in evidenza.
1. Obiettivi green a somma zero – Il Green Deal europeo, varato a dicembre 2019, prevede interventi per ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 e arrivare nel 2050 a emissioni zero. Ma l’annuncio di una riduzione della domanda europea di idrocarburi, associato a un basso controllo dell’offerta, determina, da parte dei Paesi fornitori di gas e petrolio, minori investimenti, minore produzione e, conseguentemente, prezzi più elevati. Nel condurre le politiche di riduzione, l’Ue continua a mantenere un’alta dipendenza energetica dall’estero, con importazioni nette pari al 57,5% dei suoi consumi, quota che sale all’83,6% per il gas naturale e al 97% per il petrolio greggio.
2. Politiche europee poco efficaci per target globali – L’Ue si sforza di varare rigorosi interventi di riduzione dell’impatto ambientale che però, poiché scarsamente coordinati a livello mondiale (pesano i deboli accordi raggiunti dalla Cop26 di Glasgow), finiscono col pesare poco: l’Unione europea, infatti, emette solo il 7,9% delle emissioni di gas serra, circa un quarto del 30,7% della Cina e poco meno della metà del 13,8% degli Stati Uniti.
3. Ripresa e competitività a rischio con il boom dei prezzi decisi fuori dall’Ue – Dall’annuncio della politica verde dell’Unione, il prezzo del gas naturale in Europa è salito del 709% mentre l’aumento del gas negli Stati Uniti si è fermato al 64%. Nei primi 10 mesi del 2021, la bolletta energetica dell’Ue è salita di 53,9 miliardi di euro rispetto a un anno prima, depotenziando la ripresa in atto. L’Italia segna il più marcato peggioramento tra i 27 Paesi Ue, con 11,6 miliardi di euro di maggiori importazioni nette, sopravanzando i 10,1 miliardi della Francia, i 7,5 miliardi della Germania e i 6,8 miliardi della Spagna. Lo shock energetico in corso aggrava il gap di competitività delle imprese italiane, che pagano il secondo prezzo più alto nell’Unione per l’energia elettrica e un prezzo del gasolio auto superiore del 6% alla media europea.
4. Transizione verso l’auto elettrica, tra maggiori costi e crollo della produzione – La produzione di energia da fonti rinnovabili e di auto elettriche stanno generando tensioni sulla domanda e sui prezzi di “minerali critici” quali rame, litio, nickel, manganese, cobalto, zinco e terre rare. In parallelo, salgono i costi degli input produttivi mentre crolla la produzione di autoveicoli. Nel 2021 le quotazioni delle materie prime no-energy superano del 36,2% quelle del 2019. Nello stesso arco di tempo, il valore della produzione automobilistica nell’Unione europea è diminuito di 232 miliardi di euro, pari al 39% in meno: mancano all’appello 121,3 miliardi di euro in Germania, 19,9 miliardi in Francia, 10,5 miliardi in Spagna e 5,9 miliardi in Italia.
5. Sale l’uso del carbone – Nel mondo il carbone rappresenta il 27,2% dei consumi di energia primaria – la seconda fonte dopo il 31,3% del petrolio – e 4,8 volte il 5,7% della quota delle fonti rinnovabili. Nonostante gli obiettivi green impongano la riduzione del consumo della fonte fossile più inquinante, il deragliamento del prezzo del gas ha contribuito, nei primi dieci mesi del 2021, a incrementi a doppia cifra della produzione di energia elettrica con il carbone: +21,0% rispetto all’anno precedente nell’Unione europea a 27, con +27,1% in Germania e +17,8% in Polonia, i due Paesi che concentrano il 70,1% dell’elettricità prodotta con il carbone nell’Unione.
6. Elettricità ad alta dipendenza dal gas – Il crescente utilizzo di auto elettriche genera una indiretta domanda di idrocarburi, in particolar modo in Italia, dove la produzione di elettricità dipende per il 47,7% dal gas, quota più che doppia del 20,1% della media dell’Unione europea. L’escalation della quotazioni del gas europeo si è traslata sul mercato elettrico, con il prezzo di riferimento della borsa elettrica (PUN, Prezzo Unico Nazionale) che dal varo del Green Deal a gennaio 2021 si è moltiplicato per 4,9 volte, con effetti pesanti, spesso drammatici, sui costi di produzione delle imprese.
7- Gas: sale la concentrazione dei fornitori e la dipendenza dalla Russia – Lo scorso 13 gennaio l’Ue proroga fino al 31 luglio 2022 le sanzioni economiche alla Russia – che originano dalla guerra del 2014 – in risposta alla situazione in Ucraina. Tuttavia, si osserva anche che, tra il 2013 e il 2019, la quota di importazione di gas dalla Russia sale di 0,9 punti percentuali. Per l’Italia aumenta la concentrazione dei fornitori di gas e sale la dipendenza dalla Russia. La quota dei primi tre Paesi da cui importiamo gas è passata dal 71% del 2019 all’87% del 2021, con il peso della Russia che sale dal 41% al 45%.
8. Dipendenza dal “tubo”, pochi i benefici della concorrenza del gas liquefatto – Le importazioni di gas liquefatto diretto ai terminali di rigassificazione – con punti di ingresso a Panigaglia in provincia della Spezia, a Cavarzere in provincia di Rovigo e a Livorno – permette di diversificare le forniture rispetto a quelle trasportate dai gasdotti, favorendo la concorrenza e calmierando i prezzi di acquisto. Nei primi undici mesi del 2021 la quota di gas liquefatto è scesa al 14% delle importazioni, ben 5,6 punti in meno rispetto al 19,6% del corrispondente periodo del 2019.
9. “Chi inquina paga”, ma solo sulla carta
I principi generali della politica ambientale europea, a cui si dovrebbero conformare gli interventi fiscali del Green Deal prevedono una tassazione basata sul principio “chi inquina paga”. Alla prova dei fatti, però, tale principio risulta ampiamente disatteso. Nel 2020 la tassazione ambientale nostro Paese è del 3,0% del Pil, di 0,8 punti superiore al 2,2% della media Ue, uno spread che vale 13,2 miliardi di extra-prelievo. L’Italia, con questo livello di tassazione green, si colloca al 6° posto tra i 27 paesi dell’Unione europea, tuttavia si posiziona al 18° posto per emissioni di CO2 per abitante. Nel confronto tra le due maggiori economie manifatturiere europee, l’Italia registra un’intensità di emissioni del 28,7% inferiori a quelle della Germania a fronte di una tassazione ambientale superiore del 77,8% (1,3 punti di Pil in più rispetto all’1,7% della Germania).
10- Solare, la Spagna sorpassa l’Italia – Negli ultimi cinque anni famiglie e imprese hanno pagato in bolletta elettrica 61,0 miliardi di euro di oneri di sistema per incentivare la produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Nonostante l’ingente finanziamento, la quota di energia elettrica prodotta con il solare in Italia è risultata poco dinamica (+0,5 punti tra il 2017 e il 2021). Nello stesso periodo la Spagna, collocata nella fascia meridionale europea e omogenea per irraggiamento solare, registra un aumento della quota di produzione elettrica da solare di 5,0 punti percentuali. In relazione ai differenti sentieri di crescita, nell’estate del 2021 la Spagna sorpassa (+6,8% nel trimestre luglio-settembre), per la prima volta, l’Italia per elettricità prodotta con il sole.
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