Il passaggio alle auto elettriche è complesso e non mancano difficoltà. Ma è un’opportunità per realizzare qualcosa di totalmente nuovo, che apre scenari diversi anche in termini di welfare e sanità. Il passaggio a vetture che non emettono anidride carbonica e particolato significherà una piccola rivoluzione industriale ma anche un risparmio notevole per la cura delle patologie polmonari che l’inquinamento causa.
Per Giuseppe Ranalli, imprenditore della Tecnomatic spa, azienda che lavora per il settore automotive, presidente del Polo Automotive dell’Abruzzo, la transizione ecologica non può essere giudicata con criteri ideologici: basta immaginare il futuro e cercare di sfruttare le possibilità di sviluppo. Anche la Commissione europea, che ha bloccato dal 2035 la produzione di auto con motore endotermico, ha posto male il problema: l’industria automobilistica aveva già virato da sè verso la soluzione delle auto elettriche.
Il tema della transizione ecologica è stato centrale nella politica della Commissione europea. Ma il dibattito su questo argomento si sta sviluppando nella direzione giusta?
La discussione sul tema finora è ridicola, inquinata da impostazioni ideologiche: non c’è onestà intellettuale, né tra chi vede l’elettrico come panacea di tutto, né tra i detrattori dell’elettrico. Non si parte mai dai dati, dalla conoscenza. La mia azienda ha investito tanto sull’elettrico: stiamo lavorando anche su tutta la componentistica che sta portando l’elettrificazione. Abbiamo sviluppato brevetti sulle power unit e sulla tecnologia dei motori avvolti con delle barre di rame che oggi si stanno imponendo dal punto di vista tecnologico. Detto questo non aveva senso che la Ue mettesse fuori produzione il motore endotermico: le case automobilistiche avevano già switchato. Hanno creato una polemica inutile.
Ma il settore automotive italiano può essere messo a rischio dalla transizione?
Guardando gli studi del professor Calabresi e del professor Bubbico della Ca’ Foscari, su 2400 aziende che fanno componentistica auto solo 93 vengono parzialmente messe a rischio con l’elettrificazione. Imprese che, però, hanno il tempo di riqualificarsi. A me nessuno ha detto di fare certe cose tredici anni fa, ho cercato di leggere la realtà e ho pensato che quella dell’elettrico sarebbe stata una strada inesorabile.
Quindi tutto il dibattito scatenato dalle decisioni della Commissione europea è per una scelta che in realtà le aziende automobilistiche hanno già fatto?
Le case automobilistiche si sono accorte che con l’elettrico fanno profitto, con l’ibrido no. Una macchina ibrida ha l’architettura elettrica ed endotermica, questo sovraccosto il consumatore non è disposto a riconoscerlo. Toyota, che ha fatto solo ibrido, ha profitti quasi inesistenti. La decisione di switchare le case automobilistiche l’hanno presa prima del Covid, poi hanno cavalcato il Covid per farsi dare i fondi del Pnrr e hanno capito che è cambiato il concept dell’auto. Nei giovani è cambiata l’idea di proprietà del bene: serve solo un mezzo per spostarsi. I produttori hanno accettato che si produrranno meno auto, anche se a più alto valore aggiunto, perché c’è tanto infotainment in queste vetture, c’è tanta connessione.
Quali ricadute avrà il passaggio all’elettrico, oltre a quelle industriali?
Il contributo che darà l’elettrico all’abbassamento dei costi del welfare, dei costi sanitari in generale, non riguarda tanto l’anidride carbonica emessa: in Europa ne produciamo l’1%, però siamo il 7% della popolazione mondiale che si mangia il 53% del welfare. Ma chi ci porterà a spasso se il trend è che diventiamo anziani in buona salute, sempre più vecchi, e non facciamo figli? La macchina a guida autonoma. Cosa comporterà quando tutte le macchine saranno così? Che si azzereranno gli incidenti o caleranno drasticamente, quindi che ci sarà meno spesa sanitaria. Il badante sarà il robot umanoide: se non facciamo più figli non possiamo credere che tra un po’ di anni metà del continente farà da badante all’altra metà.
Ci saranno conseguenze anche per la spesa sanitaria?
Il diesel inquina meno della benzina verde. E anche se quest’ultima genera dei particolati che sono devastanti, se la sono presa con il motore diesel: un problema di lobby. Il vero problema non è la produzione di CO2: il particolato solo in Italia genera 2 milioni 400mila malati cronici polmonari, con un costo sanitario devastante. È uno degli spunti forniti dall’Unione europea, che io frequento come presidente del Polo Automotive Abruzzo: rompe le scatole su altri aspetti ma ha fatto studi favolosi sugli scenari legati all’auto elettrica.
Il passaggio all’elettrico, però, pone il problema dello smaltimento delle batterie. Non è così?
Bisogna sfatare dei luoghi comuni: il Cnr ha realizzato batterie al sale, al sodio. Funzionano, ci sono aziende che hanno cominciato a produrle. Il futuro, comunque, non è della batteria, ma del fuel cell, la cella combustile a idrogeno che accumula come la batteria però è una fonte rinnovabile. Io sto già producendo gli e-compressor e gli inverter per le fuel cell: l’idrogeno deve essere compresso ci vuole sempre un compressore elettrico. Sono altre opportunità di prodotti nuovi: con l’elettrico si riduce il numero dei componenti, ma nei prossimi anni ci sarà bisogno di una quantità di infrastrutture pazzesche per elettrificare.
E le batterie non sono un problema?
Una batteria al litio della Tesla a fine esercizio ha un rendimento inferiore del 15% rispetto a quando ha iniziato. Se faccio i silos multilevel e uso quelle batterie come accumulatori le posso utilizzare per 40 anni. Avremo bisogno di piani di accumulo perché con l’elettrificazione dovremo modificare la nostra rete: le macchine saranno depositi di corrente che possono prendere e restituire, sarà un sistema grid aperto. Questo vediamo noi ogni giorno: ci sono grandi opportunità di sviluppo, ma nessuno ne parla. Le batterie saranno riutilizzate come campi di accumulo dopo di che si passerà alle fonti rinnovabili, alle fuel cell.
Prima o poi non dovremo smaltirle?
Un giorno dovremo smaltirle, ma intanto per 40 anni le potremo usare. Ma perché, oggi il problema di smaltire la macchina non c’è? La macchina elettrica rende conveniente l’attuazione dell’economia circolare, bisogna creare hub di disassemblaggio per il recupero di materiali e il ricondizionamento. Poi è chiaro che un sistema perfetto non si trova. In Abruzzo abbiamo convinto Stellantis a dialogare con le istituzioni nazionali e regionali per avviare un hub dell’economia circolare per il Ducato. Se parte la Honda lo vorrà fare anche per le due ruote. Certo, per fare economia circolare bisogna progettare i prodotti ab origine per essere disassemblati velocemente. Oggi un’Audi A6 la monti in sei ore, ma per smontarla non bastano due settimane. L’economia circolare nell’automotive creerà molti più posti di lavoro di quelli che perdiamo non producendo più componenti per i motori endotermici.
Ma anche il pericolo che la Cina invada il mercato con le sue macchine e ci condizioni dal punto di vista delle materie prime non c’è?
Oggi la più grande miniera di materie prime sono i prodotti industriali esistenti.
Il nostro settore automotive, quindi, non ha un futuro nero, semplicemente si deve riconvertire?
Il futuro è nero per chi lo vede tale. Non ti regala niente nessuno, ma è un momento in cui si possono fare anche cose incredibili.
Uno dei problemi del passaggio all’elettrico è quello del costo delle auto elettriche. Si può superare anche questo problema?
Ho sentito tante volte dire che la Byd (azienda automobilistica cinese ndr) ci sta inondando con macchine elettriche a basso costo. Quelle sul mercato italiano competono con i prezzi Tesla. È chiaro che più se ne produrranno e più i prezzi si abbasseranno.
Quindi cosa bisogna fare per governare al meglio la transizione?
L’essere umano è in perenne transizione: non bisogna spaventarsi di fronte al cambiamento ma cercare di coglierne gli aspetti positivi.
Ma i motori endotermici, la cui produzione in Europa sarà bloccata dal 2035, verranno ancora utilizzati?
Nelle altre parti del mondo sicuramente, in Europa vedremo. Tanto queste sono selezioni che farà il mercato. Secondo me il mercato i motori a scoppio li esclude prima del 2035. Il vero tema è rendere la macchina elettrica accessibile, dobbiamo fare in modo che non se la possano comprare solo le persone ricche. La Cina non ha il primato tecnologico, ma dei volumi che produce e delle materie prime. Sulle materie prime si risponde con la ricerca. Tra due anni per le case automobilistiche sarà obbligatorio, una volta utilizzata, riprendersi la macchina e smantellarla, se i cinesi vorranno vendere macchine low cost in Europa dovranno creare hub per disassemblarle. E non credo che il governo cinese potrà finanziare le sue aziende a vita: è straindebitato. Io vendo impianti in Cina. Con le case automobilistiche ci lavoro tanto: la tecnologia è tutta europea. Le materie prime le hanno, quelle sì.
(Paolo Rossetti)
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