I dati relativi al primo semestre del 2012 mostrano una Chrysler che letteralmente vola a gonfie vele con risultati che forse neanche Marchionne si aspettava. Eccoli, questi dati: un 141% in più di utile rispetto allo stesso periodo dello scorso anno con un utile netto di 436 milioni di dollari. Ricavi saliti del 23% a quota 16,8 miliardi di dollari. Una vendita di 582mila vetture che significa un aumento delle vendite pari al 20%. Insomma: se Chrysler ride, Fiat (in Italia ed Europa) piange. La crisi conclamata del settore automobilistico europeo ed italiano è infatti l’altro lato di questi risultati gloriosi. Secondo Mauro Tedeschini, direttore del quotidiano Il Centro, contattato da Ilsussidiario.net «è ovvio che Marchionne non abbia mai avuto grandi aspettative dal mercato europeo e abbia deciso da tempo di investire fortemente negli Stati Uniti e in Brasile. Chi ha puntato solo sull’Europa, come Peugeot e Citroen, adesso paga un prezzo pesantissimo». Il futuro di Fiat in Italia? «Molto preoccupante, vista anche la vicenda di Termini Imerese, dove al di là di tante chiacchiere di compratori non se ne trovano».
Il mercato americano vola mentre quello europeo agonizza. Come si spiega questa situazione?
Dietro a questa differenza di risultati tra mercato americano e mercato italiano ed europeo c’è una scelta molto precisa.
Quale?
È abbastanza evidente che sull’Europa da parte di Marchionne non c’erano grandi aspettative e quindi ha deciso di investire fortemente negli Stati Uniti e in Brasile in particolare, cosa che ha portato chi ha deciso di investire solo in Europa, penso a Citroen e Peugeot, a grosse difficoltà.
Ci si aspettava un tale trionfo americano per Marchionne?
Marchionne in Italia ed Europa ha rinviato gli investimenti per i nuovi modelli in maniera drastica, forse anche eccessiva in certi momenti come è abituato a fare lui, però bisogna dire che oggettivamente i risultati lo hanno premiato. Nel senso che quella che era stata considerata un’ avventura un po’ temeraria, quella di Chrysler, sta dando risultati che nessuno si sarebbe mai aspettato, nemmeno le persone più positive. Alla lunga è dunque una scelta che ha pagato. È ovvio che rispetto a un gruppo come Volkswagen la Fiat in Europa non è assolutamente competitiva, però teniamo conto da dove si viene noi italiani e della forza di questo gruppo che sta schiacciando non solo Fiat ma tutte le case automobilistiche europee.
Secondo lei Marchionne ha ereditato da Fiat una situazione già malandata o ha fatto anche degli errori?
Marchionne ha ereditato un’azienda che era morta. La Fiat era morta. Secondo me ha fatto un miracolo all’inizio, dopo di che ha trovato molto più remunerativo il fatto di investire negli Usa, dove peraltro c’era un clima anche a livello governativo molto più favorevole. Adesso il problema è capire cosa fare in Europa e soprattutto in Italia perché siamo arrivati a livelli di mercato davvero preoccupanti. Bisogna far girare il mercato: a noi italiani è ovvio che interessa la Fiat perché, alla fine dei conti, è l’unico produttore automobilistico nel nostro Paese.
Marchionne nei prossimi giorni incontrerà i sindacati che gli chiederanno dei prossimi investimenti in Italia: come giudica il rapporto difficile tra l’ad di Fiat e le parti sociali?
Credo che Marchionne non abbia digerito il fatto che nonostante la Fiat avesse fatto un investimento enorme su uno stabilimento molto problematico, come quello di Pomigliano, abbia avuto una serie di resistenze invece di essere accompagnato nel modo in cui lui si aspettava. E’ da lì che si è venuto a creare un clima di diffidenza e reciproci sospetti e anche mancanza di fiducia da cui è nata la situazione che si vive adesso.
Ci saranno questi investimenti attesi dai sindacati?
Rispetto agli interventi di quello che era il piano di Fabbrica Italia la situazione economica del settore è peggiorata enormemente a livelli che adesso sono comatosi, non solo in Italia, in verità, ma anche in Spagna. Dunque c’è stata un’ulteriore frenata di investimenti che già erano modesti.
Il futuro di Fiat in Italia?
È ovvio che ci sia un grande timore per il futuro. La Fiat ha investito in Serbia in una fabbrica importante con contributi del governo rilevanti. È ovvio che c’è preoccupazione anche perché si comincia a capire che tra gli stabilimenti italiani uno è di troppo. Vista la vicenda di Termini Imerese dove, al di là di tante chiacchiere, di compratori non se ne trovano, è chiaro che siamo preoccupati.
Come giudica le dichiarazioni di Marchionne su Volkswagen che hanno aperto polemiche, anche dure, fra i due gruppi?
Sono dichiarazioni che al netto dei contenuti fanno parte del personaggio Marchionne, il quale ogni tanto si lascia andare a considerazioni che forse sarebbe meglio evitare. Il tema è legato alla rabbia e alla frustrazione per il fatto che un produttore come Volkswagen, che già ha dei margini di guadagno enorme, si mette a fare la guerra sui prezzi su una macchina come la Panda, che per la Fiat è sempre stata una sicurezza. La Volkswagen ha poi un vantaggio competitivo nel rifornirsi di capitali a un prezzo che è inferiore di 4,5 punti rispetto a quello della Fiat visto lo spread che c’è fra i debiti italiani e tedeschi. È stata una boutade che alla fine lascia il tempo che trova.