Un nuovo anno in rosso e ulteriori licenziamenti in arrivo. Il piano industriale di Alitalia, illustrato oggi ai sindacati, prevede 690 nuovi esuberi e un risparmio di circa 30 milioni di euro. Nello specifico, la stangata coinvolgerà 90 addetti dell’area manutenzione, 300 tra gli assistenti di volo e altri 300 tra il personale di terra. Dai sindacati è però giunta un’unanime opposizione: la proposta dell’azienda è stata “rimandata al mittente – ha fatto sapere il segretario generale della Fit-Cisl, Giovanni Luciano – La trattativa è iniziata ed è stata data la disponibilità da entrambe le parti a riprendere l’incontro già la prossima settimana per andare fino in fondo e arrivare ad una soluzione che possa evitare ulteriori riduzioni”. Il nuovo incontro potrebbe avvenire già lunedì prossimo alle ore 15. In attesa di sviluppi, IlSussidiario.net fa il punto della situazione con il giornalista Gianni Dragoni, inviato de Il Sole 24 Ore. 



Come giudica i recenti tagli annunciati? 

L’ulteriore ridimensionamento non fa altro che confermare la difficile situazione in cui versa Alitalia, un’azienda perennemente in rosso che ha visto sfumare solo nel primo semestre di quest’anno ben 201 milioni di euro e la cui perdita aumenterà ancora alla fine dell’anno.



Bisogna dire che anche le altre compagnie non se la passano benissimo.

Certo, la crisi morde e sono tante le compagnie che in questo periodo stanno puntando anche sulla riduzione di personale, come hanno recentemente annunciato, per esempio, Air France-Klm e Lufthansa. Ma la differenza sostanziale è che Alitalia si inserisce in un quadro di continuo ridimensionamento fin da quando è partita nel 2009: bilanci costantemente in rosso, tagli continui, zero crescita e un patrimonio netto ormai in esaurimento. Per questo gli esuberi annunciati non fanno pensare a una mossa rivolta a una crescita futura, ma solamente a un’azienda in forte difficoltà.



Come vede l’ipotesi fusione con Air France-Klm?

L’ipotesi Air France-Klm potrebbe farsi realmente concreta nel momento in cui vi fosse un aumento di capitale, cosa che ritengo improbabile prima del 2013, oppure nel caso in cui i soci italiani decidano di vendere la compagnia, ma anche questo potrà avvenire solamente a partire dal 13 gennaio 2013, quando scadranno i vincoli di “lock-up” tra i venti soci della cordata nazionale. 

Crede che gli esuberi annunciati facciano parte di un piano per rendere più “agevole” questo progetto?

Un’Alitalia più piccola potrebbe certamente essere “digerita” meglio da Air France-Klm, ma è difficile dire se sia realmente questo l’obiettivo dei recenti tagli al personale. Credo che il problema sia più a monte, all’interno di un’azienda che ancora una volta cerca la soluzione nei tagli e non nella crescita.

Fino a quando Alitalia potrà andare avanti con le sole proprie forze?

Ovviamente Alitalia non possiede capitale sufficiente per andare avanti ancora per molto, quindi in tutti i casi avrà bisogno tra non molto di nuovi fondi. Il problema è che i soci attuali italiani non sono più disposti a mettere neanche un centesimo sul piatto, anche perché erano entrati con l’idea di passare la mano ai francesi senza perdere i capitali investiti e invece si ritrovano con un valore patrimoniale del loro investimento ridotto fino a un quarto rispetto quello iniziale.

Come giudica dunque tutto il percorso di Alitalia dal 2009 a oggi?

Definirei il percorso intrapreso da Alitalia un vero flop, un fallimento sotto tutti i punti di vista. A dimostrarlo ci sono tre bilanci in rosso, dal 2009 al 2011, seguiti dal quarto nel 2012. Nessuna compagnia è riuscita a fare peggio, anche se il momento attuale è ovviamente difficile per tutte. Per non parlare poi dell’ondata di cassa integrazione decisa circa un anno fa, gli ulteriori tagli che stiamo commentando, il mancato sviluppo dei collegamenti con l’estero e le quote di mercato ridotte. Per tutti questi motivi credo si tratti di un totale insuccesso. 

 

(Claudio Perlini)