Cosa succede dentro Alitalia? Le notizie che provengono dai soci della compagnia aerea sono discordanti: c’è chi dice che siano tutti d’accordo per rifinanziare, chi dice che invece non lo sono affatto. C’è chi parla di Aeroflot interessata a comprarla e chi ancora sostiene l’italianità della compagnia aerea. Di sicuro c’è che sono necessari almeno 150 milioni di euro per rifinanziare la compagnia, sempre e comunque in cattive acque. Secondo Andrea Boitani, docente di Economia Politica alla Cattolica di Milano, esperto di mondo dei trasporti nonché candidato alla Regione Lombardia per la Lista Ambrosoli, il futuro di Alitalia può essere uno solo, e cioè il matrimonio con una grande compagnia aerea: «Essendo già Air France-Klm l’azionista maggiore di Alitalia, mi sembrerebbe quanto meno strano si potesse procedere con l’arrivo di un’altra compagnia aerea straniera. Questo naturalmente augurandosi che Alitalia sia ancora appetibile e interessante perché Air France decida di prenderne il controllo di maggioranza. Tenendo conto che se non ci sarà più Alitalia, gli stessi servizi da lei offerti li farebbe qualcun altro».
C’è molta confusione sul futuro di Alitalia. Lei è d’accordo con la necessità di rifinanziamento di cui si parla?
I risultati economici degli ultimi anni dalla nuova Alitalia sono stati tali che, purtroppo, se vuole continuare a volare ha bisogno di un rifinanziamento. Su questo non ci sono dubbi. E questo rifinanziamento è anche urgente, come testimoniano una serie di problemi di liquidità che si pongono con frequenza sempre più allarmante.
In questo modo si risolverebbe ogni problema?
Il rifinanziamento è una necessità. Però non risolverebbe il problema di fondo di Alitalia: è una compagnia aerea che non ha trovato la sua strada.
In che senso? Cedere a compagnie straniere come sostiene qualcuno aiuterebbe a trovare questa strada?
Credo, ed è la mia tesi da sempre anche prima che nascesse la nuova compagnia, che Alitalia debba “sposarsi” con un’altra compagnia aerea. Ho sempre ritenuto ragionevole l’integrazione con una delle grandi compagnie europee, come Lufthansa o Air France-Klm.
Una trattativa in questo senso si era aperta ai tempi del fallimento…
Sì, una trattativa andata avanti nel 2007 e 2008, mentre quella con Lufthansa era in pratica finita. Purtroppo il governo Berlusconi (anzi già in campagna elettorale) aveva sbarrato la strada a questa trattativa, imponendo poi agli italiani un onere equivalente all’attuale valore dell’Imu, circa 4 miliardi di euro, per stimolare l’intervento degli investitori italiani (i cosiddetti cavalieri), facendosi carico dei debiti della vecchia Alitalia. Questo atteggiamento del governo ha allontanato ogni alternativa, oltre a essere costata moltissimo agli italiani, per ottenere un risultato che, dal punto di vista industriale, è stato molto modesto.
Perché secondo lei questo matrimonio sarebbe l’unica via percorribile?
Quanto accaduto negli ultimi anni non è una colpa specifica dei soci di controllo che hanno assunto la guida di Alitalia dopo il 2008. E’ un problema oggettivo per una compagnia come Alitalia, che opera sì con una serie di accordi di code sharing con Air France-Klm, ma non si è però veramente integrata nel suo network. Non essendo gestita secondo una logica di pieno coordinamento con i partner non può funzionare al meglio.
Solo questa la ragione dei suoi problemi?
No, c’è anche la logica di spremitura per quanto possibile di quella che era storicamente la mucca da soldi dell’Alitalia, cioè la linea Milano Linate-Fiumicino che si è rivelata essere una scelta molto miope.
Perché?
Perché l’avvento dell’alta velocità ferroviaria con riduzione dei prezzi del collegamento veloce tra Milano e Roma ha sottratto una quota di mercato all’Alitalia che si è rivelata dannosa per lei.
Crede che il recente caso Carpatair abbia segnalato i danni di una cattiva gestione generale della compagnia?
Non so se ci sia un caso di cattiva gestione in senso letterale oppure una visione strategica sbagliata. Non credo onestamente che gli attuali gestori abbiano creato pasticci come aveva fatto il vecchio gruppo dirigente pre-rifondazione e pre-fallimento. Dal punto di vista di gestione aziendale non credo siano stati fatti errori particolarmente gravi.
E dunque qual è il problema di fondo?
Il problema è la limitazione strategica che in parte è dovuta al fatto che chi è arrivato a gestire la compagnia non aveva grande esperienza nel settore del trasporto aereo e in parte al fatto che la stessa compagnia era allo stremo. E’ difficile pianificare in grande quando hai una compagnia che perde da tutte le parti.
Il ruolo di Banca Intesa è ancora considerato fondamentale all’interno dei soci. E’ d’accordo?
Le compagnie aeree non devono essere gestite dalle banche e in generale non lo devono essere le imprese industriali. Le banche hanno un ruolo estremamente rilevante nel finanziamento, ma devono restare fuori dalla gestione e meglio anche fuori dal capitale azionario.
Per cui la sua idea di strategia di salvataggio quale sarebbe?
La soluzione ai problemi di Alitalia credo che sia quella di realizzare il matrimonio con una grande compagnia e questa non può che essere Air France-Klm. Dico questo senza nessuna particolare preferenza per una compagnia o l’altra, ma è questione di fatti.
Quali fatti?
Air France è il maggior azionista di Alitalia, mi sembrerebbe singolare che un’altra compagnia entrasse con Air France già presente. Quella è l’unica via importante, ma è in qualche modo da augurare ad Alitalia e ai suoi soci che la compagnia sia ancora appetibile perché se non lo è la situazione potrebbe diventare negativa per i soci e per i suoi lavoratori. Credo sia importante però far percepire a tutti una cosa: i servizi che svolge oggi Alitalia verrebbero senz’altro fatti da qualcun altro. Non è che se Alitalia scompare quei servizi non li fa più nessuno. Certo, si può insistere sul significato di un brand italiano da preservare, ma se ci sono dei servizi che creano guadagno ci sarà qualcun altro che li svolgerà. Auguro ad Alitalia di essere ancora lei a farli.