Si aggiunge un nuovo fondamentale tassello per la comprensione dell’inchiesta sui rapporti tra Lega e Russia. Dietro l’affare sulla maxi-fornitura di petrolio che sarebbe dovuta servire a coprire un presunto finanziamento illecito al partito di Matteo Salvini, vi sarebbe infatti un uomo Eni, un dirigente che avrebbe fornito a Gianluca Savoini, ex portavoce del leader del Carroccio nonché suo punto di riferimento nei rapporti con Mosca, la referenza necessaria a convincere Gazprom, colosso petrolifero russo, che degli intermediari italiani arrivati al Metropol ci si poteva fidare. Quella “lettera di referenze”, stando a quanto ricostruito da “L’Espresso”, l’avrebbe procurata l’avvocato Gianluca Meranda, il consulente che grazie ai suoi buoni uffici aveva potuto offrire a Savoini una garanzia di affidabilità firmata da una società dell’Eni, la Eni Trading & Shipping. I documenti trovati dall’Espresso certificano che la società del cane a sei zampe, nel 2017, ha accreditato come proprio “partner d’affari affidabile” la Euro-Ib, ovvero la piccola banca inglese rappresentata negli incontri a Mosca da Meranda. Questo documento venne trasmesso da Meranda a Savoini l’ 8 febbraio 2018: gli uffici interni di controllo di Gazprom, infatti, chiedevano garanzie sul compratore finale. L’avvocato Meranda, a nome della banca, rispose che “Euro-Ib compra per vendere all’Eni”, allegando a riprova la lettera di referenze del gruppo italiano.



TRATTATIVA LEGA-RUSSIA, SPUNTA UOMO ENI

Dopo l’apertura di un’inchiesta per corruzione internazionale da parte della procura di Milano, è stato il tribunale del Riesame, confermando il sequestro degli archivi informatici di Savoini a fine settembre, a mettere nero su bianco che l’accordo raggiunto tra consulenti italiani ed emissari russi incontratisi a Mosca aveva come obiettivo quello di “finanziare la campagna elettorale della Lega per le Europee” facendo arrivare sui conti del Carroccio “il 4% del prezzo pagato dall’Eni” su una fornitura di gasolio: “250 mila tonnellate al mese, per tre anni”. Ma chi firmò questa lettera di referenze definita “strettamente confidenziale”? Si tratterebbe di Alessandro Des Dorides, manager di una sede estera, in qualità di responsabile degli acquisti petroliferi del gruppo italiano (licenziato a giugno), al centro con Eni di un’altra inchiesta a Milano su presunte tangenti milionarie a indagati italiani. Le indagini devono ora accertare – scrive L’Espresso – “se la banca inglese avesse già siglato precedenti mediazioni con il gruppo Eni, direttamente o indirettamente, o se invece la lettera sia stata scritta solo per spianare la strada all’accordo con Gazprom”. Eni intanto si è dichiarata estranea alla trattativa russa, assicurando di non aver mai finanziato la Lega né altri partiti politici: “La lettera citata nell’articolo è una mera lettera di referenza generica, risalente a maggio 2017”, fa sapere la società, cioè “un anno e mezzo prima del periodo oggetto dell’ inchiesta, e riflette una dichiarazione imputabile a chi l’ ha sottoscritta (Alessandro Des Dorides), non trovando alcun reale riscontro nelle attività commerciali effettive di ETS. Non certifica in alcun modo la conclusione di operazioni commerciali con Euro-IB”.

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