Il coronavirus non ha cambiato l’Unione europea e soprattutto non l’ha trasformata in una grande famiglia solidale. Ne è convinto Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia e delle Finanze che anticipò la crisi del 2008. In un’intervista a Libero analizza il Recovery Fund e il maxi piano di aiuti europei, che comprende anche il Mes, partendo però da una premessa. «Per legge, prima di ogni formale consiglio europeo il governo deve chiedere il voto favorevole del Parlamento, che con il suo mandato rafforza il premier. Conte prima del consiglio di venerdì si è sottratto al voto e con ciò si è mostrato debole agli occhi dell’Europa». Poi entra nel merito del Recovery Fund, spiegando che la trasformazione in Next Generation non è solo semantica. «Probabile che muteranno i numeri, ovverosia la quantità di denaro in arrivo, e con essi le causali e le determinazioni della Ue». Si passa da un piano di salvataggio ad uno di investimento per le generazioni future. La direzione intrapresa dall’Ue è senza dubbio positiva, ma Tremonti avverte: «Ho il dubbio che le iniziative post Covid-19, presentate come un cambio di direzione permanente, stiano diventando un piano a termine. C’è un’asimmetria tra le aspettative che abbiamo in Italia e la realtà che si sta sviluppando a Bruxelles e nelle altri capitali della Ue».



TREMONTI E L’OMBRA DEL RIGORE UE

Giulio Tremonti si lancia allora in un paragone: «Quello che sta facendo la Bce, col suo “fiat money”, creando continuamente dal nulla trilioni senza base nella realtà, ricorda per certi versi i buoni MEFO fatti negli anni Trenta da Schacht, il ministro dell’Economia di Hitler». Ma questa Ue che stampa denaro a pioggia non è destinata a durare: «Tornerà al rigore e ai criteri originari o imploderà nell’eccesso di non rigore», spiega l’ex ministro dell’Economia a Libero. E se torna il rigore, l’Italia si ritroverebbe con un debito pubblico al 160 per cento. «Scenario di rischio possibile». Nel frattempo le risorse ipotizzate continuano a scendere: «Solo pochi mesi fa i vertici europei presentavano un intervento straordinario anti-Covid 19 da un trilione e mezzo di euro. Oggi sono scesi alla metà, 700 miliardi; ma appena l’altro ieri Germania e Francia hanno già ipotizzato 500 miliardi». Non è solo una questione di numeri: Tremonti avverte che i fondi declinati non ci sono. «I soldi saranno raccolti sul mercato con l’emissione di bond europei. Ma per emettere bond devi avere una base di garanzia, altrimenti è difficile trovare chi ti fa credito». Ma le istituzioni europee non hanno un proprio patrimonio né entrate proprie.



I DUBBI DI TREMONTI SU RISORSE PER ITALIA

Come esce l’Unione europea da questo impasse? «Può sviluppare il bilancio 2021-27 prevedendo un aumento dei contributi dei singoli Stati oppure programmando nuove entrate derivanti dall’istituzione di altre tasse europee», spiega Giulio Tremonti a Libero. La prima opzione è critica, in quanto emergerebbero le resistenze dei Paesi nordici e di quelli dell’Est. Le nuove tasse europee, come la web tax, potrebbero darci una mano, ma la tassa su Internet non basta. Alla fine il piano dipende quasi interamente dai mercati: «Considerando i tempi e i metodi dell’ingegneria finanziaria, non ci si può illudere che sia in arrivo una massa enorme di denaro. I miliardi di Next Generation vanno raccolti sui mercati internazionali, dove non c’è la fila per dare quattrini alla Commissione Ue». Tremonti non esclude neppure il fatto che all’Italia arrivi meno di quanto previsto: «La massa di denaro va divisa per 27 ed è probabile che la mutazione genetica del piano da Recovery a Next Generation riduca l’entità di denaro destinata all’Italia. La nostra quota è ancora indeterminata, neppure si sa quanto di essa sarà a debito e quanto a fondo perduto». Non va neppure trascurato il fatto che ci verranno chieste delle riforme. «Prima di darci denaro, l’Europa vorrà sapere quali riforme faremo. Anzi, ce le suggerirà».



TREMONTI SU RECOVERY FUND E MES

Non c’è dubbio per Giulio Tremonti sul fatto che le riforme vadano fatte, ma che siano giuste quelle che ci chiederebbe l’Europa è tutto da valutare. Non va sottovalutato neppure l’aspetto burocratico: «Devi preparare i singoli piani d’investimento dei soldi che l’Europa ti concede. E devi redigere dossier analitici, minuziosi, calendarizzati, devi tracciare le procedure. Il tutto controllato giorno per giorno sia dalla Commissione Ue sia dagli Stati». Un esercizio, dunque, molto complesso, senza peraltro la certezza che il Recovery Fund-Next Generation sia la soluzione. E poi non va dimenticato il capitolo Mes. «Se si pensa che sia uno strumento per acquisire liquidità istantanea si resta delusi andando sul sito del Mes, dove sono evidenti i tempi e i metodi delle procedure richieste e le finalità prettamente finanziarie. Chi in Parlamento o al governo pensa che si tratti di mezzi necessari e sufficienti per gestire l’emergenza di questo autunno, forse deve andare su altri siti». Quel che serve per Tremonti è una visione del futuro che questo governo sembra non avere. Servirebbe piuttosto unità tra i partiti: «In Italia però non vedo un ethos politico allineato al dramma del tempo attuale. Il salvataggio del Paese non può essere il programma di un solo partito; non ce n’è uno in grado di realizzarlo».