Un anno fa il prezzo del diesel alla pompa era di 1,35 euro al litro, oggi è arrivato a 1,65. Un’accelerazione del 22,3% – dice l’Ufficio studi della Cgia di Mestre – che ha portato il costo del pieno per un mezzo pesante di oltre 11 tonnellate a salire di ben 150 euro. E se si considera che un Tir percorre mediamente 100 mila km all’anno consumando 3,5 litri circa al chilometro, questo significa che rispetto a 12 mesi fa, un autotrasportatore deve fare i conti con un incremento di costo di quasi 8.600 euro per ogni automezzo.
Bastano questi numeri per capire quale impatto il caro-benzina rischia di generare sull’intero sistema del nostro Paese, dove l’85% delle merci per arrivare sugli scaffali dei supermercati e dei negozi viaggia su strada. In Italia, quindi, la crescita dei prezzi dei carburanti rappresenta un fattore critico capace di spingere l’inflazione, tagliare la spesa delle famiglie e ridurre la competitività delle imprese. “L’aumento – conferma Coldiretti – è destinato a contagiare l’intera economia perché se salgono i prezzi del carburante si riduce il potere di acquisto degli italiani che hanno meno risorse da destinare ai consumi, e al contempo aumentano i costi per le imprese”.
A essere toccati sono trasversalmente tutti i settori merceologici, ma colpisce che in prima linea vi sia un comparto essenziale e nevralgico per i bisogni della collettività: quello agroalimentare. Una analisi di Coldiretti su dati Ismea rivela infatti che i costi della logistica arrivano a incidere fino dal 30% al 35% sul totale dei costi per frutta e verdura.
E le note dolenti non finiscono qui. Oltre al caro benzina, il nostro Paese deve confrontarsi anche con un deficit logistico causato dalla carenza infrastrutturale per il trasporto merci, che – stima sempre Coldiretti – costa all’Italia oltre 13 miliardi di euro all’anno. E che penalizza il sistema economico nazionale rispetto agli altri Paesi dell’Unione europea: un’analisi di Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga in Italia segnala infatti che il costo medio chilometrico per le merci del trasporto pesante è pari a 1,12 euro/km, più alto di nazioni come Francia (1,08 euro/km) e Germania (1,04 euro/ km), ma addirittura doppio se si considerano le realtà dell’Europa dell’Est, come Lettonia (0,60 euro/km), Romania (0,64 euro/km), Lituania (0,65 euro/km), in Polonia (0,70 euro/km).
“L’aumento incontrollato del prezzo dei carburanti (in un anno il gasolio è cresciuto del +25%, il Gnl del +105%), nonché dell’AdBlue, sta mettendo a dura prova l’autotrasporto, già fortemente stressato da una serie di problemi ben noti”, commenta Renzo Sartori, vice presidente di Assologistica e presidente Number 1, il primo operatore logistico in Italia nel settore del grocery, con oltre il 20% della quota di mercato, un colosso che fornisce 1.800.000 consegne all’anno con 120.000 punti di consegna e che sulla strada vede impegnati oltre 1.000 tir che consegnano in tutta Italia. “È quindi evidente – continua Sartori – che gli spaventosi aumenti di questi ultimi mesi ci toccano da vicino. Il carburante pesa il 30% dei costi di gestione dei trasporti e se si considera l’incremento del costo del pieno per un mezzo pesante è chiaro che la situazione è drammatica. Il rischio concreto per il Paese è che molte aziende dell’autotrasporto, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, non siano in grado di sostenere più questi aumenti, sommati al caro energia e a quelli delle materie prime, senza contare l’emergenza della carenza di autisti. Ricordo infatti che in Europa mancano 200.000 autisti e in Italia 25.000 sono a termine. E questo pone il rischio di fermare la circolazione dei mezzi pesanti con un effetto domino per l’intera economia. L’impennata del prezzo dell’energia sta colpendo tutta la filiera della produzione e del commercio di prodotti alimentari, dai fertilizzanti al carburante per i trattori, dall’elettricità per le industrie di trasformazione al gasolio per i camion. Ma non solo. Colpisce anche lo stoccaggio e in modo particolare quello che richiede la temperatura controllata, dal fresco ai surgelati, perché consuma elevate quantità di elettricità”.
Le possibili contromisure
Di fronte a questo scenario, però, si può e si deve reagire. Coldiretti mette l’accento sulla capacità di individuare alternative green, come previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Il Pnrr finanziato con il Recovery Fund – dice il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini – può essere determinante per agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese e anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. È poi importante dotare il Paese di una riserva energetica sostenibile puntando sulla filiera del biometano agricolo da fonti rinnovabili con l’obiettivo di arrivare a rappresentare il 10% del fabbisogno della rete del gas nazionale”.
La Cgia di Mestre punta invece il dito sul tema fiscale. Il suo Ufficio studi ha stimato che, a seguito della ripresa degli spostamenti e dell’impennata del prezzo alla pompa di benzina, diesel e Gpl per autotrazione, nel 2021 l’erario, che applica sulla base imponibile dei carburanti l’Iva al 22%, ha incassato un maggior gettito di circa 1 miliardo di euro. E a questo si deve aggiungere anche il gettito derivante dalle accise che sulla benzina verde incidono per il 41%, sul gasolio per autotrazione per il 37,5% e sul Gpl per il 18%. Gli artigiani mestrini chiedono dunque al Governo di restituire agli italiani, in particolar modo agli autotrasportatori e a chi utilizza quotidianamente un autoveicolo per ragioni professionali, questo “tesoretto”, aumentando, per esempio, il credito di imposta sui carburanti che ai trasportatori viene riconosciuto trimestralmente.
Di certo c’è che la situazione si presenta critica e richiede interventi concreti e veloci. “È necessario – dice Sartori – un intervento strutturale immediato da parte delle istituzioni con una riforma sia a livello fiscale sia normativo, che possa dare rilancio a un settore fondamentale per la tenuta del Paese, quello dei trasporti e della logistica, da troppo tempo sotto pressione. Serve una riforma del Codice della Strada, necessaria per adeguare norme ormai obsolete alle evoluzioni tecnologiche e alle normative internazionali. Come anche una revisione del quadro fiscale del settore, sulla base del principio che chi inquina paga. In buona sostanza, servono maggiore certezza del diritto, maggiore equità e trasparenza e l’inserimento nel Pnrr di piani di rinnovo del parco circolante truck, un rinnovo che permetterebbe di diminuire i consumi, le emissioni, gli incidenti e, in generale, i costi da sopportare dalle aziende del settore autotrasporto”.
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