COSA SAPPIAMO FINORA DELL’ACCORDO (PRESUNTO) TRA ISRAELE E HAMAS SULLA LIBERAZIONE DEGLI OSTAGGI

L’accordo per un cessate il fuoco tra Hamas e Israele è ancora appeso ad un filo e le aperture delle scorse ore sono state in parte ridimensionate stamane dal funzionario del politburo di Hamas, Izzat al-Risheq. Fonti “anonime” in serata ieri avevano sottolineato come non vi erano «grossi problemi» circa il via libera all’ultima proposta di tregua formulata da Egitto, Qatar e Israele in merito alla liberazione degli ostaggi in mano ad Hamas dal 7 ottobre scorso, con conseguente stop all’operazione su Rafah (nel sud della Striscia di Gaza).



Stamattina però il funzionario del gruppo terroristico (che nel frattempo ha inviato una delegazione al Cairo per continuare i negoziati sulla tregua) fa sapere che la proposta di accordo «è ancora in fase di studio». Dall’Egitto intanto è giunto l’invito alla delegazione israeliana di recarsi nuovamente nella capitale per proseguire i negoziati, considerati comunque ancora a buon livello rispetto ai 206 giorni precedenti di complessa durata della guerra Hamas-Israele nella Striscia di Gaza. La delegazione da Tel Aviv sarà autorizzata a fornire risposte alle richieste sollevate da Hamas, fa sapere una fonte al quotidiano Al-Arabi Al-Jadid del Qatar, ma non sarà autorizzata «a prendere decisioni o a presentare posizioni ufficiali».



L’accordo ad oggi consiste nel rilascio di almeno 20 dei 33 ostaggi ancora vivi in mano ad Hamas in cambio di un cessate il fuoco di tre settimane: l’obiettivo è quello parallelo di rinviare se non del tutto annullare l’eventuale attacco israeliano contro Rafah nel sud della Striscia. Sebbene non sia chiaro se tale accordo porti all’effettiva fine della guerra, sarebbe già un gran passo in avanti e per questo c’è fibrillazione nella comunità internazionale per l’evoluzione delle prossime ore. Stamane a complicare nuovamente il tutto, dopo il mezzo passo indietro di Hamas, si è messo il raid israeliano su Rafah che avrebbe provocato 13 morti palestinesi (secondo fonti mediche di Gaza).



BIDEN CHIAMA NETANYAHU PER EVITARE OPERAZIONE RAFAH: LE MOSSE USA E L’APERTURA DI ISRAELE

Egitto, Qatar e Stati Uniti pressano per raggiungere al più presto l’accordo in modo da impostare il cessate il fuoco il più possibile permanente sulla Striscia: un segnale di speranza è rappresentato da quanto sostenuto dal Ministro del Gabinetto di Guerra israeliano, Benny Gantz, a poche ore dai nuovi negoziati in Egitto con Hamas: «Entrare a Rafah è importante nella nostra lunga campagna contro Hamas, ma il ritorno degli ostaggi catturati il 7 ottobre è di importanza più grande», ha scritto su X il titolare del Governo Netanyahu.

Nella serata di ieri poi è avvenuta una nuova telefonata sull’asse Washington-Tel Aviv tra i due leader impegnati da mesi in un tira e molla diplomatico di difficile lettura: Biden ha chiamato il Premier Netanyahu per convincerlo a proseguire i negoziati sull’accordo per la liberazione degli ostaggi, in cambio del congelamento dell’operazione su Rafah. Come riferisce la Casa Bianca, nel dialogo il Presidente Usa ha ribadito la posizione di un forte impegno per la sicurezza di Israele ma ha inoltre «fatto il punto sui colloqui in corso per garantire il rilascio degli ostaggi e l’immediato cessate il fuoco a Gaza». Continua poi il pressing americano su Hamas per il rilascio degli ostaggi e infine tanto Biden quanto Netanyahu, conclude la nota della White House, «hanno anche discusso dell’aumento dell’assistenza umanitaria a Gaza, anche attraverso i preparativi per l’apertura di nuovi valichi settentrionali a partire da questa settimana. Il Presidente ha sottolineato la necessità che questi progressi siano sostenuti e rafforzati in pieno coordinamento con le organizzazioni umanitarie».

Mentre nel frattempo il segretario di Stato Usa Antony Blinen prosegue il tour diplomatico in Medio Oriente con la visita oggi in Arabia Saudita, da fonti americane vicine al Governo Dem fanno sapere che Israele «non entrerà a Rafah senza consultarci». Resta l’incognita della Corte Penale Internazionale e del possibile mandato di cattura contro Netanyahu per crimini contro l’umanità a Gaza: gli Usa starebbero cercando di “congelare” l’azione per convincere Israele a mollare la presa su Rafah e condurre in porto la liberazione degli ostaggi. Come si può notare resta tutto un intricato filo diplomatico con Usa-Israele da un lato e il blocco filo-Iran dall’altro: Blinken nelle prossime ore incontrerà i rappresentanti di ben 5 Stati Arabi (Arabia, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Qatar ed Egitto) per impostare la discussione sulla “governance” della Striscia di Gaza dopo la guerra. Passa anche da qui grossa parte del successo o insuccesso dell’accordo ancora in bilico fra Hamas e Israele.