Il problema dei sussidi aeroportuali è presente in Italia così come in tutta Europa. Molti degli scali secondari pagano infatti delle compagnie aeree per cercare di collegare “punti secondari” del territorio europeo.
La problematica è presente da diversi anni ed è già stata dibattuta a livello europeo nella famosa sentenza “Chaleroi”. La Commissione Europea ha chiarito che è possibile dare dei sussidi per un determinato periodo di tempo per il lancio di nuove rotte.
In seguito a questa sentenza si sono moltiplicati gli “aiuti” legali da parte degli scali secondari a molte compagnie aeree (anche tradizionali).
Questa tendenza è stata seguita anche da molti scali italiani, come quelli pugliesi, che sussidiano fortemente il traffico aereo, particolarmente quello low cost.
E proprio sul “traffico pugliese” è nata la polemica tra Ryanair e Meridiana. Il vettore sardo ha accusato la compagnia irlandese di ricevere quasi 25 euro per passeggero per la tratta tra Verona e Bari.
Il dato non è stato smentito da Ryanair, che a sua volta, ha accusato la compagnia sarda di ricevere sussidi anch’essa e nel contempo di avere perdite continue ed alte tariffe.
Lo scalo di Verona indubbiamente ha deciso negli ultimi anni di cercare di attrarre traffico low cost, senza riuscirci particolarmente bene, a causa della forte concorrenza degli scali vicini, Bergamo Orio al Serio e Treviso, che sono due basi del vettore Ryanair.
La compagnia irlandese ha messo in concorrenza i diversi scali e il decisore pubblico veronese, gestore dell’aeroporto, non ha saputo comprendere la politica della compagnia aerea privata che voleva massimizzare i propri profitti.
Lo scalo veronese è controllato infatti da un azionariato pubblico che non ha saputo nel tempo sviluppare l’aeroporto a fronte della concorrenza degli aeroporti vicini.
A questo punto è chiaro che Ryanair cerca di fare il proprio interesse, massimizzando il proprio profitto, mentre è lo scalo gestito dall’operatore pubblico di Verona a non avere compreso bene il gioco della compagnia irlandese.
Quali sono i casi? Un aeroporto privato che vuole incentivare l’arrivo di compagnie low cost e quindi fa delle scontistiche alle compagnie aeree per attirare traffico. In questo caso non c’è il problema del sussidio, poiché tale problema esiste solo nel caso di aeroporti pubblici. Si può pensare all’aeroporto di Treviso, base di Ryanair, aeroporto privato della SAVE ed in espansione anche in Europa con l’acquisto di Chaleroi.
Un aeroporto pubblico che ha i conti in ordine e non ha perdite di conto economico. In questo caso il sussidio può rivelarsi uno sconto alla compagnia aerea e una mossa azzeccata per sviluppare il proprio business. Il vettore low cost stringe un contratto con lo scalo. Ad esempio, in cambio di un milione di passeggeri l’anno in arrivo, la società di gestione fa uno sconto dell’80 per cento delle tariffe aeroportuali. In questo caso non si ha un aiuto di stato, poiché la scontistica è una normale «arma» economica per attirare le compagnie. Un buon esempio può essere quello di Bergamo Orio al Serio, ormai diventato il quarto aeroporto in Italia grazie all’arrivo di Ryanair.
Il peggiore caso è quello dell’aeroporto pubblico è in perdita e fornisce dei sussidi alle compagnie aeree. In questo caso si è nel pieno di aiuto di stato e tale pratica dovrebbe essere vietata perché distorce la concorrenza. Verona Catullo è proprio questo caso, dato che lo scalo ha perso circa 26 milioni di euro nel corso del 2011.
Cosa fare dunque? Un piano degli aeroporti risolve i problemi? Assolutamente no, perché un piano degli aeroporti serve solo a non fare sviluppare quegli scali che sono in grado di farlo.
Il piano del Governo non risolve i problemi perché non da’ soluzioni circa i sussidi e anzi dice di lasciare in gestione agli enti pubblici gli aeroporti secondario. La direzione da intraprendere deve essere invece opposta e andare verso una privatizzazione degli scali secondari che sarebbero responsabilizzati in una gestione efficiente.
L’aeroporto non sarebbe più il simbolo di “vittoria” di un politico (che chiaramente si dimentica di comunicare quanto costa al proprio elettore locale), ma semplicemente un’infrastruttura per fare sviluppare il territorio.