Dopo avere marciato su Parigi, Bruxelles, Berlino, Roma, la protesta degli agricoltori finalmente sbarcherà a Sanremo, capitale italiana da domani a domenica. Il principe Amadeus riceverà una loro delegazione sul palco del Teatro Ariston e farà da megafono alle lamentele di chi lavora nei campi e nelle stalle. La ribalta festivaliera rappresenta una sorta di “redde rationem” dove i nodi della protesta verranno al pettine.
Breve riepilogo. La rabbia dei contadini è fondata su ragioni tutt’altro che campate in aria. Sul settore primario dell’economia europea sono piombate tre mazzate una di seguito all’altra: gli assurdi paletti ideologici imposti dalla transizione ecologica secondo Bruxelles, gli effetti a lungo termine degli aiuti comunitari che hanno trasformato il comparto agricolo in un’attività insostenibile senza sussidi, infine l’enorme massa di finanziamenti che hanno preso la strada dell’Ucraina, consentendo al Paese in guerra con la Russia, un tempo definito il “granaio del mondo”, di invadere i mercati europei con produzioni a prezzi stracciati. Un dato è sufficiente per spiegare la tensione: l’UE ha appena destinato un’ulteriore tranche di aiuti all’Ucraina pari a 50 miliardi di euro mentre la PAC (Politica agricola comunitaria) ne vale complessivamente 54 per tutti i 27 membri dell’Unione. Siccome Bruxelles non ha ancora il potere di creare il denaro dal nulla, da qualche parte dovrà pur prenderlo. E tra i più penalizzati ci sono gli agricoltori.
Ogni Paese ha avuto i suoi detonatori per far partire le colonne dei trattori lungo le autostrade. In Germania è stato il rincaro del gasolio, in Francia lo spettro dell’accordo con il Mercosur, in Italia la fine dell’esenzione Irpef sui terreni agricoli decisa dal Governo Meloni (contro il parere della Lega). E ogni Paese ha affrontato l’esasperazione dei contadini a modo suo. Parigi, per esempio, è riuscita a bloccare l’accordo commerciale con il Sudamerica, molto penalizzante per il settore agricolo; così nel silenzio generale gli Champs Elysées sono stati sgomberati. Da noi invece tutto finisce a Sanremo, dove i leader della protesta prenderanno ben volentieri il microfono del festival in nome del “riscatto agricolo”.
Una delle differenze di fondo tra i cortei di trattori nel resto d’Europa e quelli di casa nostra è che il malcontento italiano è espresso da una miriade di piccoli e piccolissimi leader, molti dei quali sono facce già note per precedenti episodi di contestazione, come per esempio quella dei Forconi una decina d’anni fa. Vista la frammentazione delle manifestazioni, c’è ora la corsa a mettere il cappello sulla protesta, ognuno con la sua parte di verità. Il Governo contro l’esasperazione ideologica del Green Deal, le opposizioni per i passi falsi dell’esecutivo (vedi il ripristino dell’Irpef sui terreni agricoli), Amadeus in nome dell’audience sanremese, e via dicendo. Ma si muove anche il soggetto che sta all’origine di questa confusione, cioè l’Unione Europea, che si prepara a replicare la tattica adottata in Francia: un contentino a coltivatori e allevatori per tacitare il grosso delle proteste fino alle elezioni di giugno, dopodiché toccherà alla nuova maggioranza che si insedierà all’Europarlamento, e alla futura Commissione, affrontare di nuovo le questioni aperte.
Nel frattempo, dunque, qualche elargizione in più e qualche allentamento di regole troppo rigide verranno scambiati per una momentanea vittoria assegnata ai trattori, mentre in realtà saranno la soluzione più scaltra per non toccare gli obiettivi. Dopo il voto, chissà.
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