Continuano – serratissimi e blindatissimi – i colloqui per la tregua a Gaza che si stanno tenendo ormai da più di 24 ore in quel di Doha (capitale del Qatar) con i mediatori israeliani, palestinesi, americani e qatarioti che stanno cercando di giungere ad un accordo che ponga fine – quanto meno – a questa violentissima fase del conflitto israelo-palestinese: le discussioni inizialmente erano state previste solamente per la giornata di ieri – il 15 agosto 2024 – ma in serata si è deciso di prolungarli per almeno altre 24 ore.



Si tratterebbe di un segnale positivo, sintomo che forse (dopo mesi di proclami quasi sempre vuoti e fini a se stessi) la tregua a Gaza potrebbe essere più vicina: non a caso già ieri alcune fonti tra i mediatori del Qatar avevano parlato di “progressi”, con una conferma – e l’aggiunta della parola “significativi” – anche da parte dei colleghi americani; ma rimane ancora piuttosto incerta sia la posizione di Israele, che quella di Hamas e – soprattutto – quella dell’Iran e delle sue milizie sparse per tutto il Medio Oriente.



La posizione di Hamas e Israele sulla tregua a Gaza: l’Idf chiede “flessibilità” al premier Netanyahu

Allo stato attuale è difficile prevedere ed anticipare quali potrebbero essere i contenuti di un eventuale accordo tra Tel Aviv e i terroristi palestinesi, ma se dal lato israeliano non trapelano grandi indiscrezioni – fuorché la promessa dell’Idf di ieri fatta al Times of Israel di “continuare” ad eliminare gli avversari -; sul fronte di Hamas la tregua a Gaza è stata collegata all’obbligatorio e “completo ritiro [israeliano] dalla Striscia” e al “ritorno degli sfollati” alle loro abitazioni.



Insomma: la tregua a Gaza sembra essere sempre più vicina grazie ai colloqui che si stanno tenendo a Doha, ma al contempo sembra esserci anche una profonda incertezza dovuta soprattutto al fatto che Hamas non starebbe partecipando con nessuno dei suoi esponenti politici e militari ma solamente con alcuni rappresentanti istituzionali. Tornando in quel di Tel Aviv, un ulteriore segnale di distensione arriva – sorprendentemente – dal sempre belligerante Idf che nella persone di un mediatore anonimo sembra aver consigliato al premier Netanyahu “flessibilità nei negoziati” per preservare “le vite degli ostaggi”.

Tregua a Gaza: l’incognita Iran che potrebbe finire per trascinare gli States in un conflitto regionale

Nonostante gli annunci positivi e i segnali distensivi – però – non si può ignorare che a rendere ancora una volta difficile il proseguo dei colloqui a Doha per la tregua a Gaza potrebbe esserci il ruolo dell’Iran che (secondo il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby) potrebbe attaccare Israele “con poco o nessun preavviso (..) nei prossimi giorni” per vendicare l’assassinio sul territorio di Teheran del leader di Hamas Isamail Haniyeh avvenuto lo scorso 31 luglio.

Ieri – rivolgendosi in calce al primo giorno di colloqui proprio al Partito di Dio – l’emiro e premier del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani avrebbe invitato gli ayatollah a valutare se “vale la pena per voi, o per Hezbollah, attaccare Israele proprio quando si stanno verificando progressi” nella tregua a Gaza; scatenando – forse prevedibilmente – l’ira dell’intera Asse della resistenza composta da Hamas, Hezbollah, Houthi e Jihadisti palestinesi.

In un meeting che si è tenuto ieri tra le forze vicine all’Iran (e lontane dallo Stato ebraico) sarebbero volati alcuni insulti, tanto che alcuni tra i rappresentati delle milizie avrebbero abbandonato la riunione ritenendo un vero e proprio affronto l’idea di non vendicare la morte di Haniyeh: in particolare sembrano essere gli ambienti di Hamas a chiedere a gran voce – addirittura – l’uccisione di Netanyahu; mentre gli iraniani sembrano abbracciare sempre di più una posizione distensiva per evitare di trascinare nel conflitto anche gli Stati Uniti con esiti che tarderebbero (e renderebbero forse anche del tutto impossibile) arrivare ad una vera e giusta tregua a Gaza.