Dalla “Schwa” al concetto di donna, la “rivoluzione” del linguaggio in forma di costante evoluzione politicamente corretta arriva ad un altro importante risultato: la Treccani cambia il suo vocabolario online dopo le pressioni e richieste emerse negli scorsi mesi, modificando la parola “donna” ed eliminando ogni sinonimo dispregiativo. Le 100 firmatarie (tra cui Laura Boldrini, Michele Murchia, Imma Battaglia) della lettera inviata all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani hanno così vinto la “sfida” a distanza con l’istituto che inizialmente aveva replicato alla lettera declinando la proposta, motivata con «le parole hanno una storia che non si può cancellare».



Ma la pressione di un gruppo di attiviste femministe “capitanate” da Maria Beatrice Giovanardi, responsabile del team della campagna “Woman”, ha avuto la meglio e così il vocabolario online ha eliminato alcuni sinonimi dispregiativi che venivano indicati sotto la voce “donna”.

IL LINGUAGGIO “CORRETTO”

Niente più “cagna” o “zoccola” per aggiungere sinonimi al concetto di “buona donna” in senso dispregiativo: ecco la denuncia delle attiviste giunta lo scorso 5 marzo nella lettera alla Treccani, «sapevi che nel dizionario dei sinonimi, in riferimento alla parola “donna”, eufemismi come “buona donna” e sue declinazioni come “puttana”, “cagna”, “zoccola”, “bagascia”, e varie espressioni tra cui “serva”? Con queste espressioni associate al concetto di “donna” trovano posto inoltre una miriade di esempi ed epiteti dispregiativi, sessisti, talvolta coraggiosamente definiti eufemismi: “baiadera”, “bella di notte”, “cortigiana”, “donnina allegra”, “falena”, “lucciola”, “peripatetica”, “mondana”, “passeggiatrice”, e molti altri». Ebbene, da pochi giorni la Treccani ha effettuato un “repulisti” generale eliminando tutte le parole considerate sessiste: al loro posto invece avanzano espressioni che fotografano un altro tipo di donna, valorizzando i traguardi intellettuali e sociali (come donna di lettere, di legge, di scienza e di Stato).



«In numerose espressioni consolidate nell’uso si riflette un marchio misogino che, attraverso la lingua, una cultura plurisecolare maschilista, penetrata nel senso comune, ha impresso sulla concezione della donna. Il dizionario, registrando, a scopo di documentazione, anche tali forme ed espressioni, in quanto circolanti nella lingua parlata odierna o attestate nella tradizione letteraria, ne sottolinea sempre, congiuntamente, la caratterizzazione negativa o offensiva», scrive la Treccani rispondendo alle esigenze stringenti dell’attualità “corretta politicamente”. Valeria Della Valle, direttrice del vocabolario Treccani, ha poi spiegato a Repubblica che la scelta di modificare la voce è solo l’inizio di un più lungo processo “culturale”: «l’operazione richiederà più tempo perché il lavoro di un dizionario è simile a quello del sarto, la voce ‘donna’ che contempla già espressioni relative ai diritti, all’emancipazione e ai movimenti di liberazione delle donne, ha bisogno di ritocchi che aggiungeranno frasi relative al ruolo professionale della donna».