Chiude lo stabilimento Peugeot di Aulnay. Un fatto che comporta la perdita di circa 8mila posti di lavoro. Per il governo francese qualcosa di inaccettabile, ma che conferma la crisi nera in cui sprofonda sempre di più l’industria automobilistica europea. Allo stesso tempo infatti dà le dimissioni il boss di Opel, nonché presidente di General Motors Europa, Karl-Friedrich Stracke. Infine divorzio tra Fiat e Psa Peugeot Citroen, che comporta la chiusura dello stabilimento di Sevelnord nel nord della Francia. Cosa stia accadendo all’industria automobilistica europea, IlSussidiario.net lo ha chiesto a Giulio Calabrese, dirigente di ricerca del Ceris, il Consiglio nazionale delle ricerche su impresa e sviluppo. «Ci troviamo in un circolo vizioso legato alla crisi economica, alla crisi del credito e alla crisi dei costruttori auto», afferma, «e allo stesso tempo manca una strategia comune dei produttori europei e l’Unione europea si guarda bene dall’intervenire in aiuto visto che le case produttrici tedesche vanno invece molto bene».



La chiusura dello stabilimento Peugeot lascia perplessi: solo un anno fa era stato dichiarato un bilancio in positivo.
In realtà questa notizia era abbastanza attesa. Il settore auto in Europa è veramente in una profonda crisi legata alla crisi economica, alla crisi del credito e alla crisi dei costruttori automobilistici. Si tratta di un circolo vizioso che sta producendo una situazione drammatica: le imprese non investono con nuovi modelli, non sostengono la domanda e lo stesso ipotizzare eventuali interventi da parte dello Stato in sostegno del settore con i soliti incentivi fa sì che la domanda si blocchi.



Alcuni osservatori affermano che il motivo principale della crisi della Peugeot sia da ricercare nel fatto che ha sempre investito esclusivamente in Europa…
Questa è infatti una delle grandi limitazioni del gruppo Peugeot Citroen proprio perché è il produttore più centralizzato in Europa, oltre ovviamente a Opel, che vende solo in Europa e Sud America, ma quest’ultima dipende dalle strategie di General Motors. Peugeot aveva qualche legame in Sud America e anche in Cina, ma cose molto limitate.

Anche la Fiat paga la crisi del mercato europeo…
La Fiat ha però una forte presenza in Sud America e soprattutto negli Usa con Chrysler. Se la Fiat è ancora in piedi lo deve alla Chrysler, altrimenti sarebbe in una situazione decisamente drammatica, peggiore di quella della Peugeot.



Cosa fare davanti a questo quadro?
Il problema è duplice. Sono anni che sappiamo che c’è una sovracapacità produttiva nel nostro continente, ma non viene fatto nulla per contrastarla. Se facciamo riferimento agli ultimi anni, sono stati chiusi solo quattro stabilimenti e in contemporanea ne sono stati aperti otto in Serbia, Russia e nell’Est europeo. Tutti questi stabilimenti non producono per vendere localmente, come si faceva una volta, cioè costruisco uno stabilimento in Russia per vendere in Russia. Ora costruisco in Serbia per vendere in Russia.

Anche Marchionne ha detto di voler produrre in Italia per il mercato americano.

Economicamente è meno vantaggioso che produrre negli Stati Uniti, dove c’è una tassazione molto più bassa. Paradossalmente conviene produrre in America e vendere in Europa: pensiamo al Freemont che la Fiat produce in Messico, dove la tassazione è ancora minore, e che poi vende negli Stati Uniti con grande successo.

Allora perché questa idea di Marchionne?

Il motivo è che negli Usa stanno raggiungendo la piena capacità produttiva. Considerando che nell’ultimo anno, tra tutti i produttori americani, hanno chiuso 18 stabilimenti produttivi, non ha senso aprire nuove fabbriche, soprattutto quando l’hai già in Europa. Quindi conviene produrre in Europa, sia pure a margini minori, ed esportare lì, evitando di aprire nuovi stabilimenti con i relativi costi. 

Torniamo al caso Peugeot, per comprenderlo meglio.
La cosa strana, riguardo a Peugeot, è che, a livello di capacità sovraproduttiva, non era uno dei produttori messi peggio. Questo vuol dire che la redditività si è ulteriormente ridotta in conseguenza della grandissima concorrenza presente in Europa, alla quale si è aggiunta quella dei coreani che godono di accordi con l’Unione europea.

Quali le conseguenze del divorzio tra Fiat e Psa Peugeot?
Esisteva un duplice accordo tra Sevelnord e Sevelsud. La Nord produceva veicoli multispazio e veicoli commerciali di dimensioni tipo Fiorino. La Sud invece produce veicoli commerciali di piccolo taglio. La Sud rimane ancora in piedi mentre la Nord non ha mai funzionato pienamente e produceva solo per i francesi. La perdita di posti di lavoro colpirà dunque i francesi. Per Fiat in definitiva è un bene, potrà produrre quei modelli sulle piattaforme Chrysler.

Che cosa possiamo aspettarci nel futuro? L’Europa uscirà da questa crisi?
Le strategie vincenti sono quelle di chi produce e vende in tutto il mondo, come ad esempio fa Volkswagen, e che puntano su prodotti premium su cui si ottengono margini superiori. Fiat è ben piazzata in America e sta cominciando, seppure con ritardo e dopo due fallimenti, in Cina, ma questo Paese sta anche lui rallentando e non è detto che l’avventura possa dare buoni risultati. Vendere auto è difficilissimo, è un mestiere complicato, bisogna investire piano piano. L’unica possibilità è cercare di bilanciare i successi che si hanno in un’area con le perdite che si registrano in un’altra. Bisogna pensare una strategia comune in Europa tagliendo i costi, ma l’Unione europea non interviene su questo anche perché il partner più forte è la Germania e i brand automobilistici tedeschi vanno bene.

(Paolo Vites)