Parlando a Las Vegas di fronte a una platea composta dai rappresentanti  di oltre 2.600 concessionarie del Gruppo Chrysler-Fiat provenienti da Stati Uniti, Canada, Messico, America Latina, Asia-Pacifico ed Europa (una settantina le concessionarie rappresentate, per un totale di 51 Paesi), Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo, ha detto che anche i prodotti “eccellenti da soli non sono abbastanza per garantire il successo“. E parlando della sua azienda l’ha spronata a non fermarsi ora. Chrysler Group “non si può permettere di riposare”, ha detto, “deve restare focalizzata e impegnata per rimanere in carreggiata“. Marchionne ha infatti spiegato che la casa automobilistica di Detroit è tornata, più creativa e dinamica che mai, e la nuova cultura aziendale consente di rispondere velocemente quando si presenta un’opportunità e di prendere decisioni più rapidamente di prima. Per commentare le parole di Marchionne, Ilsussidiario.net si è rivolto a Marco Saltalamacchia, già presidente di Bmw Italia e con una lunga carriera come esperto nel settore.



Come giudica le parole dell’ad di Chrysler-Fiat?

Sono dichiarazioni normali che un capo azienda rivolge al suo corpo vendita. A Las Vegas sono infatti stati convocati i concessionari, anche quelli delle aree al di fuori della Nafta. Il tono positivo è sicuramente giustificato dai buoni risultati del gruppo nella prima parte dell’anno. Queste riunioni hanno poi l’obiettivo di motivare la rete di vendita. Sarebbe difficile immaginare che avesse assunto toni opposti. Ciò premesso, sicuramente Chrysler è stata tra le case automobilistiche che hanno fatto segnare i migliori risultati, crescendo nei primi 8 mesi dell’anno del 25% in un mercato, quello nord americano, che è cresciuto del 17/18%.



Un buon risultato quindi.

In termini di quote di mercato Chrysler ha guadagnato un punto percentuale, passando dal 10,4% all’11,4% ed è ora il quarto costruttore dietro a Ford, General Motors e Toyota. Quest’ultima oltretutto che, dopo una durissima crisi e dopo il fermo di due anni dei produttori intorno alla centrale di Fukushima, si sta apprestando a recuperare la quota di mercato che le compete. Credo comunque che il successo di Chrysler vada proporzionalizzato. Non dimentichiamo che anche lei viene da due anni di crisi e ora sta ritornando a livelli che in passato non le erano estranei. Personalmente non parlerei tanto di successo quanto piuttosto di recupero di quote di mercato nel nord america.



Ma quello americano non è anche un mercato che gode di molti incentivi statali?

Il mercato dell’auto Usa è stato in passato supportato da incentivi anche se adesso sono finiti. È noto, inoltre, che Chrysler è uno dei gruppi che adotta una strategia di sconti più aggressiva di tipo push. E questo è facilmente riscontrabile dato che il mercato Usa è più trasparente di quello europeo. È possibile seguire l’andamento degli sconti. E Chrysler, insieme a Dodge, è tra i primi cinque, con una scontistica superiore al 15%. I loro concessionari sono tra quelli con un livello di inventario più elevati.

Marchionnne ha detto che i prodotti eccellenti da soli non bastano per essere venduti.

Io credo che sia proprio qui il tallone di Achille del sistema Chrysler-Fiat, che non ha sfornato nuovi prodotti come hanno invece fatto i suoi diretti concorrenti. Non ha puntato sui nuovi prodotti o comunque si è limitato al restyling di quelli già esistenti. Oltretutto il gruppo sembra intenzionato a giocare battaglie di retroguardia.

In che senso?

Il sistema Usa sta decidendo in questi giorni sulle nuove norme Cafe (Corporate average fuel agency) che sono le norme di efficienza dei veicoli per il 2016 e fino al 2025. Norme molto severe cui i costruttori stanno rispondendo seguendo due linee: quella di un ulteriore impulso all’ibrido elettrico, peraltro fortemente voluto dall’amministrazione Obama, e lo sviluppo di turbo compressori sostitutivi della benzina. Il gruppo Chrysler-Fiat non sta andando né in una, né nell’altra direzione, ma si sta limitando a riproporre l’utilizzo del Gpl negli Usa. Potrà anche essere una soluzione interessante, ma è certamente controcorrente con quello che vogliono le lobby Usa.

Come vede il mercato auto nel 2013?

Sicuramente in crescita rallentata. I mercati che hanno tirato le volata in questi anni di crisi (Brasile, Russia India e Cina) stanno continuando a crescere, ma a ritmi moderati rispetto al passato. La crescita di questi mercati oltretutto difficilmente compenserà la crisi dell’area euro, che è la più ricca dell’automotive mondiale. L’Europa è il mercato dove i prezzi medi e il mix di venuto sono infatti tra i più alti al mondo. Qui, la crisi del credito e dei consumi sta diventando un fortissimo freno che rallenta l’industria.

Previsioni?

Direi un outlook 2013 in linea con questi mesi per la prima parte dell’anno, e una seconda metà in progressione. Comunque nei prossimi 6/9 mesi non ci sarà alcuno sviluppo positivo.

E in Italia?

Il mercato italiano è in caduta libera. Non ci sono altri modi per descriverlo diversamente. Per tantissimi anni è stato drogato, dipendente dal metadone degli incentivi che lo Stato e i costruttori hanno riversato sul mercato. Ora gli incentivi si sono fermati e la crisi ha fatto il resto. Come se non bastasse, i costruttori che possono ribilanciare le vendite su altri mercati (tradizionalmente l’Oriente) hanno un interesse solamente relativo a supportare le vendite italiane.

Un mercato che ha perso appeal

Se c’è un costruttore che avrebbe più motivi per investire nel il mercato italiano, quello è Fiat, per il quale l’Italia resta il mercato con i prezzi medi di vendita più elevati. Ma pare che non sia interessata o non sia nelle condizioni di supportare il mercato italiano e lo sta lasciando andare. Con tutte le conseguenze che questo comporta.

 

(Matteo Rigamonti)