Giulio Tremonti si concede un’intervista sulle pagine de “Il Giornale” intrisa di riferimenti storici, filosofici, economici e addirittura biblici nel giorno del suo compleanno. L’ex ministro del governo Berlusconi comincia la sua riflessione dall’antica Roma per muovere velocemente all’attualità: “Agli attori era fatto divieto di fare politica e questo per una ragione molto seria: degli attori si conosceva, ma anche si temeva, la capacità di suggestionare ed influenzare il popolo. Lo stesso valeva, ed a maggior ragione, per i comici. Una categoria, questa, certo non minore, di quell’arte, anzi superiore nella capacità di impressionare la plebe e per questo, a ragione, temuta. Nella Roma di oggi è l’opposto di quanto era nella Roma antica. Non è all’arte comica che si vieta la politica, ma è la politica che si sottomette o insegue l’arte comica. Del resto, le grandi maschere italiane appaiono nel Seicento, nella decadenza e nella sottomissione allo straniero di quella che è stata una grande civiltà. Se Grillo ha portato una rivoluzione in Italia? Certamente gli va riconosciuta una grande intelligenza e grande efficacia nelle sue seriali application“. Ma un passaggio fondamentale del ragionamento di Tremonti è quello che ha a che vedere con la presunta sottomissione italiana. Nei confronti di quale soggetto straniero? L’ex ministro spiega: “Ogni riferimento alla vittoria europea appena ottenuta è puramente casuale. Forse andrebbe maggiormente considerato il fatto che l’Italia dallo status di Paese fondatore è passata a quello inferiore di Paese prenditore, stazione appaltata o appaltante, per la gestione di fondi altrui presi a debito, dimenticando che il debito, quale che ne sia la fonte o il titolo, è pur sempre causa di soggezione e sottomissione“.



GIULIO TREMONTI: “CRISI 2008 CAUSATA DA FINANZA FRANCO-TEDESCA”

Tremonti si concede un altro riferimento storico per spiegare la distorsione che a suo dire sarebbe in atto ormai da anni: “Passiamo per un attimo dalla vecchia Berlino e qui per ricordare il più riconosciuto e celebrato “mago della moneta”, Hjalmar Schacht, l’inventore dei buoni “MeFo”: l’oro di Mefistofele applicato all’industria metallurgica, l’artificio cambiario con cui fu finanziata l’industria militare tedesca del Terzo Reich. Ma un curiosum: Schacht sapeva che il trucco non poteva durare a lungo. Al proposito, il democratico Keynes, ammirato, nel 1941 ebbe a dire: “Il fatto che tale metodo sia stato usato al servizio del male non deve impedirci di vedere il vantaggio tecnico che offrirebbe al servizio di una buona causa”“. Tradotto: “Il sistema dei MeFo, a ben vedere, non è poi molto diverso da quello applicato dalla Bce a partire dal 2012 per arrivare ad oggi, quantitative easing e fiat money, il denaro che viene dal nulla, oggi con l’aggiunta alla turbo moneta del turbo debito“. Quelle misure, ribatte l’intervistatore, non servirono però a salvare l’Euro e l’Europa? Tremonti è tagliente: “Non ci è stato detto: salvate da cosa? Da quale causa o colpa, da quali colpevoli? Forse, lo veniamo a sapere obliquamente solo oggi quando, per motivare il cambio che oggi è in corso nella politica economica dell’Ue, si ammettono i tragici errori fatti nella gestione della crisi a partire dal 2008 e poi nel successivo decennio. Quella crisi non aveva causa nelle finanze pubbliche ma nella finanza privata ed in specie in quella franco-tedesca e dintorni. In ogni caso, un conto sarebbe stato un “pronto soccorso”, un altro conto è stata la “lunga degenza”, una cura – si fa per dire una cura – che è durata otto anni. Una cura “magica” che da un lato ha generato una massa finanziaria artificiale ormai cifrata in trilioni di euro, noti trilioni al posto dei vecchi miliardi, in questo modo determinando l’emersione di numeri sempre più grandi e senza limiti. Senza limiti perché, alla cura che somministrano, ormai non credono più neppure i suoi dottori. Non solo, una cura che ha prima spiazzato e poi annichilito la democrazia in Europa, se intesa la democrazia come il luogo della responsabilità“.



GIULIO TREMONTI: “ITALIA SI METTA DAL LATO GIUSTO DELLA STORIA”

A proposito dell’intervento con cui Mario Draghi ha parlato del coronavirus come tragedia di dimensioni bibliche sul Financial Times, Tremonti ha detto la sua: “Tragedia umana certamente, ma di proporzioni non bibliche. E tuttavia la Bibbia è un magazzino ancora attuale di immagini e di miti: la perdita del Paradiso terrestre, il diluvio universale e la Torre di Babele. Forse è proprio questa la leggenda più in linea con quello che sta succedendo. Nella Genesi l’umanità sfida la divinità erigendo una torre verso il cielo. La reazione divina prende forma e corpo nella perdita della “lingua unica”. Tolga lingua unica e metta “pensiero unico” ed è questo che è successo e sta succedendo. La pandemia non conta tanto per i suoi effetti sanitari quanto per i suoi effetti sistemici: la rottura del meccano mentale globale con effetti di discontinuità, effetti che vediamo appena iniziati, geopolitici e politici, sociali ed economici“. Dunque, che fare? “È arrivato il momento di metterci dal lato giusto della storia e questo è, e non rida, il lato “romantico” della storia. Il mondo che è stato per trent’anni è passato. È finita l’illusione che ognuno possa stare in tutti i luoghi e possedere tutto. I liquidi non possono sostituire i solidi, i diritti non possono essere scissi dai doveri, i desideri non possono prendere il posto delle virtù e per virtù hanno da intendersi storia, sovranità, tradizioni, comunità, famiglia, responsabilità, solidarietà. C’è stato un momento nella storia simile a quello che è durato trent’anni e che è stato spazzato via dalla pandemia: “Il popolo è ebbro, non ascoltano leggi, necessità e giudici. I costumi sommersi da un frastuono confuso. Ogni giorno è una festa sfrenata. La festa per tutte le feste. E i giorni consacrati all’umile culto divino si sono ridotti a uno solo”. Questo, romanticamente, è Hölderlin (Emp. I, vv. 188-196). In alternativa ad un appello alla fede o in aggiunta, è arrivato il momento che la società civile italiana e che la politica che la rappresenta facciano un appello alla ragione“.

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