Dove finiscono gli aerei che non volano più? A volte vengono smontati e parcheggiati in uno stato di non aeronavigabilità, molto spesso ai bordi di grandi aeroporti commerciali che non sono strutture dedicate allo stoccaggio o smontaggio e sono facilmente visibili dai passeggeri in transito nelle vie di rullaggio, oppure visibili dalle vetrate dei corridoi degli aeroporti che si affacciano sui piazzali. Va tenuto presente che il vedere velivoli che non sono in grado di volare, i cosiddetti “relitti”, in prossimità delle aree operative dell’aeroporto può essere esteticamente sgradevole e rappresentare un rischio reputazionale per compagnie aeree e aeroporti.
Ma qual è il “fine vita” di un aeromobile che ha viaggiato in media una trentina di anni? La risposta è semplice: dai parcheggi a lunga sosta fino allo smontaggio per il riuso, che può arrivare fino all’85%. Questo è il business della rottamazione.
Bisogna evidenziare che nei prossimi vent’anni saranno rottamati circa tra i 15 e i 23 mila aerei commerciali. Secondo l’agenzia stampa di settore Flightglobal, dei circa 30 mila aerei commerciali attualmente in servizio in tutto il mondo, entro i prossimi 20 anni si calcola che ne verranno rottamati, sempre secondo una stima dell’Aircraft Fleet Recycling Association, per l’appunto tra i 17.000 e i 23.000, che in sostanza è una buona metà dell’attuale flotta con un valore di centinaia di miliardi di euro che costituirà allo stesso tempo un problema e un’opportunità per l’ambiente e l’economia.
I velivoli hanno generalmente una vita utile di 25-30 anni. Al termine del servizio, gli aerei passeggeri vengono per lo più adibiti al trasporto cargo oppure ammassati in veri e propri “cimiteri” o negli aeroporti, spesso senza badare troppo alla sicurezza e all’impatto ambientale. Un aereo è composto per il 70% di alluminio, 15% acciaio, 5% rame, 5% titanio, 5% materie plastiche e fibre varie. Nei connettori terminali dell’avionica di volo ci sono delle percentuali di oro.
Tra il 2011 e il 2019, ci sono stati in media 600 ritiri di aeromobili all’anno mentre nei prossimi 20 anni si prevede una media superiore ai 1.000 ritiri. Nonostante i problemi di capacità causati dalla messa a terra del 737 MAX e dal corrispondente rallentamento della produzione, il 2019 ha visto ancora un leggero aumento dei pensionamenti, in aumento del 12% rispetto al 2018. Questa tendenza è stata più evidente in Nord America, Europa occidentale e Cina, dove la maggior parte delle consegne di 737 MAX era già stata pianificata. Nel 2020, i pensionamenti degli aeroplani sono aumentati a oltre 1.400 unità, il massimo di qualsiasi anno registrato, a causa della pandemia di Covid-19 e della successiva evaporazione della domanda.
Nonostante pesino solo per il 20% della flotta, i velivoli wide body hanno costituito un terzo dei pensionamenti nel 2020, riflettendo la misura in cui i viaggi internazionali sono stati colpiti dal Covid-19. Quasi la metà di questi pensionamenti widebody erano di aerei Boeing B-747, Airbus A380 e Airbus A340.
Grazie a una ricerca di Rotstein Capital, società che si occupa di analisi e aviation industry e guidata da Renzo Pisu, abbiamo potuto desumere alcuni dati interessanti partendo dalla dimensione del mercato globale dello smontaggio, smantellamento e riciclaggio degli aerei commerciali che è stata di 4,57 miliardi di dollari nel 2019 e si prevede che raggiungerà i 5,40 miliardi di dollari entro il 2027, con un Cagr del 7,36%.
Dalla stessa ricerca emerge che dei circa 700 velivoli che ogni anno vengono ritirati dal servizio e che finiscono nei cimiteri dell’Arizona o del New Mexico, si recuperano molte parti come i motori e il carrello di atterraggio. La carcassa dell’aereo viene però abbandonata, dando vita a quello che potremo definire un bel problema ambientale, oltre che un grande spreco di materiale di ottima qualità. È vero, si fa già molto – si stima che di ogni aereo si recuperi circa l’85-90% -, ma si potrebbe fare ancora di più.
Si chiama Southern California Logistic Airport, e si trova a Victorville in California, ed è considerato uno dei maggiori cimiteri degli aerei americani. Qui, infatti, vengono trasportati i velivoli a fine vita in attesa di essere demoliti. Nel sito si possono trovare Boeing B-747 e McDonnell Douglas MD-11, modelli ormai quasi inutilizzati dalle compagnie aeree, normalmente perché troppo grandi e costosi.
Ce ne sono circa 1.200, tutti disposti in file precise e ordinate in attesa di conoscere il loro destino. Di solito il parcheggio in questo cimitero è il preludio al loro smantellamento: la prassi vuole che restino qui in attesa di venire demoliti per rivenderne il rottame e tutto quello cui può essere donata una seconda vita. Oltre a quello di Victorville, negli Stati Uniti esistono altri cimiteri per aerei ormai in disuso, come quelli in New Mexico e Arizona. Il comune denominatore è l’area desertica: il clima asciutto, infatti, riduce al minimo la possibilità di corrosione del metallo che dovrà essere rivenduto come rottame.
Gli aeroporti di Tarbes e di Teruel sono gli unici due siti in Europa dove oltre allo smantellamento di aerei dismessi, viene effettuata la manutenzione e la conservazione nel caso in cui questi dovessero essere richiesti da compagnie aeree, per rientrare in servizio in caso di necessità.
Gli ambiti in cui il settore aviation può stimolare maggiori investimenti nel corso dei prossimi anni possono essere ricondotti a tre aree di intervento: smontaggio velivoli, parcheggi, storage per il periodo di preservazione. L’impatto ambientale dello smantellamento degli aerei può essere notevolmente ridotto: grazie a uno smistamento attento e selettivo per almeno l’85% di tutti i materiali recuperati e può essere rivenduto tramite canali di recupero regolamentati.
Inoltre, circa il 70% di questi materiali rientra nel settore industriale (incluso il settore aerospaziale), dando pertanto vita al primo ciclo di vita cradle to cradle, vale a dire a circolo chiuso dividendo il processo di fine vita utile degli aeromobili in quattro fasi: ritiro dal servizi; smontaggio; smantellamento; gestione del rifiuto. La prima fase ad esempio consiste nelle operazioni di pulitura e decontaminazione dell’aereo, che prevedono la rimozione di sostanze pericolose e materiali infiammabili o esplosivi.
Infine, la Iata, l’associazione che riunisce tutto le compagnie aere del mondo, ha definito formalmente i processi standard aeronautici relativi allo smontaggio degli aeromobili. Per raggiungere questo obiettivo le varie commissioni hanno lavorato per molti anni a stretto contatto con un gruppo di multi-stakeholder composto da esperti delle compagnie aeree, dei loro rami di manutenzione e altri servizi di manutenzione, riparazione e revisione, produttori di aeromobili e motori, locatori, società di smontaggio, smantellamento e riciclaggio.
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