La corte d’Assise d’Appello di Palermo ha assolto, nel processo sulla trattativa Stato e mafia, gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno e il senatore Marcello Dell’Utri, accusati di minaccia a Corpo politico dello Stato. In primo grado erano stati tutti condannati a 12 anni. Dichiarate prescritte le accuse al pentito Giovanni Brusca. La Corte ha confermato le condanne al boss Leoluca Bagarella, riducendola da 28 a 27 anni di carcere, e al capomafia Nino Cinà a 12 anni.



Questa la decisione del collegio presieduto da Angelo Pellino (a latere Vittorio Anania) dopo la sentenza di primo grado di tre anni e mezzo fa, che era stata emessa il 28 aprile 2018 dalla Corte d’assise presieduta da Alfredo Montalto. Una decisione che respinge le richieste dei sostituti procuratori generali Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, che avevano sostenuto l’accusa in secondo grado.



TRATTATIVA STATO-MAFIA, LE SENTENZE PRECEDENTI

Nel corso del dibattimento sulla trattativa Stato e mafia era stata già dichiarata prescritta la condanna di Massimo Ciancimino, il supertestimone del processo, che in primo grado aveva avuto 8 anni per aver calunniato l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro. La sentenza conferma la prescrizione per il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca.

In Appello, sempre nella trattativa Stato e mafia, nel luglio scorso era stato assolto Calogero Mannino perché «estraneo completamente ai fatti». L’accusa del Pg aveva chiesto 9 anni il 9 maggio 2019 nel processo-stralcio in cui Mannino risultava imputato sulla trattativa tra lo Stato italiano e Cosa Nostra nel periodo delle stragi tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, culminate con gli attentati ai giudici Falcone e Borsellino.