Siamo di fronte alla settima rivoluzione, quella che, insieme alla mobilità, cambierà anche il modo di vivere delle nostre città e il mondo del lavoro e dell’economia. Una rivoluzione fondata su tre pilastri: la decarbonizzazione, l’intelligenza artificiale e la smart mobility. Lo scenario che disegna Ennio Cascetta, professore ordinario di Pianificazione dei sistemi di trasporto all’Università Mercatorum e al MIT di Boston, nonché presidente del Cluster tecnologico dei trasporti (autore del libro “Diario di un viaggio nei trasporti e non solo”, Rubettino, 2024), è quello di una mobilità sempre più autonoma, in cui l’uomo, come conducente della propria auto o di altri mezzi di trasporto, sarà sempre meno protagonista, sostituito da sistemi in grado di organizzarsi e funzionare da soli. Siamo, insomma, nel bel mezzo di un cambiamento epocale, anche se non tutti sono consapevoli dell’importanza del momento, in primis la politica, che manca di visione e attenzione per innovazioni che cambieranno radicalmente il nostro modo di vivere.
Professore, quale sarà la mobilità del futuro? A quale modello ci stiamo avvicinando?
Nella storia dell’umanità si possono contare, fino a questo momento, sei rivoluzioni nel campo della mobilità. La prima è stata quella che ha portato a usare una forza diversa da quella delle gambe, ricorrendo alle trazioni animali; la seconda, la vela; e la terza, la ruota. Queste prime tre rivoluzioni hanno accompagnato tutto lo sviluppo delle civiltà: dal 5000 a.C. al 1800, dai faraoni a Napoleone, l’uomo si è mosso con cavalli, carri e navi a vela. A inizio ’800 c’è stata la quarta rivoluzione, quella della macchina a vapore e della ferrovia; un secolo dopo, il motore a combustione interna con l’arrivo di auto, autobus e aerei. La sesta rivoluzione si è verificata nel dopoguerra ed è quella della logistica dei container, che hanno ridotto di dieci volte il costo del trasporto marittimo, consentendo la globalizzazione dell’economia.
Oggi, quindi, siamo di fronte alla settima rivoluzione?
Il futuro dei trasporti ci porterà alla settima rivoluzione, guidata da tre grandi innovazioni tecnologiche. La prima è la decarbonizzazione dei trasporti. Negli ultimi 200 anni tutto si è mosso grazie a combustibili fossili, carbone e petrolio, che hanno prodotto problemi in termini di emissioni di CO2. Ora dobbiamo abbandonarli a favore dell’elettrico, dell’idrogeno e dei biocarburanti. Stiamo sperimentando molti motori e combustibili innovativi. Il secondo driver, invece, è l’intelligenza artificiale applicata alla guida dei veicoli, ovvero la guida autonoma.
Questa seconda grande innovazione cosa comporterà?
In tutta la storia dell’umanità c’è stato qualcuno che guidava auto, treni, navi, aerei. Ora tutti gli esperti sono concordi nel dire che, decennio prima o decennio dopo, i veicoli si guideranno da soli. Oggi le nostre auto sono in grado di tenere una corsia in autostrada o di parcheggiare da sole, ma sono solo assaggi di vetture che faranno tutto da sole. Ci sono cinque livelli di autonomia. In questo momento siamo nei primi due, in cui alcune funzioni sono automatiche, anche se c’è sempre un autista che guida. Nel terzo livello, in alcuni contesti, il conducente può anche non guidare, pur dovendo essere pronto a prendere il controllo del mezzo se necessario: negli USA Tesla e altre case automobilistiche già producono auto di questo genere.
Verso che tipo di auto ci stiamo evolvendo?
C’è un livello 4 in cui il conducente può prendere il controllo dell’auto quando vuole, ma ci sono interi sistemi per cui può anche non guidare. Faccio riferimento ai robot taxi di San Francisco: se vengono chiamati, arrivano in un tempo determinato, ma quando si sale sulla macchina, il posto di guida è vuoto. Il livello 5 sarà quello in cui l’auto non avrà bisogno di volante, freno o acceleratore: sarà una capsula autonoma, con effetti clamorosi sul trasporto anche in termini di sicurezza, dato che il 90% degli incidenti ora è dovuto a errori umani.
Ma noi siamo già dentro questa rivoluzione?
La linea 4 della metropolitana di Milano, appena inaugurata, è l’espressione più avanzata di guida autonoma nel trasporto ferroviario: non c’è nessun essere umano in tutto il sistema. E non parlo solo di chi guida. Questa seconda innovazione, insomma, sostituisce i sensi e il cervello dell’uomo con logiche e calcoli automatici. Parliamo di intelligenza artificiale, di sensori molto avanzati, radar, laser e telecamere.
Qual è, invece, la terza innovazione su cui si basa la settima rivoluzione?
È la smart mobility: tutte le forme di servizi innovativi per la mobilità prodotti grazie alla disponibilità di internet e degli smartphone. Siamo nel pieno della trasformazione. Ascoltavo in questi giorni una canzone degli 883 in cui i ragazzi si lamentavano di non essere riusciti a raggiungere una festa perché si erano persi. Oggi questo non può succedere: abbiamo un sistema di satelliti che ci localizza e ci indica il percorso meno congestionato. Tutta la mobilità sharing si basa sul fatto che, attraverso l’ICT, siamo in grado di localizzare le persone e un veicolo, nonché di pagare un servizio. Paghiamo già trasporto pubblico e autostrade con lo smartphone.
Tutto questo che quadro compone per il futuro?
Cosa succederà alla fine di questa transizione è difficile immaginarlo. Gli autisti di autobus e treni cambieranno lavoro, ma non spariranno: nei sistemi a guida autonoma non c’è nessuno a bordo, ma ci sono sale di controllo in cui si segue il funzionamento da remoto. Cambieranno i servizi, ma anche l’industria dell’auto.
In questo campo cosa succederà?
Si andrà verso un modello per cui i veicoli saranno sempre meno di proprietà e sempre più usati. Oggi abbiamo auto ferme per il 95% del tempo, parcheggiate. In un mondo prossimo, quando avrò bisogno di un veicolo individuale, lo prenoterò, lo userò e poi lo lascerò a un altro cliente o in un parcheggio. Diminuirà il numero delle auto in circolazione e saranno molto più usate. La vita media di una vettura sarà di uno o due anni. Finora abbiamo acquistato le macchine in base alla linea, al comfort, alla potenza; d’ora in poi lo faremo tenendo sempre più conto della qualità dei sistemi di automazione.
Ma questa rivoluzione come possiamo guidarla? Come possiamo affrontarla in termini di pianificazione?
Come tutte le rivoluzioni, in gran parte la subiremo: cambieranno mercato e prodotti e ci daranno opportunità che oggi non abbiamo. Immaginiamo, per esempio, cosa significhi muoversi autonomamente per le persone che non possono o non vogliono più guidare. Già oggi molti ragazzi non vogliono prendere la patente. In futuro non la prenderà più nessuno o solo un gruppo di appassionati che vorrà continuare a guidare, come oggi c’è chi vuole continuare ad andare a cavallo.
Quindi cosa si può fare?
Dobbiamo cercare di massimizzare i benefici e minimizzare i danni. Se ci sarà una grande riconversione industriale, sarà bene saperlo prima e non arrivare al luddismo. Dovrà essere la politica a guidare questo cambiamento, anche se ho l’impressione che non abbia una visione piena di quello che sta succedendo. E non parlo solo della politica italiana. La guida autonoma, la decarbonizzazione e la smart mobility non sono mondi separati, ma pezzi di un unico grande processo, che va visto nel suo insieme. Pensiamo a quanti metri quadrati nelle città sono adibiti a parcheggio: probabilmente in futuro non serviranno più o ne servirà solo il 10%. Stiamo cominciando a pensare a come saranno le città dopo questa rivoluzione?
Nella gestione di questa nuova mobilità quanto contano i big data?
Già oggi sistemi come Google maps si basano su questi dati: molti servizi si fondano sull’analisi di una grande quantità di dati. In futuro sarà sempre di più così. Mi immagino un trasporto pubblico che non funziona più per linee come oggi, ma con sistemi flessibili, che sulla base della struttura della domanda, così come è espressa dai big data, offrono un servizio alle persone che si prenotano. Si tratta di dati che saranno sempre più utilizzati sia dai gestori dei servizi che dai singoli cittadini per prendere le proprie decisioni in merito alla mobilità.
Saranno un aspetto fondamentale della mobilità del futuro?
Digitalizzazione vuol dire avere a disposizione una grande quantità di dati. La guida autonoma e la smart mobility si basano sui dati e sulla capacità di elaborarli in tempi brevi.
(Paolo Rossetti)
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