Alfonso Giordano è il giudice che ha presieduto il maxi processo a Cosa Nostra, caratterizzato da numeri a dir poco impressionanti: 460 imputati, 200 avvocati 19 ergastoli e 4.665 anni di pene detentive complessivi. Il magistrato siciliano classe 1928 è intervenuto quest’oggi sulle colonne de “Il Riformista”, a cui ha concesso un’intervista esclusiva nella quale ha subito bocciato l’esistenza della chiacchierata trattativa Stato-mafia. “Io ho rappresentato lo Stato nel processo più duro contro Cosa Nostra – afferma –. Il nostro compito era quello di non fare sconti a nessuno e non ne abbiamo fatti. Diciannove ergastoli comminati insieme e poi confermati in appello e in Cassazione significano che lo Stato con la mafia ci andava giù duro. Alla storia della cosiddetta trattativa non credo e nessuno che conosca i fatti può credervi. Si era incaricato di smentirla Giovanni Falcone, l’aveva considerata un’ipotesi inesistente Paolo Borsellino“.
ALFONSO GIORDANO: “LA MAFIA IN PARTE DIALOGAVA CON LA POLITICA”
Nel prosieguo dell’intervista concessa a “Il Riformista”, Alfonso Giordano asserisce che l’istruttoria del maxi processo fu fatta “molto bene” da Falcone e Borsellino, i quali giunsero a una fondamentale conclusione: “La mafia era gelosa delle sue cose e la Commissione, che rappresentava il vertice della Cupola, emetteva le sue sentenze senza dare ascolto né a servizi deviati, né a emissari della massoneria, né altri”. Tuttavia, una sorta di dialogo della mafia con la politica è esistita, “c’è sempre stata. I politici che prendevano parte al dialogo con Cosa Nostra sono sempre stati quelli siciliani, con incarichi amministrativi. Non c’erano, nei nostri riscontri, politici di primo piano nazionale”. Fra gli interrogati vi fu Giulio Andreotti e Giordano ricorda che il confronto con lui fu “serio, serrato. Lo andai a sentire a Roma. Andreotti mise a disposizione le informazioni che aveva, negando un suo coinvolgimento diretto. A fine interrogatorio ci fece gli auguri di buon lavoro e non interferì mai, in nessun modo, con le indagini”.
ALFONSO GIORDANO: “COSA NOSTRA MINACCIÒ BERLUSCONI”
Alfonso Giordano ha poi rivelato a “Il Riformista” che Silvio Berlusconi, “per quel che so, ha avuto delle minacce da parte di Cosa Nostra, sia dal punto di vista economico, sia da quello fisico. Attraverso Dell’Utri, di cui si fidava, accettò di assumere Mangano, un personaggio incaricato da Pippo Calò di tenere Berlusconi sotto protezione. Come è noto, abbiamo condannato Calò e Mangano dopo avere acquisito tantissima documentazione. Agli atti non risulta niente di più su Berlusconi, ma vedo che il suo nome continua a circolare a prescindere”. In questi giorni, a Palermo, andrà in scena l’appello Stato-mafia: come andrà a finire? Giordano pare non nutrire dubbio alcuno: “Le sentenze del processo a Mannino mettono in chiaro ruoli e dinamiche. La trattativa non è esistita. Che qualche elemento dello Stato possa avere parlato con qualche elemento della mafia, non lo escludo, ma non per rispondere a un interesse generale, a un disegno complottistico come quello di cui si legge”.