La guerra in Ucraina resta una ferita aperta per tutta l’Europa. Lo scenario del conflitto, ancora irrisolto, si sta complicando sempre di più. La Russia, presente in Transnistria con soldati rimasti come peacekeepers dopo la guerra con la Moldavia di inizio anni 90, risponde all’appello di aiuto dell’autoproclamata repubblica e lo fa per giustificare anche ciò che è successo nel Donetsk e nel Luhansk. Contemporaneamente, vede arrivare da Occidente la minaccia dell’invio in Ucraina di truppe o di armi più potenti.



Uno scenario, osserva Fabio Mini, generale già capo di stato maggiore della NATO per il Sud Europa e comandante delle operazioni di pace NATO in Kosovo, al quale Mosca, impossibilitata a sostenere il confronto con armi convenzionali, risponderebbe con armi nucleari tattiche. Non per niente, il tema del nucleare è tornato d’attualità, con i russi che hanno ideato addirittura un simulatore di esplosione nucleare per addestrarsi.



In tutto questo, Ursula Von der Leyen sprona l’Europa sulla spesa bellica, proponendo come modello quello degli appalti unici per i vaccini. Ma non si capisce se vuole costruire un’opportunità per l’industria bellica europea o se i Paesi UE continueranno a comprare tutto dagli USA, come è successo finora.

L’Europa, insomma, non si sa bene ancora dove vada. E anche gli accordi bilaterali con l’Ucraina, stretti da alcuni Paesi che si sono mossi autonomamente, lo dimostrano: di fatto sono un atto di belligeranza contro la Russia. Intanto, Putin ricorda che le armi russe possono arrivare in Europa, ma che non ha intenzione di attaccarla.



La Transnistria chiede aiuto alla Russia per far fronte alle “pressioni” della Moldavia. Mosca ha già risposto che è una priorità del Cremlino. Una mossa dei russi per giustificare la loro presenza nella repubblica autoproclamata?

Probabile che sia così. C’è però un corollario che non è da poco: la Transnistria ha uno status internazionale che non è riconosciuto. Ufficialmente, la presenza militare russa è giustificata come operazione di stabilizzazione, di peacekeeping, un po’ come quelle che si sono verificate a suo tempo in Abkhazia e in Ossezia del Sud. Una situazione ibrida, che USA e l’Occidente non riconoscono, ma che le Nazioni Unite hanno previsto come possibilità. La Transnistria si è autoproclamata indipendente, la sua situazione rientra nel quadro che comprende Donetsk e Luhansk, anch’esse autoproclamatesi repubbliche autonome: due regioni che hanno chiesto aiuto alla Russia prima dell’invasione dell’Ucraina. Credo che Mosca stia cercando di avvalorare e rendere internazionalmente accettabile quello che ha già fatto in Ucraina. Gli esempi internazionali per giustificare questo atteggiamento non mancano: la NATO è intervenuta in Kosovo per aiutare un Paese che si voleva autodeterminare.

I russi si fermano qui? Secondo qualcuno, la Moldavia potrebbe essere un altro fronte di invasione modello Ucraina. È così?

Questo lo dicono gli ucraini da sempre. Ma pensano alla Russia fuori dalla Transnistria perché in realtà la vogliono loro.

La presidente della Commissione europea Von der Leyen ha invitato l’Europa a produrre più armi e a farlo con lo stesso sistema dei vaccini, ottimizzando le spese con appalti comuni. Qual è il senso di questo appello, prepararsi a un eventuale sganciamento dalla NATO degli USA o comunque a un loro disimpegno come fatto balenare da Trump?

In Europa ci sono un sacco di timori che con Trump o con un governo meno favorevole a spendere, gli USA mollino un po’ l’Ucraina e la sua ricostruzione e che quindi riducano, in generale, l’afflusso di armi. L’Europa è già in sofferenza per le forniture belliche e lo è perché ogni Paese fa accordi bilaterali con le industrie americane. L’idea della Von der Leyen, che in questo interpreta i desideri delle aziende tedesche, potrebbe essere di sostenere l’Ucraina o rafforzare la difesa europea con risorse investite nel continente e non che tornino agli americani. Adesso tutto quello che spendiamo lo diamo agli Stati Uniti.

Cioè, cosa succede?

I carri armati che mandiamo in Ucraina, che molte volte non sono gran che, poi dobbiamo rimpiazzarli. E per farlo ci rivolgiamo agli americani. L’invito della Von der Leyen è interessante anche perché è un avvertimento a tutti quei Paesi e industrie che oggi stanno facendo accordi a senso unico con l’Ucraina e con gli USA.

Quindi è un invito rivolto anche a quei Paesi come Francia, Italia e Germania, che hanno firmato patti bilaterali con Kiev?

Sì. È un appello a non fare i cani sciolti. Intendiamoci, l’iniziativa della Von der Leyen serve a prendere le misure, perché poi sarà difficile che le industrie USA non si facciano sentire: cercheranno comunque di imporre i loro interessi industriali all’Europa. Mi viene solo un pensiero negativo: che la presidente della Commissione UE finisca semplicemente per promettere agli americani che l’impegno ad acquistare da loro verrà preso da tutta l’Europa e non più dai singoli Paesi europei…

Quindi non è del tutto detto che sia una mossa a favore dell’industria bellica europea: i Paesi UE potrebbero continuare a comprare dagli USA facendo economia con appalti unici?

Esatto. L’economia di scala si fa in questa maniera, ma il beneficiario potrebbe non essere l’industria europea, ma comunque quella americana. Quello della Von der Leyen è un intento per certi versi ambiguo: potrebbe essere utilizzato per sviluppare l’industria bellica UE o per dire agli USA che resta tutto come prima, ma gli appalti si fanno in comune.

Il Financial Times ha svelato alcune carte segrete sulle regole di ingaggio delle armi nucleari tattiche da parte dei russi. Nel contempo, il Cremlino avrebbe ideato una sorta di simulatore di esplosione nucleare per addestrare le truppe. Come mai le armi nucleari tornano a guadagnare la scena?

Tutti quanti fanno finta che l’uso del nucleare non venga preso in considerazione. Ma è un argomento che ha tirato fuori Zelensky quando ha cominciato a parlare del bluff nucleare russo. Invece, l’opzione nucleare non solo è all’ordine del giorno, ma è la naturale conseguenza di un’eventuale escalation militare. Qualcuno come Macron pensa che si debba mandare delle truppe occidentali in Ucraina, mentre la NATO nega questa possibilità. Sì, ma si possono mandare gli aerei, i missili, i droni. In questo caso, per i russi l’opzione nucleare tattica è una conseguenza quasi automatica.

Se l’Occidente dovesse alzare il livello dello scontro, i russi userebbero le armi tattiche nucleari?

Assolutamente sì. Di fronte allo schieramento dei Paesi della NATO che con accordi bilaterali con l’Ucraina si fanno interlocutori della Russia in questa guerra, Mosca, nel caso di intervento occidentale, risponderebbe nell’unico modo che può. Dal punto di vista delle armi convenzionali, considerando la potenzialità delle forze europee, a partire dalla Gran Bretagna e dalla Francia (e non dimenticando l’appoggio degli USA), si definirebbe una situazione che i russi non possono affrontare con i carri armati che hanno usato per l’invasione dell’Ucraina.

Gli accordi bilaterali con l’Ucraina, quindi, hanno cambiato le carte in tavola?

Sono ridondanti, riaffermano principi già ribaditi a livello di governi e di NATO e forse sono stati un modo per tranquillizzare Zelensky in un momento di difficoltà. Quello che non si considera, però, è che con questi accordi si forma uno schieramento contro la Russia. E siccome si tratta di dare armi e capacità all’Ucraina, è un atto di belligeranza. Si è sottovalutata la portata di queste intese.

(Paolo Rossetti)

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