Sessanta giorni di tregua, ma Israele si sente in diritto di interromperla qualora Hezbollah tentasse di riarmarsi. In Libano, da stamattina alle 3 italiane, dovrebbero tacere le armi, ma si tratterebbe di un cessate il fuoco temporaneo. Come ha detto il patriarca di Gerusalemme dei Latini, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, non è pace quella annunciata dal premier israeliano Netanyahu, anche se è un primo risultato che in teoria potrebbe portare a trattative per una soluzione definitiva del conflitto.



Hezbollah ha accettato, spiega Vincenzo Giallongo, generale dei Carabinieri in congedo, con al suo attivo missioni in Iraq, Albania, Kuwait e Kosovo, perché è allo stremo delle forze, mentre Netanyahu lo ha fatto, nonostante il parere contrario della destra nazionalista, per evitare un isolamento internazionale diventato sempre più pesante dopo l’emissione dei mandati di arresto da parte della Corte penale internazionale. Ora però Israele torna a puntare gli occhi sull’Iran: il premier ha promesso che non lascerà che Teheran costruisca la bomba atomica.



Le ultime ore di guerra, intanto, sono caratterizzate da operazioni militari più intense del solito. Israele ha colpito duramente Beirut e non solo. La tregua dovrebbe comportare un ritiro di Hezbollah dietro il fiume Litani e un abbandono del sud del Libano da parte di Israele. Sull’accordo si è espresso anche il presidente USA Joe Biden: “Hezbollah non potrà più minacciare Israele. Nel sud del Libano non ci saranno truppe americane”.

Generale, perché si è arrivati finalmente a un’intesa?

Se è passato l’accordo, è perché Hezbollah a questo punto è proprio in difficoltà. E lo è dal momento in cui Israele ha fatto esplodere i cercapersone con cui i miliziani tenevano i collegamenti tra loro e dopo le eliminazioni mirate di gran parte dei capi, a cominciare da Nasrallah. Hezbollah ha accettato senza sapere cosa succederà a Gaza, mentre finora aveva sempre dichiarato che avrebbe cessato il fuoco solo se finiva la guerra nella Striscia. Israele, comunque, ha già annunciato che se la tregua non verrà rispettata in tutti i suoi aspetti, rientrerà in Libano.



Perché Israele non ha approfittato di questa debolezza ma ha accettato la tregua?

Si sta isolando a livello internazionale: il mandato di arresto della CPI contro Netanyahu non è uno scherzo. Non è la stessa situazione di Putin; qui siamo di fronte a un uomo che si spaccia per democratico e che si trova a rischio di arresto. Un ripensamento il premier israeliano lo ha dovuto fare. Per il resto probabilmente gli israeliani hanno ritenuto sufficienti i risultati ottenuti dal punto di vista militare. Il 100% degli obiettivi non poteva essere raggiunto; quello che hanno fatto per il momento li accontenta.

Netanyahu ha dato tre motivazioni della scelta: concentrarsi sull’Iran, rinnovare le forze al fronte (ma anche ritardi nei rifornimenti di armi e munizioni), separazione del fronte libanese e di quello di Gaza isolando Hamas. Sono ragioni reali?

Come ho detto, Hezbollah ha accettato di non legare a doppio filo la guerra in Libano con quella di Gaza solo perché non ce la fa più. Quanto alle altre due considerazioni, ho sempre pensato che prima o poi gli israeliani dovessero tirare il fiato: non si possono tenere aperti troppi fronti; a un certo punto le truppe vanno fatte riposare.

Concentrarsi sull’Iran ora vuol dire, però, che si potrebbe subito riaprire un’altra tranche del conflitto? Netanyahu ha ribadito che impedirà a Teheran di costruire un’arma nucleare. Bombarderà ancora l’Iran?

Sono convintissimo che prima che l’Iran realizzi la bomba atomica, Israele attaccherà i siti dove la stanno preparando. Ne va della sua sopravvivenza. Se consentisse all’Iran di alzare il livello dei suoi armamenti, potrebbe rischiare un nuovo esodo.

I partiti di destra che sono in coalizione con Netanyahu si sono opposti alla tregua. Ben Gvir continua a dire che è un grave errore. Si faranno sentire?

La destra vorrebbe continuare ad attaccare, ma dal punto di vista di Israele ora credo sia giusto far riposare gli uomini. È necessario un periodo per riprendersi. Ricordiamoci comunque che se Israele ritenesse che Hezbollah stia commettendo qualche errore, cercando di riarmarsi, l’IDF è pronta a intervenire. I partiti di destra, comunque, sbagliano a voler aprire troppi fronti.

Si tratta comunque di una tregua; come ha detto il cardinale Pizzaballa, la pace è un’altra cosa. Ci si arriverà?

La pace è un’altra cosa, e a giudicare da com’è la situazione adesso, non ci si arriverà mai. Ci potranno essere tregue o armistizi, indipendentemente dalla presenza o meno del governo Netanyahu o di esecutivi simili. Purtroppo, il conflitto terminerà solo quando uno dei due Stati soccomberà all’altro. Chi immagina israeliani che vanno da turisti in Iran o iraniani in Israele sogna a occhi aperti. Anzi, questo è proprio il momento peggiore per sognare una circostanza del genere.

Netanyahu ha anche avvisato Assad di non scherzare con il fuoco. Per farsi perdonare dagli oltranzisti che non accettano la tregua fa il duro anche con lui?

Assad non ha nessun potere; è gestito da altri. Che fastidio può dare? Ormai è stato messo sotto tutela.

La destra di governo che rifiuta la tregua potrebbe creare qualche problema all’alleato Netanyahu?

La destra potrebbe insistere per un nuovo attacco nei confronti di Hezbollah, anche solo se il gruppo sciita filoiraniano dovesse commettere qualche piccola sciocchezza. Anche il minimo errore, che potrebbe essere perdonato ad altri, li spingerebbe a fare pressione su Netanyahu, che obtorto collo dovrebbe agire.

(Paolo Rossetti)

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