Il caro-carburante manda in picchiata i conti di Alitalia. Nonostante un aumento dei ricavi, la compagnia italiana nel primo trimestre 2012 ha registrato un risultato operativo negativo per 109 milioni di euro, in flessione di 29 milioni. Il risultato netto è invece in rosso di 131 milioni, cioè 43 in meno rispetto allo stesso periodo del 2011. L’amministratore delegato, Andrea Ragnetti, secondo rumors, sarebbe pronto a tagliare circa 850-1000 degli attuali 14mila dipendenti. Come sottolinea Andrea Giuricin, ricercatore dell’Università Bicocca ed esperto di trasporto aereo, «i dati negativi del primo trimestre 2012 sono legati all’incremento dei costi del carburante, che incidono per il 30/35% sulle uscite totali. Dal secondo trimestre 2012, con il settore aereo che in Italia rischia il tracollo, Alitalia dovrà affrontare anche una contrazione della domanda, che porterà a una riduzione dei ricavi».
Le perdite di Alitalia sono legate alle scelte della sua dirigenza o alla crisi del trasporto aereo?
Sicuramente il settore è in calo. I dati Assaeroporti dimostrano che, dopo un 2010 e un 2011 in crescita, la crisi del trasporto aereo sta ritornando e il 2012 sarà un altro anno molto difficile. Alitalia da un lato è riuscita ad aumentare i ricavi e a guadagnare quote di mercato, ma dall’altra sono cresciuti anche i costi. Quest’ultimo fatto è legato però a dei fattori esterni, principalmente al prezzo del petrolio.
Resta il fatto che il risultato operativo di Alitalia è negativo per oltre 100 milioni di euro, 29 milioni in più rispetto a un anno fa. Qual è il motivo?
Aumentando il raggio d’azione di Alitalia, sono aumentate anche le sue perdite. Per il trasporto aereo il primo trimestre è sempre quello più duro, e oltretutto quest’anno la Pasqua è caduta in aprile, quindi parte dei ricavi dovuti ai viaggi per le vacanze primaverili si vedranno nel secondo trimestre. Il risultato è in parte negativo, ma occorre anche vedere il lato positivo e cioè che comunque la quota di mercato è cresciuta.
L’ad di Alitalia, Andrea Ragnetti, secondo indiscrezioni, sarebbe pronto a tagliare circa 850-1000 dipendenti sugli attuali 14mila. Come valuta questa scelta, anche alla luce delle sue ricadute umane?
Alitalia ha dovuto affrontare il problema della crescita dei costi. Alcuni di questi sono gestibili, come quelli del personale, mentre altri non lo sono, come quelli dovuti al prezzo del petrolio e all’andamento dell’euro rispetto al dollaro. Ultimamente si è iniziato a registrare un miglioramento per quanto riguarda il costo del carburante: nel primo trimestre 2012 il Brent europeo è stato intorno ai 120 dollari al barile e ora sembra scendere lentamente. I costi del carburante incidono ormai per il 30/35% sulla spesa totale di Alitalia e il personale è una delle variabili che è possibile tagliare. Air France nel prossimo triennio risparmierà 2 miliardi di euro, grazie soprattutto al taglio del personale, e anche Alitalia probabilmente si appresta a utilizzare questa misura per cercare di limitare le sue perdite.
Basterà questa misura per raggiungere il pareggio di bilancio?
È difficile, perché il 2012 sarà difficilissimo anche dal punto di vista dei ricavi. Nel primo trimestre Alitalia ha aumentato le sue entrate, ma dal secondo trimestre in poi, con la crisi durissima che sta arrivando, molto probabilmente i ricavi della compagnia italiana non potranno continuare a crescere al ritmo odierno.
In base a quali segnali è possibile prevedere che nel corso di quest’anno si abbatterà una crisi sul trasporto aereo?
Il Pil italiano nel 2012 scenderà di più del 2%. Il trasporto aereo è molto legato al Prodotto interno lordo, e quindi è probabile che la parte peggiore della crisi nel settore debba ancora arrivare. Mentre nel primo trimestre c’è stato soprattutto un problema di costi, dovuti al prezzo del petrolio, dal secondo trimestre in poi ci sarà una contrazione della domanda. Non basterà quindi tagliare sul personale per risolvere tutte le difficoltà di Alitalia.
In che modo è possibile individuare una strategia per sviluppare Alitalia?
Il taglio dei costi è essenziale, perché senza questo provvedimento non si va da nessuna parte proprio in quanto la concorrenza è estremamente agguerrita. Occorre però tenere anche conto dello sviluppo della domanda. L’aggregazione con altri vettori nazionali, come è avvenuto con WindJet, può essere l’idea vincente, a patto che si realizzi anche una ristrutturazione aziendale. In seguito alla fusione i costi operativi non devono infatti aumentare ma rimanere stabili. La direzione individuata dalla dirigenza è quindi quella giusta, ma con un mercato nazionale del trasporto aereo che nei prossimi mesi rischia il tracollo, quanto è stato fatto può non essere sufficiente per ottenere il risultato sperato.
(Pietro Vernizzi)