Un’impresa sull’orlo del dissesto finanziario. Praticamente, un malato terminale. E’ l’impietosa fotografia di Alitalia scattata, a quanto riporta Repubblica, da Frost & Sullivan, società di consulenza londinese che ha lanciato l’allarme. Di per sé, l’azienda gode di buona salute. Tuttavia, benché il processo di privatizzazione sia andato a buon fine, la compagnia ha registrato più perdite che utili. Stante la crisi, la situazione delle altre compagnie non è particolarmente florida e nessuna, per ora, può permettersi di sanare i bilanci della nostra. A quale sorte è destinata quindi Alitalia? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Giuricin.
Le previsioni sul futuro di Alitalia sono così pessimistiche come sembra?
Di certo, la situazione, è molto complicata. In sostanza, il patrimonio si sta azzerando. O Alitalia, quindi, ricapitalizza o, effettivamente, non ce la farà.
Come siamo arrivati a questa situazione?
Perché sin da quando è nata ha continuato ad accumulare perdite. Quelle dei primi anni erano fisiologiche, perché legate alla circostanza che si trattava di una compagnia in una fase di start up. Tuttavia, con il tempo, la fase si è aggravata e alla contingenza naturale si è aggiunta una risposta negativa del mercato.
Come mai?
La concorrenza delle compagnie low cost è sempre più forte. Ryanair ed EasyJet, ormai, anche in Italia sono diventate due attori importantissimi. D’altro canto, il prezzo del petrolio, per anni, non è calato e la situazione non è potuta migliorare come si era previsto.
Tornando alla soluzione inizialmente prospettata: esistono, attualmente, investitori intenzionati a scommettere sulla compagnia e a ricapitalizzarla?
E’ proprio questo il problema. A oggi, le compagnie aeree, a eccezione delle low cost, sono in forte difficoltà. Air France, il compratore naturale, dato che già possiede il 25% delle compagnia italiana, sta effettuando un piano di tagli per due miliardi di euro. C’è da sperare, quindi, che si facciano avanti investitori italiani.
Per rendersi più appetibile sul mercato Alitalia dovrà modificare le proprie strategie?
Certamente. L’acquisto di WindJet va in questa direzione. Oltre a ciò dovrà puntare sul mercato intercontinentale. A oggi, infatti, è il più remunerativo. Su questo fronte Alitalia è sempre stata piuttosto limitata. E’ nata come compagnia regionale è non è diventata molto di più. Basti pensare che, in Europa, detiene una quota di mercato inferiore al 3%.
Crede che sia necessario, contestualmente, puntare sul marketing?
Si tratta, sicuramente, di una componente essenziale. E’ necessario, per esempio, che la compagnia faccia comprendere chiaramente che è diversa da una low cost. Altrimenti, non si capisce perché un cliente non dovrebbe scegliere quella che, semplicemente, costa di meno. Dovrà, inoltre, farsi forte della sua giovane flotta, uno degli elementi maggiormente positivi della gestione Sabelli. Grazie ai nuovi Airbus che entreranno a farne parte, oltre a poter puntare sull’immagine, risparmierà non poco in termini di carburante.
Se nessuno di questi interventi dovesse riuscire, fallirà?
Difficile fare previsioni. Spero soltanto che eventualmente lo Stato non intervenga ancora una volta. Si tratterebbe di una sorta di beffa. Dopo aver dato vita alla privatizzazione, facendo pagare i debiti dai contribuenti, non sarebbe accettabile che lo Stato riacquistasse la compagnia.