Durante lo speciale Inside del programma Le Iene in onda questa sera su Italia 1 si parlerà – tra le altre cose, con un approfondimento posto sulla sanità – dell’innovativo e spesso ignorato trapianto di microbiota intestinale che è già stato approvato come possibile cura per le infezioni del superbattorio Clostridioides difficile e che attualmente sta venendo testato per tutta una serie di patologie intestinali gravi che si estendono – addirittura – fino ai tumori: qui cercheremo di capire nel dettaglio cosa sia e come funzioni il trapianto di microbiota intestinale, oltre a soffermarci sulle ipotetiche terapie al vaglio dei ricercatori.



Per farlo – però – è ovviamente necessario partire dal principio soffermandoci sul citato microbiota intestinale: si tratta di fatto della ricchissima flora di batteri buoni che vivono stabilmente nell’intestino di ognuno di noi e che sono generalmente visti come specchio dello stato di salute di una persona; oltre ad essere collegati a tutta una serie di malattie e scompensi nel caso in cui da ‘buoni’ quei batteri diventino ‘cattivi’ a causa di abitudini scorrette collegate all’alimentazione e allo stile di vita.



Cos’è il trapianto di microbiota intestinale e a cosa serve: una possibile cura per i tumori?

Capito questo, sarà più semplice comprendere cosa sia il trapianto di microbiota intestinale, ma in ogni caso vale la pena precisare che la sua raccolta non avviene – come per esempio nel caso del sangue – tramite una semplice siringa, ma con la conservazione e depurazione delle feci di un donatore sano: un aspetto questo che rende difficile la raccolta su grande scala dato che (innanzitutto) i donatori sono pochi e (secondariamente) e difficile ottenere campioni di feci che possano considerarsi veramente sane o che contengano gli effettivi batteri necessari per la terapia che si sta mettendo a punto.



Il trapianto di macrobiota intestinale così raccolto – poi – avviene attraverso una sonda o un clistere raggiungendo l’intestino del paziente e contribuendo alla rinascita della sua flora batterica buona: come anticipavamo prima, attualmente il trapianto si usa soprattutto per combattere le infezioni da Clostridioides difficile con un tasso di successo che supera il 90% rispetto al 60 garantito dagli antibiotici di seconda linea; ma l’aspetto più interessante è che si stanno studiando anche i possibili effetti positivi – già ampiamente riscontrati, ma su bassi numeri di pazienti – per le malattie intestinali croniche, la sclerosi multipla, l’autismo e tumori come il melanoma, quello intestinale e quello polmonare.