MARTEDÌ RIPRENDONO I NEGOZIATI AL CAIRO SULLA TREGUA. LO STOP DELLE ARMI USA A ISRAELE DIVENTA UN CASO

I negoziati per la tregua a Gaza fra Israele e Hamas proseguiranno martedì per il terzo giorno su 4 complessivi, segno che al netto delle distanze ancora importanti tra le parti qualche elemento “positivo” pare effettivamente scorgersi all’orizzonte. La delegazione di Hamas ha annunciato di aver lasciato la capitale dell’Egitto diretta a Doha ma ha anche aggiunto che le consultazioni in Qatar proseguiranno e che martedì la stessa tornerà al Cairo per riprendere le trattative sulla tregua.



Le dichiarazioni di Haniyeh e Netanyahu oggi hanno reso più “fredde” le spinte di un accordo finale trovato fra Israele e Hamas, ma non per questo domina il pessimismo tra i mediatori in Egitto ancora pronti a portare a termine la bozza di accordo preparato questo ultimo mese. Nel frattempo rischia di diventare un caso diplomatico e politico lo stop all’invio di munizioni in Israele operata dagli Stati Uniti: lo scrive oggi pomeriggio Axios, citando due alti funzionari di Tel Aviv, «l’amministrazione Biden la scorsa settimana ha bloccato una spedizione di munizioni Usa in Israele». Secondo le stesse fonti diplomatiche, l’allarme nel Governo Netanyahu è scattato temendo una sorta di “ricatto” dell’alleato Usa in merito allo stop sull’operazione da condurre a Rafah: da Washington – in piena campagna elettorale e con devastanti manifestazioni di protesta pro-Palestina nelle università – si vuole l’utilizzo di armi in conformità col diritto internazionale, chiedendo infine ad Israele di non operare l’attacco nel Sud della Striscia puntando invece a limare gli accordi con Hamas (i quali però, va riconosciuto, ancora non hanno accettato la bozza).



LE TRATTATIVE AL CAIRO SULLA TREGUA ISRAELE-HAMAS: I PASSI AVANTI E IL “FRENO”, COSA SUCCEDE

L’accordo si fa. O forse no. O forse è ancora da discutere. Non regna chiarezza sulla tregua fra Israele e Hamas nei lunghissimi (e riconvocati a più riprese) negoziati in corso al Cairo tra le diverse delegazioni di Qatar, Egitto, Israele, Stati Uniti e Hamas. Nella serata di sabato sembrava essere decisamente più vicino l’accordo finale sulla tregua per la guerra a Gaza, con i dettagli confermati dall’ultima bozza aggiornata (ecco qui i punti nel dettaglio, ndr). Nelle ultime ore si sarebbe invece avuta una brusca frenata, concisa con quanto filtra dalla delegazione palestinese e infine con le dichiarazioni del Premier Bibi Netanyahu nel pomeriggio di domenica.



Andando con ordine, resta un sostanziale ottimismo tra i vari mediatori al tavolo del Cairo circa la buona riuscita della tregua in due fasi che comporta la liberazione degli ostaggi in mano da Hamas, di prigionieri palestinesi in carcere in Israele e soprattutto il cessate il fuoco nella Striscia alle soglie di una vasta operazione a Rafah, nel sud di Gaza. Dopo gli appelli continui della presidenza Biden e della comunità internazionale, il peso dell’accordo è in mano ad Hamas che continua nella strategia altalenante di “apertura e chiusura” delle trattative. Un funzionario arano a Sky News Arabia nelle scorse ore ha fatto sapere che la bozza di accordo per la tregua Israele-Hamas «è la migliore dall’inizio dei negoziati» e l’accettazione, con conseguente stop alla guerra a Gaza, «è ormai imminente». La frenata arriva per voce invece di Osama Hamdan, tra i portavoce di Hamas, che spiega come le dichiarazioni di Netanyahu sull’ingresso a Rafah indipendentemente dal risultato dell’accordo, allontanano la tregua: «secondo il Premier se ci fosse o meno un cessate il fuoco, vi sarà l’attacco. Ciò è in contraddizione rispetto ai colloqui in corso».

NETANYAHU E ISRAELE DIVISI SULL’OPERAZIONE A RAFAH: GLI SCENARI SUL PRESUNTO ACCORDO

Secondo le fonti in mano ad Israele – in particolare quelle riportate dal giornalista di Axios” Barak Ravid su X – il passo in avanti ci sarebbe stato in quanto Hamas avrebbe riconosciuto la possibilità di liberare ostaggi anche senza l’impegno ufficiale di Israele sulla fine della guerra. Tra i passi avanti invece posti dalla Stato ebraico, ci sarebbe invece il rilascio di Marwan Barghouti, detenuto palestinese ed ex leader dei Tanzim, la fazione militante del movimento palestinese Fatah. Se l’imminente accordo davvero si appresta ad essere accettato, di contro restano le distanze per i «calcoli politici del premier israeliano Benjamin Netanyahu e di alcuni leader di Hamas», rivela la stessa fonte araba a Sky News.

Il punto di dissenso reso “pubblico” è la richiesta di un impegno formale di Israele nel terminare la guerra a Rafah e nel resto della Striscia, mentre ad Hamas viene chiesta la liberazione degli ostaggi e la fine dei “dietrofront” continui che hanno attraversato gli ultimi mesi di negoziati per la pace in Medio Oriente. Gli scenari sono dunque ancora complessi nonostante qualche significativo passo avanti emerso nella bozza considerata dalle fonti palestinesi come appunto la migliore fino ad oggi. Nel pomeriggio di oggi è poi il Capo del Governo di guerra israeliano a spiegare come non saranno accettati altri diktat di Hamas nel prosieguo dei negoziati: «è Hamas che impedisce un accordo per il rilascio degli ostaggi», ha detto Netanyahu parlando da Tel Aviv, aggiunge come Israele era ed è tuttora «pronto a concludere una tregua nella lotta per liberare i nostri rapiti».

Secondo il Gabinetto di guerra, la sigla terroristica palestinese sarebbe ancora «trincerato nelle sue posizioni estreme, prima fra tutte la richiesta di ritirare tutte le nostre forze da Gaza. Israele non può accettarlo». Per questo motivo, se gli scenari rimarranno questi, conclude Netanyahu, «Israele non accetterà le richieste di Hamas, che significano la resa, e continuerà a combattere finché tutti i suoi obiettivi non siano raggiunti». In merito alle trattative in corso al Cairo, interviene anche uno dei leader di Hamas, Ismail Haniyeh, il quale sostiene l’obiettivo della fazione palestinese: «un accordo globale che ponga fine all’aggressione, garantisca il ritiro dell’Idf (le forze militari israeliane, ndr) e raggiunga una seria intesa sullo scambio di prigionieri». Al via oggi il secondo giorno di negoziati in Egitto e l’atmosfera sembra dunque tutt’altro che “pacifica”.