L’amministratore delegato di Alitalia, Andrea Ragnetti, è tutto sommato ottimista sul futuro dell’azienda. Nonostante la decisione dell’Antitrust che le impone la cessione di 8 slot a EasyJet e che le provocherà non pochi fastidi. Intervistato da Il Corriere della Sera ha fatto, infatti, sapere che l’arrivo del vettore low cost comporterà una riduzione del 3% del fatturato. Tuttavia, grazie a un piano di rilancio in dieci punti volto a recuperare l’utile operativo, Ragnetti si è detto convinto del fatto che Alitalia non finirà in mani francesi. «Più probabile faccia parte di un complesso più grande i cui soci possono essere francesi ma anche di altre nazionalità». Gianni Dragoni, giornalista de Il Sole 24 Ore, ci spiega quali prospettive si prefigurano.
E’ verosimile che l’azienda entri a far parte di un complesso più grande, come ha detto Ragnetti?
Alitalia potrebbe finire in mano ad altre compagnie se ci fosse qualcuno che facesse un’offerta migliore di Air France. Questo qualcuno dovrebbe tenere conto delle condizioni disastrose in cui versa la compagnia che, tra pochi mesi, avrà di fatto esaurito il capitale. Forse, i soci di Alitalia, anche attraverso le dichiarazioni di Ragnetti, vogliono semplicemente alzare il prezzo della trattativa con i francesi.
E i francesi sono realmente interessati all’acquisto?
Sicuramente lo erano prima dell’operazione Cai. Nel 2011, poi, ci fu una trattativa tra Colannino e Banca Intesa con i francesi. I soci italiani volevano farsi riconoscere un valore pari almeno all’importo inizialmente versato. Ipotesi ritenuta dai francesi non praticabile. Anche a oggi, tutto dipenderà dal prezzo.
Quindi? A quali condizioni potrebbe essere venduta?
Partiamo dal presupposto che Alitalia ha un disperato bisogno di ricapitalizzazione; siccome sarà in perdita sia nel 2013 che, probabilmente – considerando la gestione fallimentare di questi ultimi tempi – negli anni successivi, ha bisogno di qualcuno che immetta liquidità. Air France, socio con il 25%, è attualmente il vettore maggiormente interessato all’operazione, se non l’unico. Non ce ne sono in vista altri, per il momento. Anche perché una compagnia che dispone di sempre meno aerei di sua proprietà e che è indebitata ad alti livelli, non può di certo considerarsi particolarmente appetibile. Le condizioni che renderanno possibile l’eventuale vendita, quindi, sono quelle di un’ordinaria trattativa.
Perché parla di gestione fallimentare?
Lo scopo di chi ha voluto la compagnia italiana era quello di migliorare i collegamenti tra l’Italia e il resto del mondo. Sarebbe stato opportuno agire in tal senso, invece che in quello opposto come è stato fatto, riducendoli. Invece di una gestione industriale, è stata condotta una gestione al risparmio, in attesa di passare il cerino ai francesi.
Per i contribuenti, a questo punto, cosa sarebbe meglio?
Diciamo che l’ipotesi in assoluto peggiore, più volte ventilata, consisterebbe nell’intervento dello Stato per salvare la compagnia in nome di presunti interessi nazionali che, in realtà, coinciderebbero semplicemente con quelli degli attuali soci. L’ideale, quindi, sarebbe che un’azienda forte come Air France procedesse all’acquisto, garantendo così stabilità all’azienda. Non è escluso che possa essere venduta a un investitore mediorientale anche se, al momento, non si è fatto avanti nessuno.
La cessione degli slot che sfide pone ad Alitalia?
Il fatto che l’azienda abbia fatto ricorso al Consiglio di Stato evidenzia come l’azienda ci tenga eccome a quegli slot. Oltretutto, era l’unica rotta in grado di dare un margine di utile significativo.
(Paolo Nessi)