L’AFFONDO DI GIULIO TREMONTI CONTRO IL GOVERNO DRAGHI

Giulio Tremonti, per quattro volte Ministro della Repubblica, non vede di buon occhio la crisi politica attuale: non tanto per le possibili conseguenze elettorali, ma proprio per quanto fatto/non fatto dal Governo Draghi sul fronte riforme. Intervistato da “Libero Quotidiano”, l’ex Ministro delle Finanze dell’ultimo Governo Berlusconi non si nasconde dietro a sofismi particolari e attacca «beata la nazione a cui non servono i supereroi. Le riforme sono ancora quasi tutte da fare».



Dopo un inizio incoraggiante e con un respiro importante dato dal Premier Draghi dopo l’insediamento, qualcosa si è “rotto” per Tremonti: «nella conferenza di fine anno 2021 Draghi diceva “sul PNRR il più è stato fatto, ora sta agli altri andare avanti”, “non è bene che il Paese dipenda da un uomo solo, sono comunque a disposizione come nonno delle istituzioni”. Forse Draghi si preparava per il Quirinale…». Se è vero che con Draghi l’inflazione in Italia è salita all’8% ma sotto la media Ue che è schizzata all’8,6%, per Tremonti non è un grande medito di questo Governo: «Il Pil aumenta rispetto alle previsioni per via del rimbalzo. Le previsioni si fanno comunque sull’anno dopo e lì non vedo un grande orizzonte».



TREMONTI: “CANTIERE RIFORME È ANCORA INVISIBILE”. COSA SUCCEDE ORA

Davanti all’ipotesi di un inverno “bollente” per il nostro Paese senza una guida come Mario Draghi a Palazzo Chigi, davanti alle tante crisi in campo già ora – gas, inflazione, accise benzina, guerra, Manovra, pensioni – ecco che l’ex Ministro Tremonti prosegue nella sua opera di “distinguo” controcorrente. «Oggi il cantiere delle riforme che potevano rilanciare il paese è invisibile. Non c’è traccia delle grandi riforme fiscali, giustizia, pensionistica. E il Pnrr è invischiato nella somma di tre burocrazie; quella centrale e territoriale italiane a cui s’aggiunge quella europea», spiega ancora l’ex forzista a “Libero Quotidiano”. Al netto dei risultati ottenuti sul PNRR, Tremonti si riveste di sarcasmo quando chiede provocatoriamente se qualcuno mai si ricorda i 45 progetti approvati fino ad ora: «il PNRR così mi ricorda più il piano quinquennale sovietico».



Tremonti riconosce comunque al Governo Draghi una fiducia buona e sufficiente per «curare le emergenze di questo ultimo scorcio di legislatura», ma per quanto riguarda le riforme strutturale di cui il Paese necessita, ecco «oramai abbiamo perso il treno». Al netto di qualche “sassolino” ancora da togliersi dalla scarpa – Tremonti contesta l’invio della lettera da Governatore di Bankitalia di Mario Draghi il 5 agosto 2011, preludio alle fragorose dimissioni di Berlusconi nell’inverno successivo – l’allora Ministro delle Finanze arriva a concepire il “Whatever it takes” come una sorta di «leggenda europea». Ecco spiegato come: «La leggenda del whatever it takes di Draghi è basata sulla decennale violazione di due regole fondamentali dell’Europa. Giuste o sbagliate che siano, sono regole». La prima regola superata dalla presidente BCE di Draghi è che «l’inflazione è un plafond, non si deve superare il 2%; invece si è trasformato in un obiettivo da raggiungere e ci sono riusciti, siamo all’8%. La seconda regola violata è che la Bce non può finanziare i governi», conclude Tremonti, «regola aggirata tanti anni con il QE attraverso le banche centrali».