L’ANNUNCIO DI NETANYAHU SULLA TREGUA IN LIBANO: I 60 GIORNI DI CESSATE IL FUOCO

La tregua in Libano con Israele si fa, questa volta è ufficiale: da domani lo stop alle ostilità durerà 60 giorni, con lo Stato ebraico pronto a riattaccare qualora Hezbollah non dovesse rispettare i patti e dovesse riarmarsi al confine con Israele. Lo ha detto il Premier Bibi Netanyahu prima di presentarsi al Gabinetto di guerra per far votare la tregua con il Libano ottenuta con l’appoggio di Francia e Stati Uniti: «La durata di questo accordo dipenderà da ciò che succederà sul terreno», ha sottolineato nel discorso alla nazione, aggiungendo la volontà di mantenere la piena libertà militare in Libano per rispondere ad Hezbollah in caso di fallimento dei negoziati.



«Se Hezbollah viola l’accordo e tenterà di armarsi, colpiremo. Se tenterà di ricostruire infrastrutture terroristiche vicino al confine, colpiremo. Se lancerà razzi, se scaverà tunnel, se porterà un camion con missili, colpiremo», conclude Netanyahu sottolineando la necessità di una tregua per concentrarsi sul resto della guerra ad Hamas e Iran, per rinnovare le forze sul campo e per poter infine «separare i fronti e isolare Hamas». In attesa che anche Biden con Macron annuncino la tregua del Libano con Israele, il cessate il fuoco durerà complessivamente due mesi a partire dalle ore 10 (locale) di domani: l’IDF promette di ritirarsi dal sud del Libano, così come Hezbollah ritornerà ai “confini” del fiume Litani nell’area centrale.



STASERA L’ANNUNCIO, ATTIVO DA DOMANI: ECCO L’ACCORDO TRA ISRAELE E LIBANO SUL CESSATE IL FUOCO

La tregua tra Israele e Libano sarà annunciata alle 19 da un comunicato del Premier Netanyahu, confermato poi da Beirut e infine annunciato alle ore 21 in Italia dai comunicati di Joe Biden e Emmanuel Macron, leader Usa e Francia. Dopo mesi di scontri, raid e guerriglia tra le milizie di Hezbollah e l’IDF israeliana, il cessate il fuoco sembra essere veramente alla portata: attenzione, non significa che la guerra in Medio Oriente sia conclusa qui (rimane il focolaio più drammatico nella Striscia di Gaza) ma i certo la fine delle ostilità con Hezbollah rappresenta un minimo di riuscita per la diplomazia internazionale in sede ONU.



«La tregua aiuterà la fine della guerra a Gaza»: così il Segretario di Stato americano Blinken, riproponendo la tesi già spiegata negli scorsi giorni dal Ministro degli Esteri libanese Habib che a margine del G7 in Italia ha confermato l’intesa faticosa raggiunta con lo Stato di Israele. L’esercito libanese e la missione UNIFIL di fatto toglieranno le armi ad Hezbollah, provando poi a indire nuove elezioni: così la promessa del Governo libanese dopo 66 giorni di guerra iniziata con lo sconfinamento dell’esercito di Israele (a sua volta seguito dei raid lanciati dal Libano contro obiettivi ebraici per sostenere la causa di Hamas a Gaza). Dal Premier Netanyahu al collega omologo libanese Najib Mikati, l’accordo di cessate il fuoco è ormai cosa fatta ed entrerà in vigore alle ore 9 (in Italia) di mercoledì 27 novembre 2024.

Nelle ultime ore un nuovo potente raid è stato sganciato da Israele nel centro di Beirut, come sorta di “vendetta” sui precedenti attacchi di Hezbollah: 7 i morti, 37 i feriti secondo il bilancio parziale del Ministero della Salute libanese. Mentre la destra israeliana boccia completamente l’accordo sulla tregua, a livello internazionale si paure allo sforzo diplomatico che ha portato a definire i livelli operativi della tregua: per Hezbollah non si tratta di una “resa”, ma di una possibilità di “rifiatare” dopo mesi durissimi di guerra, il che fa scattare l’ira degli anti-Netanyahu in quanto ritengono l’accordo un passo indietro nel progetto di sconfiggere i nemici di Israele. Con la vittoria di Trump alle Elezioni americane, è convinzione comune che si debba accelerare una risoluzione del conflitto in quanto gli Usa non avrebbero mai tolto l’appoggio allo Stato ebraico: non solo, con la tregua in Libano la speranza internazionale è di poter arrivare alla restituzione degli ostaggi ancora in mano ad Hamas, alleati di Hezbollah e dell’Iran.

COSA PREVEDE LA TREGUA IN LIBANO: GLI IMPEGNI DI HEZBOLLAH E DI ISRAELE

Alcune amministrazioni del nord di Israele sono tutt’altro che convinte dell’utilità di tale tregua in Libano in quanto ritengono che Hezbollah potrebbe non concludere le proprie attività terroristiche al confine: ormai però Netanyahu la sigla finale all’accordo l’avrebbe posta e nelle prossime ore si chiariranno tutti i vari step previsti dagli “sherpa” che hanno lavorato all’accordo in queste settimane.

Secondo quanto emerso finora nelle anticipazioni alle agenzie internazionali, l’accordo prevede tre fasi sostanziali: in primo luogo, la tregua prevede il ritiro dei terroristi di Hezbollah a nord del fiume Litani, per la prima volta dopo oltre 20 anni; in secondo luogo, l’esercito di Israele si ritira completamente dal Libano del Sud; da ultimo, negoziati specifici tra Israele e Libano per poter arrivare ad una netta demarcazione dei confini rispettivi. Come richiesto ampiamente da Usa e Francia, l’esercito libanese dovrebbe per statuto avere il computo di prendere sotto controllo la cona di confine tra i due Paesi (con l’aiuto della base UNIFIl delle Nazioni Unite) impedendo il ritorno di Hezbollah. Da un lato l’impossibilità di sconfiggere appieno Hezbollah, dall’altro la volontà americana di giungere ad una tregua per poter poi confluire gli sforzi diplomatici nell’area più drammatica a Gaza: questi i motivi chiave delle rispettive parti dietro alla tregua che potrebbe cambiare le sorti della guerra in Medio Oriente.